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A Perugia va in mostra l’ABC del contemporaneo, con Afro, Burri e Capogrossi
Mostre
Tre maestri del Novecento nella Roma postbellica riscrivono la storia dell’arte contemporanea, rappresentandone, oggi, “L’abc”. E non è forse un caso se le iniziali dei nomi degli artisti in questione ricalcano proprio queste tre lettere: stiamo parlando di Afro, Alberto Burri e Giuseppe Capogrossi, esplorati in una bella mostra ospitata da Palazzo della Penna, a Perugia, che propone il loro Alfabeto senza parole, come recita espressamente il titolo dell’esposizione, in programma fino al prossimo 7 luglio 2025. Con una raccolta di ben 105 opere dei tre celebri pittori, realizzate in un periodo drammatico della storia italiana: dagli anni Trenta sino alla fine dei Cinquanta. Attraversando così il periodo della dittatura, della distruzione provocata dalla guerra, sino alla ricostruzione. Approdando così nella Roma del primo dopoguerra – dove Afro, Burri e Capogrossi vivono e operano – che in quel periodo è una capitale anche della ricerca e della cultura. È qui che i tre artisti, attraverso il dialogo con i modelli francesi e americani, abbandonano la figurazione e intraprendono la strada dell’informale.

L’esposizione segue e intreccia i loro percorsi con maestria e restituisce anche il racconto di un’Italia che si va trasformando rapidamente. Offrendo una testimonianza degna di nota di questi maestri del Novecento: certo in Umbria la presenza di questi artisti è già qualificata attraverso l’esistenza di grandi centri di arte contemporanea, come il museo della Fondazione Burri di Città di Castello e il Ciac di Foligno. Ma fino a oggi, il capoluogo umbro era sprovvisto di una degna rappresentanza del contemporaneo, nonostante i suoi maestri illustri. Al punto da essere considerata da molti come una sorta di città avversa all’arte di questo periodo. Ma adesso, forse, qualcosa è cambiato. Staremo a vedere.

Nel frattempo però ci possiamo godere la mostra di Palazzo della Penna, Abc, (Afro, Burri, Capogrossi, appunto) curata da Luca Pietro Nicoletti e Moira Chiavarini, con il coordinamento scientifico di Alessandro Sarteanesi, con la partecipazione della Fondazione Afro, della Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri e della Fondazione Capogrossi. Le opere provengono dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, dall’Accademia di Belle Arti di Perugia, dalle Fondazioni e dagli Archivi degli artisti e da numerosi privati.

Attraverso un taglio critico innovativo, questa esposizione offre uno spaccato inedito sull’opera dei tre artisti, concentrandosi principalmente sul processo, i tormenti, le sperimentazioni, che li hanno condotti – ciascuno per strade diverse – agli esiti notevolissimi delle loro stagioni più conosciute e celebrate.
Oltre a una concomitanza cronologica delle rispettive conversioni a un linguaggio di segno e materia, ad accomunare Afro, Burri e Capogrossi fu la loro presenza attiva a Roma, punto di snodo fondamentale per quelle indagini che li porteranno ad indagare i modelli francesi e americani. Roma, infatti, fu luogo di incontri e trampolino di lancio verso la scena internazionale, soprattutto newyorkese, dove le loro ricerche riscossero un significativo successo.

Afro, ad esempio, che nel 1950 già si trovava a New York per collaborare con la Catherine Viviano Gallery, passò da una pittura neocubista a una astratta, contraddistinta da una intensa libertà gestuale, da un uso espressivo e lirico del colore, dalla caratteristica stesura a velature. Dal canto suo, Alberto Burri, compie il suo passaggio all’astratto intorno al 1947-48, con opere in cui la materia – legno, ferro, sacchi di juta, pietra pomice, plastica, cellotex e Vinavil – assume rilevanza nello sviluppo di un nuovo alfabeto astratto.

Capogrossi, la cui cifra si distingue dalla matericità di Burri per la modulazione del suo “segno” di elementare semplicità in infinite combinazioni, divenne ben presto un protagonista, al punto da essere rappresentato negli Stati Uniti, nel 1955, insieme ad Afro e Burri, alla fondamentale mostra The New Decade. 22 European Painters and Sculptors, allestita al MoMA.

Una sezione dell’esposizione è riservata alle opere su carta di Afro, Burri e Capogrossi, che consentirà di porre l’attenzione sul tema del disegno che, entrando nei meccanismi più intimi dell’elaborazione creativa, lascia emergere i tentativi, le ipotesi e le idee foriere di novità. La mostra intende anche approfondire, attraverso materiali d’archivio – alcuni inediti –, riviste, cataloghi dell’epoca, libri d’artista, l’interesse che critici, poeti e letterati ebbero nei confronti dei tre artisti. Esemplari sono i casi di Emilio Villa, Leonardo Sinisgalli e Cesare Brandi. Proponendo, quindi, anche qualcosa di nuovo, anche per quelli che già conoscono a fondo la realtà dei tre grandi artisti.