16 giugno 2023

Italiani ad Art Basel: artisti e gallerie nella super fiera di Basilea

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Prosegue in Svizzera la più importante kermesse d'arte contemporanea. Ecco un focus sulla rappresentanza italiana, tra opere monumentali e grandi maestri del Novecento

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Tornabuoni Art. Courtesy of Art Basel

Non sembra essere passato molto tempo da quando l’ex direttore Samuel Keller faceva un po’ il punto della situazione su una fiera che «come altre fiere, era troppo cresciuta: meno selettiva, troppo commerciale. […] Da noi gli spazi costano molto ed è normale che i galleristi espongano opere “sicure”». La risposta a ciò fu Art Unlimited, una piattaforma in cui gli artisti potessero mostrare opere gigantesche, difficili per il mercato. Un azzardo ma, forse proprio per questo, fu un successo. Art Basel da allora, ad oggi sotto la direzione di Vincenzo De Bellis, è stata la prima fiera che organizza incontri pubblici con artisti e curatori. In questa edizione di Unlimited, sono stati 76 i progetti selezionati dal Comitato di Art Basel con la cura di Giovanni Carmine, già direttore della Kunst Halle Sankt Gallen (qui il nostro report generale della 53esima edizione). Esposti per la prima volta in una sala di 16.000 metri quadrati, la presenza di gallerie e artisti italiani si fa sentire.

Una delle protagoniste è la Galleria Continua con Chromointerferent Environmen, l’installazione optical di Carlos Cruz Diez. L’idea è quella di proiettare nello spazio moduli di interferenza cromatica in movimento che coinvolga oggetti e persone. In questo modo l’artista mette in dialogo  la natura “variabile” dell’interferenza cromatica con la “costante” rappresentata dalle ombre sulla parete. Anche il fuoco, l’elemento primario adottato da Adel Abdessemed, insieme all’acqua, sua controparte naturale, in Jam Proximus Ardet, la dernière vidéo (Già il vicino sta bruciando, l’ultimo video) rifiuta l’uso della narrativa tradizionale a favore di un’unica inquadratura facendola sembrare un’immagine in movimento. Una nave in fiamme si profila all’orizzonte, man mano che la nave si avvicina, ci rendiamo conto della presenza dell’artista, in piedi stoicamente sul ponte principale, apparentemente ignaro del trambusto che si svolge dietro di lui. Ricordando una delle opere più iconiche di Abdessemed, la fotografia Je suis innocent (2012), il video offre un’allegoria delle tragedie che deturpano il Mar Mediterraneo prendendo in prestito il titolo dall’Eneide di Virgilio, in cui il protagonista si rende conto che la città di Troia è in fiamme ed è destinato a distruzione certa. Nello stand Galleria Continua non si può non citare Ai Wei Wei che omaggia Leonardo Da Vinci con Last supper (blue) realizzato con i mattoncini Lego, parte della serie di lavori dedicati al Rinascimento, che punta alla digitalizzazione mediatica delle immagini.

Galleria Continua. Ph. Stefania Trotta
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Galleria Continua. Ph. Stefania Trotta

Un’altra protagonista è Gagosian con la monumentale opera Spine d’acacia – Contatto, di Giuseppe Penone e le dieci stampe oversize dalla serie In the American West di Richard Avedon. Penone utilizza l’ingrandimento proiettato dell’impronta di una sezione del viso come traccia per attaccare ai pannelli dell’opera, migliaia di spine di acacia. Il motivo vorticoso richiama al rapporto viscerale, primordiale, persino sensuale, con la natura. Avedon per produrre la serie ha trascorso cinque anni viaggiando attraverso ventuno stati occidentali, fotografando più di mille persone. Utilizzando la luce naturale e uno sfondo bianco, ha enfatizzato le pose e le espressioni dei suoi soggetti, raffigurando persone comuni con sorprendente immediatezza.

Never Again è l’opera della veneziana, ma ormai residente a Berlino, Monica Bonvicini (Galerie Peter Kilchmann, Galerie Krinzinger, Tanya Bonakdar Gallery). Affianco all’imponente installazione, fatta di amache di pelle e catene sospese da una struttura in acciaio, si legge: «Se desideri interagire con le altalene, per favore fallo con attenzione e con un solo rischio. Dovrebbe esserci solo una persona alla volta in ogni swing. Sono costruiti per uso individuale». Quando si sale su una di queste altalene si possono provare vari stati emotivi, dettati dalla durezza e dalla morbidità dei materiali, Monica Bonvicini utilizza lo spazio, la ripetizione, persino il colore per trasmetterli. Una critica sociale e strutturale attraverso l’arte minimale.

