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Messeplatz si tinge del rosso di Katharina Grosse, tutt’intorno è caldo, è calca, è rituale. Si riversa a Basilea il sistema dell’arte globale, a rapporto i rappresentanti museali, i super collezionisti, gli addetti ai lavori della preview – e poi Michael Ballack e James Franco che si aggirano, e fanno acquisti, tra le fiumane eleganti dei booth. È tornata Art Basel, la regina delle fiere. Anche in tempo di guerra, di dazi, di crisi del mercato (che nell’ultimo report registrava un crollo del 12% rispetto al 2023). Eppure. «Questa», rivela a exibart Iwan Wirth, Presidente di Hauser & Wirth, «è la fiera in cui avrete la garanzia di vedere capolavori che altrimenti non vedreste, per ricordarvi della capacità dell’arte migliore di insinuarsi nella noia e risvegliare i sensi con uno shock». Di certo, Hauser & Wirth sa farlo sempre bene: vedi il Rothko arancio marrone – No.6/Sienna Orange on Wine s’intitola, del 1962. Asking price segretissimo, ma nel 2015 passava da Sotheby’s, a New York, per $ 17,6 milioni. «È un ritorno a casa per un capolavoro esposto per la prima volta nella leggendaria mostra del 1964 alla Kunsthalle di Basilea, che introdusse il pubblico svizzero all’arte contemporanea internazionale d’avanguardia», prosegue Wirth. «In un’epoca in cui le persone si sentono alienate dalla vita reale, le parole di Rothko sono una sorta di motto per lo stand della nostra galleria quest’anno: “A painting is not a picture of an experience, it is an experience”». Ed è in buona compagnia. Presto venduti – e subito sostituiti, come da prassi collaudata – i lavori di Mark Bradford, entrambi per $ 3,5 milioni, e poi Streets of New York ($ 2,5 milioni) e The insanity of the Devil ($ 2,5 milioni) di George Condo, i lavori di Jack Whitten ($ 2 milioni), Zeng Fanzhi ($ 1,6 milioni), Louise Bourgeois ($ 1 milione), Rashid Johnson (1 milione). Solo per citare le cartucce a sei zeri.

È lunga – e tutt’altro che riservata, con tanti saluti alle fiere nostrane – la lista delle prime vendite in fiera. Nonostante la crisi nella fascia arte del mercato, vedi alla voce: le transazioni degli HNWI concluse tra gli stand di Art Basel, che ancora resistono, ma sono più che mai parche, compassate, morigerate, si va sul sicuro. Salta all’occhio allora il David Hockney Mid November Tunnel della londinese Annely Juda Fine Art, lo ha acquistato martedì un privato, in fiera, per una cifra compresa tra $ 13 e 17 milioni. Ma c’è anche il Gerhard Richter di David Zwirner, trova casa il primo giorno per $ 6,8 milioni, seguito a ruota da una scultura di Ruth Asawa per $ 9,5 milioni, On Kawara ($ 1,3 milioni) e due dipinti di Dana Schutz ($ 1,2 milioni) – tutti sostituiti il secondo giorno da The waiting room di Dana Schutz, da Félix Gonzàlez-Torres, da Steven Shearer. Gladstone, con le sue sedi tra New York, Brussels e Seul, comunica una bella sfilza di affari, inclusi Keith Haring ($ 3,5 milioni), Robert Rauschenberg ($ 1,2 milioni) e Alex Katz ($ 1,2 milioni). Mentre In the garden di Michael Armitage, da White Cube, arriva dritto a $ 3,25 milioni.

«Art Basel resta una piattaforma decisiva», dichiara a exibart Massimo De Carlo. «Il contesto è più cauto, ma l’attenzione c’è, soprattutto quando le proposte sono solide. Crediamo molto in quello che presentiamo, e Basilea, storicamente, è sempre stato un momento determinante per gli artisti con cui lavoriamo». Un altro elenco di incassi importanti, da Whispers of Life Beneath the Snow di Jennifer Guidi (range di $ 400.000-500.000) a M naked in Georgia di Jenna Gribbon (range di $ 150.000-200.000) ed Empire del 2025 di Maurizio Cattelan ($ 100.000-200.000), tutti piazzati in apertura. «L’avvio è stato positivo», conferma il gallerista. E proprio l’italiano Cattelan, d’altronde, è tra i protagonisti dello stand patinatissimo di Gagosian, $ 2,5 milioni per il suo No del 2021 («Lo abbiamo venduto subito», dicono senza giri di parole dalla galleria). Intanto, da Di Donna, si fa tappa per ammirare capolavori museali, inclusa la carne viva di Chaïm Soutine da $ 5,2 milioni, Le Petit quartier de mouton del 1927 («Una superficie che sembra un tessuto di materia, come una sostanza», come diceva de Kooning, che andava pazzo per Soutine); e ancora un trittico magnifico della surrealista Leonora Carrington, Sueño de Sirenas del 1963. Alla maniera dei trittici religiosi medievali, su fondo oro – ma qui si celebra l’energia femminile dell’attrice María Félix, colta nel pieno del suo sogno ricorrente, ossessivo, prima sirena d’ebano, poi di fuoco, poi di madreperla opalescente, avvolta di nebbia e malinconia. Nota a margine: nel lontanissimo 2007, lo stesso lavoro passava da Christie’s per $ 609.600 – un valore che meno che mai ha significato oggi, dopo il boom post Biennale di Cecilia Alemani, chiusa parentesi.

