09 aprile 2025

Sotheby’s mette all’asta i capolavori di Daniella Luxembourg

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Un incredibile insieme di 15 opere, inclusi lavori determinanti di Alberto Burri, Alexander Calder e Michelangelo Pistoletto. E una "Fine di Dio" di Lucio Fontana stimata fino a $ 18 milioni

Daniella Luxembourg asta sotheby's
Michelangelo Pistoletto, Maria nuda, 1969. Courtesy of Sotheby's

Daniella Luxembourg. Ovvero curatrice visionaria, fondatrice della galleria Luxembourg & Co, fondatrice del Museo Ebraico di Vienna e della Bauhaus Foundation di Tel Aviv. E ancora creatrice di Sotheby’s Israel nel 1984, nonché presidente e co-proprietaria di Phillips, de Pury & Luxembourg dal 2001 al 2004. Fa un certo effetto, insomma, scoprire che a maggio la casa d’aste Sotheby’s metterà in vendita un magnifico gruppo di opere provenienti dalla sua collezione personale. Hanno vissuto con lei nella sua townhouse di New York – tutte del dopoguerra, principalmente italiane, alcune americane – Daniella le acquisì nei primi anni 2000 («con una lungimiranza straordinaria», dicono da Sotheby’s) e poi contribuì in prima persona alla loro crescita sul mercato, organizzando mostre e stringendo legami. La stima complessiva? Intorno ai $ 30 milioni.

La storia è questa: fin da giovane, Luxembourg ha provato una certa attrazione per gli artisti che, nel dopoguerra, hanno reinventato il linguaggio dell’arte, le dimensioni dello spazio, i limiti della superficie tangibile. Vedi alla voce Fontana, Burri, Fabro, Scarpitta, Manzoni, Pistoletto, quei nomi che «portavano avanti la bandiera del modernismo in un modo diverso, inventando un nuovo vocabolario», ha rivelato. «C’è qualcosa di così diretto, sofisticato e bello – senza voler essere bello – che mi ha toccato». Quindi ecco un incredibile La Fine di Dio di Lucio Fontana, uno dei soli dieci esemplari della serie – da record, il tetto assoluto è di $ 29,8 milioni nel 2015 per una Fine di Dio in giallo – a incorporare i glitter (come le tele custodite al Museo National Centro de Arte Reina Sofía di Madrid e alla Fondazione Lucio Fontana di Milano); ma fa anche la sua apparizione nelle fotografie d’archivio scattate da Ugo Mulas nello studio di Fontana; e, ciliegina sulla torta, non è mai apparso all’asta finora. Un curriculum di una certa caratura. «Ricordo bene la prima volta che vidi quest’opera», dichiara Grégoire Billault, Chairman of Contemporary Art, Sotheby’s, «mi lasciò completamente senza fiato. Nessuna immagine potrebbe renderle giustizia. La sua superficie scintillante, letteralmente, fa vibrare la tela». A New York, questa primavera, potrebbe passare di mano per $ 12-18 milioni.

Lucio Fontana, Concetto Spaziale, La Fine di Dio, 1968. Courtesy of Sotheby’s

Sempre a proposito di rarità, e di opere screpolate, ferite, profondamente umane: dalla collezione di Daniella Luxembourg proviene anche Nero Cretto di Alberto Burri, del 1976, il primo lavoro monumentale della serie dei Cretti ad essere offerto all’incanto in 15 anni – e uno dei più grandi, in generale, mai presentati sul mercato secondario. «È profondamente autentico e possiede una potenza straordinaria», commenta David Galperin, Head of Contemporary Art, Sotheby’s New York. Stima: $ 2,5-3,5 milioni. Importante anche Sullo stato di Luciano Fabro, del 1970, già passato per le mani sapienti di tre tra i più influenti mercanti di Arte Povera, Gian Enzo Sperone, Christian Stein e Massimo Minini. E per quelle di Luxembourg, ça va sans dire. Eccola sul catalogo di Sotheby’s, pronostico di $ 700.000-1 milione.

Una collezione cruda e drammatica, senza ostentata bellezza. Molto si è scritto sulla sua carriera quarantennale nel mondo dell’arte, ma raramente Daniella Luxembourg ha parlato della sua raccolta personale, del suo amore per l’arte italiana del dopoguerra. «Questi artisti cercavano di liberarsi dai vincoli della storia dell’arte e di reinventare ciò che l’arte poteva essere, riflettendo i rapidi cambiamenti sociopolitici dell’epoca», commenta Claudia Dwek, Chairman of Contemporary Art, Sotheby’s Europa. Incluso Michelangelo Pistoletto con la sua Maria nuda, del 1969 («Probabilmente il miglior Pistoletto mai offerto all’asta, con una delle sue prime iterazioni del nudo», specificano dalla maison). Stima $ 1-1,5 milioni. Perfettamente in dialogo, sulle pareti newyorkesi della collezionista, con i capolavori di Alexander Calder e Claes Oldenburg – anch’essi all’asta, rispettivamente con Armanda del 1945 (stima: $ 5-7 milioni) e Soft Light Switches del 1963-69 (stima: $ 1-1,5 milioni). Verdetto finale a maggio, tra i grattacieli di New York. Con lo sguardo fisso sul dopoguerra italiano.

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