-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
A Roma le opere di Brancusi dedicate al volo entrano in dialogo con le Uccelliere Farnesiane
Mostre
Fino all’11 maggio 2025, nel cuore del Palatino, le Uccelliere Farnesiane ospitano la mostra Brancusi: scolpire il volo, organizzata dal Parco archeologico del Colosseo in collaborazione con il Centre National d’art et de la culture Georges Pompidou di Parigi. L’esposizione è curata da Alfonsina Russo, Philippe-Alain Michaud, Maria Laura Cavaliere e Daniele Fortuna. Il progetto segna un evento inedito per la Capitale: è la prima volta che le opere di Constantin Brancusi – artista romeno naturalizzato francese, considerato il padre della scultura contemporanea – vengono esposte a Roma. Il tema scelto è centrale nella produzione dell’artista e in dialogo con lo spazio che ospita la mostra: il bestiario degli uccelli.


L’esposizione si articola in due sezioni. La prima, dedicata alla scultura, presenta tre opere emblematiche: Le Coq (1935), L’Oiselet II (1928) e Leda (1920/1926 ca.). Figure che, pur dichiarando un’origine animale o mitologica, si liberano progressivamente dal referente iconografico per arrivare all’essenza, al gesto, al ritmo. L’uccello, in Brancusi, non è mai semplice rappresentazione naturalistica: è simbolo del volo come tensione, del desiderio umano di trascendere il peso della materia e dello spazio. Da uno scritto dell’artista stesso: «Non è l’uccello che voglio rappresentare, ma il dono, il volo, lo slancio».
Le forme, levigate fino a diventare superficie pura, dialogano con una selezione di reperti di età romana – statue, balsamari, sonagli – provenienti dal Museo Nazionale Romano, il Museo Archeologico di Venezia e il Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, e riconducono alla simbologia sacra e divinatoria dell’uccello, ponte tra l’immanenza terrena e la trascendenza celeste. Il passato e il presente si incontrano e mostrano di condividere la stessa essenza.

Il secondo ambiente delle Uccelliere è dedicato al lavoro fotografico e filmico dell’artista, sviluppato negli anni Venti e Trenta. Brancusi non utilizza la macchina fotografica per documentare le proprie opere, ma per interrogarle, amplificarle e decostruirle. In studio – quello stesso atelier bianco che diventa parte integrante del dispositivo scultoreo – mette in scena giochi di luce, sfuocature, riflessi, ruotando le sculture su dischi specchianti e variando prospettive come se la forma potesse sempre risolversi altrove. Leda in movimento (1936), piccolo capolavoro sperimentale, ne è un esempio: l’opera si riflette e si trasforma in uno specchio d’acciaio lucido, oscillando tra presenza e immagine.
Nell’allestimento curato dall’architetta Dolores Lettieri, il contrasto tra bianco e nero – evocazione dell’atelier e della camera oscura – assume un valore concettuale oltre che visivo. La mostra si muove così tra pieni e vuoti, assenze e apparizioni, come le creature evocate da Brancusi: che più si fanno leggere, più sembrano sfuggire.
Una mostra essenziale, che invita a rallentare e ad ascoltare. Il cuore tematico è chiaro, ma ciò che davvero viene scolpito, nell’economia estetica dell’artista, è il movimento stesso: un’emancipazione dalla pesantezza del corpo, una tensione verso l’alto, come una nota lunga in un brano senza fine. L’ascensione è materia e metafora, e trova negli spazi delle Uccelliere Farnesiane, sospese tra la storia e il cielo, la sua cornice ideale, per un artista che ha cercato per tutta la vita di scolpire l’invisibile.