«Cos’è una fiera d’arte, se non un palcoscenico per una performance?», se lo chiede Mazzoleni, e la risposta arriva dalla selezione del suo booth. Il Rosso Plastica di Alberto Burri, anno 1968, gli Archeologi di Giorgio de Chirico, il Concetto Spaziale (Teatrino) di Lucio Fontana, la Base magica di Piero Manzoni, La creazione del mondo di Fausto Melotti. Le vendite al termine della preview? Tre dipinti di Salvo (range $ 100.000-350.000), due neon di Marinella Senatore (che è anche l’unica artista italiana vivente ad Unlimited) nella regione di € 65.000, e due collage, sempre di Senatore, andati per € 16.000. Fanno bene gli italiani, in generale. Ultra presenti, per un totale roboante di venti gallerie sparse tra tutte le sezioni – anche se la nazione europea più rappresentata in fiera è la Germania, nell’anno di grazia 2025, accade sotto la direzione di Maike Cruse, ex direttrice del Gallery Weekend Berlin. Cardi Gallery, Alfonso Artiaco, Galleria dello Scudo, Lia Rumma, M77, Franco Noero, Tornabuoni, Zero…, Lorcan O’Neill, Tucci Russo, Magazzino, Fanta MLN, Thomas Brambilla. Quindi, qualche highlight nostrano: Galleria Continua vende Arcangelo Sassolino per € 350.000, Michelangelo Pistoletto per € 320.000, Pascale Marthine Tayou per € 135.000. Emoziona da Raffaella Cortese l’installazione audio-video di Gabrielle Goliath – l’abbiamo già vista alla 60esima Biennale di Venezia, dialoghi puri d’espressione, senza parole. Da Massimo Minini li interventi di Alessandro Mendini dialogano con quattro nuovi dipinti di Peter Halley. Mentre da Giò Marconi – che ad Unlimited, la sezione fuori misura, porta dei maxi Adami – si va dai € 33.000 di Tai Shani a opere che superano il milione. «Abbiamo lo stand per il primo anno al piano terra, siamo contenti», rivela a exibart la galleria. «Abbiamo portato più materiale storico che si sposa bene anche con il contemporaneo, con artisti come Schifano, Adami, Nevelson, Rotella, Fontana, Bratch, Da Corte, Butzer, Tai Shani».

Quindi, ultimi aggiudicati internazionali. Playmate di James Rosenquist trova casa per $ 1,8 milioni, Lipstick (Spread) di Rauschenberg – altro grande presente, a cent’anni esatti dalla nascita – per $ 1,5 milioni. Da Pace Gallery – che quest’anno ha uno stand sui toni dell’arancio, da Rothko a Mitchell fino al Picasso da $ 30 milioni – Night Image 1 di Louise Nevelson fa en plein per $ 850.000, Akio Takamori Shelf di Jonas Wood, da David Kordansky Gallery, vola a $975.000, mentre da White Cube Michael Armitage va per $ 3,25 milioni. Venduto da Xavier Hufkens Hunter di Trecey Emin (£ 1 milione), The Smoke di Matthew Wong trova un proprietario per $ 1,2 milioni da Karma Gallery, da Thaddaeus Ropac (che nel frattempo ha annunciato l’apertura ufficiale della sede di Milano, a settembre) Hier jetzt hell, dort dunkel dunkel di Georg Baselitz arriva a € 1,8 milioni. Alle 20 è la fine della preview, il sole tramonta su Messeplatz, fa il verso al magenta di Grosse. Domani l’apertura al pubblico, ma prima il dj set da Basel Social Club.