25 ottobre 2022

Alla fine della fiera: tutte le vendite di Paris+

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Quello che abbiamo visto al Grand Palais Éphémère, da Alice Neel ad Alexander Calder. E quello che hanno comprato i collezionisti, da Joan Mitchell a Georg Baselitz, fino a Georges Mathieu

paris+ art basel
Courtesy: Paris+ par Art Basel

Bonjour Paris! La regina delle fiere fa il suo debutto in pompa magna tra gli scintillii eleganti della Ville Lumière. E che affluenza, che gran clamore si alza dai 156 booth. La chiamano Paris+ par Art Basel, gli stendardi troneggiano all’ingresso del Grand Palais Éphémère. E già molto prima, in realtà, già tra i manifesti della metro impazzano gli annunci a tinte viola. «Sembra che siano tutti a Parigi», per usare le parole del gallerista Thaddaeus Ropac: collezionisti, direttori museali, curiosi, tanti tanti americani. 40.000 visitatori in totale, traducono i bilanci finali. C’era anche il presidente Macron, visibilmente entusiasta del nuovo prodotto Made in France. Qualcuno è nostalgico, tra il foliage dell’École Militaire, inevitabili i confronti con la rimpiazzata FIAC. Con le recenti fiere, anche, la prima è la ben meno raffinata Frieze London, conclusa appena una settimana fa. Il verdetto finale: è bella, è bellissima la nuova pelle parisienne del colosso MCH Group. Non esattamente spaziosi gli stand, è vero, ma diventano godibili dopo l’assalto iniziale («Né troppo grande né troppo intima, direi giusta», commenta Amalia Dayan, Co-Founder di LGDR). E poi si vende – evviva! – l’emergente Seventeen Gallery, aveva già assegnato l’intero stand dedicato a Patrick Goddard entro le prime ore di preview, proprio mentre il gigante David Zwirner posizionava i suoi nomi superstar per un totale di $ 11 milioni. Ricambi su ricambi, le opere andavano tolte e sostituite alla velocità della luce – «Hai visto il Fontana da Hauser & Wirth?» / «No, forse lo hanno già venduto? Valeva $ 25 milioni!», uno scambio realmente avvenuto tra i corridoi della fiera. Bienvenue, bienvenue. I francesismi abbondano, e va bene così. C’è aria di festa, sous le ciel de Paris.

Bando alle chiacchiere, si parte dalla crème: di sicuro i nomi altisonanti di Acquavella, da Francis Bacon, a Lucio Fontana, fino alla Femme au beret rouge à pompon di Pablo Picasso, prezzo $ 45 milioni. Tra i booth più eleganti Xavier Hufkens, bello il dialogo a distanza tra Tracey Emin e la Dark Mountain di Milton Avery che supera i $ 4,6 milioni – interrotto con grazia da una scultura in vetro di Roni Horn, andata per circa $ 1,3 milioni. Menzione d’obbligo dello stand di LGDR – sempre affollatissimo, non senza una ragione – con quel Alexander Calder da $ 12 milioni a calamitare, sospeso, tutte le attenzioni; e poi ancora Guglielmo Castelli da Mendes Wood, con le sue ninfee muschiate, sparse, ordinate, eppure materiche ne Le jardin des refusee. Occhio alla sfilata di esplosioni da Applicat Prazan, sono tutte astrazioni liriche ad opera di Georges Mathieu – che proprio nel 2022, da Bonhams, a Parigi, fissava un nuovo record francese per € 1,2 milioni. I graffi multicolori di Petite suite d’étranglements, qui, hanno trovato casa per $ 980,000 – $ 1,57 milioni. Non passano inosservati gli interni dell’americana Hilary Pecis, accecanti, a tratti caotici – ma rigorosi, definiti, quasi dei Matisse contemporanei – esposti da David Kordansky (prezzi tra $ 90,000 e $ 150,000). E così un George Condo da oltre $ 2,6 milioni e la pittura scultorea di Angel Otero da Hauser & Wirth – l’apertura di una nuova sede parigina, dopo UK, States, Svizzera, Spagna e Hong Kong, è nell’aria e già piace, sarà sulla riva destra della Senna, nell’VIII arrondissement.