Galleria Lia Rumma. Ph. Stefania Trotta

La galleria Lia Rumma, selezionata anche per Unlimited con un omaggio a Giovanni Anselmo dal titolo Mentre il colore solleva la pietra, la pietra solleva il colore, fa sentire la sua presenza con delle monumentali teste in ceramica di Vanessa Beecroft che con la loro anima antica sembrano scrutare il presente, un po’ come i ritagli di metallo nero di William Kentridge, appesi alla parete esterna dello stand, in cui le teste di Michelangelo e della Madonna guardano i passanti. La scritta ASPHALT AND LIMESTONE AND SAND KNEADED TOGETHER FOR ANY GIVEN TIME, troneggia nello stand di Alfonso Artiaco con Casa di Lucrezio di Giulio Paolini, quattro calchi in gesso interi e uno fratturato avvolti da tessuto nero. L’effetto è di sorpresa quando ci si ferma davanti lo stand di Franco Noero, che mette in esposizione una scultura parlante dalle sembianze semiumane di Simon Starling realizzata in legno e con una maschera che recita un testo ispirato alla figura di Fetonte, per Ovidio figlio del sole ed altri scrittori tra cui, soprattutto, Stephen Pyne.

Galleria Franco Noero. Ph. Stefania Trotta

Immersa tra lo stand di Meyer Riegger e Galleria Franco Noero, vicini di casa di lunga data ad Art Basel, c’è una saletta speciale condivisa un’installazione di Henrik Håkansson. Il lavoro di Henrik Håkanssons, per il Kabinett, che combina l’interesse per l’ambiente di un biologo, antropologo e artista allo stesso tempo, pone l’attenzione sui miracoli quotidiani che la natura ci regala. Untitled Swarm (Sturnus vulgaris) #3 è un’opera che fa riferimento alle celebri sculture di Alexander Calder. Sostituisce i mobiles di Calder con storni imbalsamati di origini diverse, che pendono da una struttura in ferro, creando così un nuovo mobile che simboleggia la sintesi perfetta dell’equilibrio che definisce ogni evento naturale.

Interessante lo stand di Raffaella Cortese che, per la sezione Film, ha presentato le opere video dell’acclamata serie News Animations di Simone Forti proiettata allo Stadtkino Basel. Mentre nello stand colpiscono l’installazione a neon Trembling Times di Yael Bartana, seguita da Under a sky of flawless blue (Gide) di Barbara Bloom, un tappeto in lana tuftato a mano con testo Braille intagliato e la scultura in bronzo Angulaire di Francesco Arena con la scritta «Le present n’existe pas».

Galleria Raffaella Cortese. Ph. Stefania Trotta

Impossibile non fermarsi davanti a Talismano di Alice Ronchi allo stand di Massimo Minini e alle teste di murano di Thomas Schuttle allo stand della galleria Tucci Russo, che porta una selezione di opere di Giulio Paolini, Marisa Merz, Giovanni Anselmo e Giuseppe Penone. Elegante lo stand di Tornabuoni che fa specchiare in Pistoletto più versioni, in bianco e rosso, di Concetto spaziale, Attese di Fontana.

Mentre si esce dalla fiera, ci si chiede cosa resta. Ed è in quel momento che torna in mente il titolo dell’opera di Clarissa Baldassarri Alla fine della fiera, per la prima volta a Liste Art Fair con la galleria di Livorno Gian Marco Casini. L’installazione è composta da un fonometro, un computer, una stampante e una pila di fogli di carta bianchi che registrano in tempo reale e con una certa operosità l’intensità sonora data dall’afflusso di suoni sul posto. Un’allegoria che non sconvolge, visti i tempi, ma che presentata da una giovane artista in quella che è la fiera delle giovani promesse, fa riflettere /lascia aperte alcune domande: cosa significa occuparsi di arte ai nostri giorni? Qual è la storia che vogliamo scrivere? Quali tracce lascia dietro di sé un evento e quali di queste meritano di rimanere impresse nella nostra memoria?

Tucci Russo. Ph. Stefania Trotta

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