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Anche Giorgio de Chirico all’asta di Arte Moderna e Contemporanea di Wannenes del 24 novembre, con una versione anni Sessanta delle Muse inquietanti. Un soggetto iconico, senza dubbio, che racchiude tutti i tratti della poetica metafisica, con quei manichini scultorei, quelle figure quasi umane, assorte; eppure prive di vita, a tratti minacciose, a fomentare l’enigma di una piazza deserta. Sullo sfondo, Ferrara, “la città delle sorprese”, sempre in bilico tra lo slancio del presente e le tracce di un passato glorioso.
«La presenza di un’opera così iconica come le Muse Inquietanti nell’asta milanese del 24 novembre di Arte Moderna e Contemporanea», commenta Guido Wannenes, AD della casa d’aste, «dimostra la volontà di essere protagonisti nel mercato globale dell’arte, dove la modernità del XX secolo si confronta in maniera vitale con i linguaggi della nostra contemporaneità».

E così, a pochi giorni dal trionfo de Il Pomeriggio di Arianna (1913) da Sotheby’s, che ha tagliato un nuovo record per $15,9 milioni, de Chirico torna sul mercato con il dipinto più noto, replicato in più versioni; eppure sempre struggente, straniante, avvolto da quel mistero impenetrabile di cui la Metafisica è tutta impregnata. La stima è di 350.000-450.000 euro, ma non escludiamo che un’opera simile possa regalare delle belle sorprese.
Le repliche dechirichiane: non una «pigra operazione di mercato»
«Ha torto», dichiara Luca Massimo Barbero, curatore della mostra su Giorgio de Chirico tenutasi a Palazzo Reale tra settembre 2019 e gennaio 2020, «chi ha visto nelle repliche dechirichiane una pigra operazione di mercato, quasi levantina; interpreta correttamente Maurizio Fagiolo dell’Arco quando la legge ancora come un’operazione nietzschiana. È però certamente l’operazione che ne fa il “teorico della copia per eccellenza” antecedente di Andy Warhol che resta stregato sfogliando il catalogo della mostra del MoMA del 1982 dove, su una doppia pagina, erano pubblicate le diverse versioni delle Muse inquietanti».

E ancora: «De Chirico è un artista che – come giustamente nota Giuseppe Marchiori nel 1976 – non è possibile ripetere con i mezzi canonici della pittura: e la grande intuizione di Warhol sta proprio nel ricorrere ad altro, alle sue serigrafie. De Chirico e Warhol, come in una fotografia di Ugo Mulas, si fronteggiano in un gioco di specchi, sono i due padri di una fusione curiosa e improbabile quanto contemporanea, ovvero la metafisica del pop. I dipinti di questo ultimo periodo mostrano un’infaticabile volontà di de Chirico di giocare con le proprie invenzioni, di aggiornarle con le nuove fonti di cui si nutre: essi riuniscono, in un canto altissimo, tutta l’invenzione e il mistero di uno dei più grandi pittori del XX secolo».
Appuntamento da Wannenes, allora, per scoprire le nuove sorti delle Muse inquietanti. Esposizioni dal 21 al 23 novembre, Palazzo Recalcati, Milano.
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