Acquavella – Pablo Picasso, Femme au beret rouge à pompon, 1937
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Xavier Hufkens – Tracey Emin, Rip my heart out You Fucking Cunt, 2022

«Parigi è in fermento, il debutto di Art Basel conferma indubbiamente il suo status di capitale dell’arte», commenta a caldo il gallerista Xavier Hufkens, soddisfatto dei risultati della fiera. E osserva subito: «Fanno eco le mostre straordinarie in tutta la città». Dentro e fuori dal Grand Palais Éphémère, esatto, c’è uno scambio niente male tra il mercato e le mostre della ville. E così i bordi spessi di Alice Neel, in mostra fino a gennaio al Centre Pompidou, trovano subito riscontro nello stand di David Zwirner, d’impatto la Sue Seely del 1943 stimata intorno ai $ 3 milioni; e poi ancora da Victoria Miro – in buona compagnia con Francesca Woodman e Celia Paul; per finire in bellezza sulle pareti del già citato Xavier Hufkens, con quel Hugh Wilson in posa – le rughe marcate, la sigaretta tra le dita, datato 1958 – passato di mano per $ 1,2 milioni. Stesso destino per Gérard Garouste: con un’esposizione all’attivo sempre al Centre Pompidou, lo abbiamo ritrovato nella selezione di Art Basel tra i pezzi forti di Galerie Templon. Ultimo riverbero tra mostre e fiere è ovviamente Border del 1989 di Joan Mitchell, nello spazio di David Zwirner – andato già il primo giorno per $ 4,5 milioni – che fa il paio con la mostra favolosa Monet-Mitchell in scena proprio in questi giorni, alla Fondation Louis Vuitton.

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Mendes Wood – Guglielmo Castelli, Le Jardin des Refusés, 2022

Siamo alla resa dei conti, alla fine della fiera. E sono tante, pare, le raffiche di zeri fioccate qua e là nei booth, tra il gong di inizio e l’immancabile rush finale, nessun distinguo tra giovani intraprendenti e colossi blue-chip. Come Perrotin, che assegna senza indugio Tavares Strachan ($ 150.000), Emma Webster ($ 100.000) e Susumu Kamijo ($ 130.000). Sadie Coles, dal canto suo, ha trovato un proprietario per Alex Da Corte ($ 100.000), un Jonathan Lyndon Chase ($ 55.000) e per due Alvaro Barrington ($ 150.000 ciascuno). Il poetico Je t’aime n.II di Robert Motherwell, da Pace Gallery, ha chiuso la partita a quota $ 6,5 milioni, mentre l’Aurora di Josef Albers, da David Zwirner, toccava il tetto stellato di $ 1 milione. «Abbiamo fatto sold out fin dal primo giorno», fa sapere proprio Zwirner, «collocando le opere con collezionisti americani, belgi, francesi, messicani e sudafricani, molte sono entrate nelle collezioni di fondazioni e musei». Non solo. Finisce aggiudicato per $ 1,7 milioni il Georg Baselitz del 1970 di Thaddaeus Ropac, il terzo giorno di Art Basel. Già il primo, Mariane Ibrahim Gallery registrava il tutto esaurito con picchi per Skate di Peter Uka ($ 90.000) e À la cour D’Henri Christophe di Raphael Barontini ($ 59.000). E chiudiamo senza scampo con due sculture di Alberto Giacometti, in bella mostra da kamel mennourComposizione, passata di mano per circa $ 2,7 milioni, e poi Figurine, la cifra si attesta intorno ai $ 1,43 milioni.

Cala il sipario. Buona la prima, Paris+.

David Kordansky Gallery- Hilary Pecis, Scrabble, 2022
Xavier Hufkens – Alice Neel, Hugh Wilson, 1958
Applicat Prazan – Georges Mathieu, Petite suite d’ètranglements, 1959-1961
Galerie Templon – Gérard Garouste

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