28 febbraio 2020

Chiara Fumai | Teatro Margherita

di

Fino al 6.III.2020
Una mostra a Bari, la sua città, ricorda Chiara Fumai a poco più di due anni dalla tragica scomparsa. Tra femminismo ed esorcismo

Omaggio a Chiara Fumai
Omaggio a Chiara Fumai, ph.Cosmo Laera

“Mi interessa l’esorcismo tanto quanto il femminismo”. È la stessa Chiara Fumai a chiarire i poli concettuali entro cui si dipana tutta la sua ricerca. Un’indagine transmediale che nella pratica performativa e nel trasformismo ha trovato le sue prime – ma non esclusive – modalità attuative. Una mostra a Bari la ricorda a poco più di due anni dalla tragica scomparsa, anticipando nei tempi e nei modi la grande retrospettiva che girerà l’Europa partendo da Ginevra e approderà in autunno in Italia, con una sola tappa al Centro Pecci di Prato. Un omaggio più che una retrospettiva, in cui il sentimento avanza la scientificità rievocando per sommi capi una parabola breve ma straordinaria, vissuta “tra moda e morte”, citando una recente intuizione di Milovan Farronato, curatore dell’ultimo padiglione Italia alla Biennale di Venezia dove le opere di Chiara figuravano insieme a quelle di Enrico David e Liliana Moro.

La mostra omaggio a Chiara Fumai nella sua città

La mostra, la prima dedicata all’artista dalla sua città, è curata da Antonella Marino e da The Church of Chiara Fumai, associazione presieduta dalla madre dell’artista, l’attrice Liliana Chiari, e da un gruppo di professionisti e amici fedeli, tra i quali il duo curatoriale Francesco Urbano Ragazzi, che cura gli interessi dell’artista, valorizzandone la poliedrica ricerca e tutelandone l’opera mediante la costituzione di un archivio, già in parte conservato presso il Centro di Ricerca Castello di Rivoli.

Nell’ampio foyer del Teatro Margherita la voce, l’immagine e la firma di Chiara accolgono i visitatori in media res. In Shut up actually talk, fantasmatica manifestazione della performance creata per dOCUMENTA 13 a Kassel – vero trampolino di lancio per la carriera dell’artista, invitata dall’allora direttrice Carolyn Christov-Bakargiev – Chiara Fumai veste i panni di Zalumma Agra, esotica schiava muta del Circo Barnum, a cui dona le parole di Carla Lonzi, tratte da Io Dico Io, manifesto filosofico sulla soggettività scritto nel 1977 per il gruppo italiano Rivolta Femminile. Ecco dunque che femminismo ed esorcismo si trovano a convivere nella medesima opera, rivelando i prioritari interessi della ricerca fumaiana e testimoniando nel trasformismo e nella rievocazione fantastica gli strumenti essenziali dell’attuazione creativa. Interessi ribaditi da Follow this you bitches in cui al sigillo di Babalon, evocativo della Grande Madre, disegnato dall’occultista britannico Aleister Crowley nel 1904, è associato l’irriverente motto di Cher, usato dalla cantante per esorcizzare l’invidia e sfidare le colleghe più giovani. Zaluma Agra torna anche in The book of evil spirits, performance in cui Chiara Fumai, vestendo i panni di Eusapia Palladino, la più nota medium del Novecento, nativa di Minervino Murge, rievoca gli spiriti della scrittrice e attivista tedesca Ulrike Meinhof, morta in carcere nel 1975, della cantante greca Roza Eskenazi, che negli anni Trenta esaltava i benefici dell’oppio, della donna barbuta Annie Jones, altra insolita attrazione del Circo Barnum, impersonata per la prima volta dall’artista nel 2010, nella vetrina di Palazzo Mincuzzi a Bari, in occasione della rassegna “Gemine Muse” dedicata agli artisti under 35. L’opera, esposta per l’ultima volta nel 2017 alla Galleria Rossmut di Roma tre mesi prima della morte, costituisce un dialogo impossibile nei modi e nei tempi ma utile a rivelare donne energiche, argute, certamente singolari, che hanno saputo tenere testa all’universo maschile con il loro essere eternamente controcorrente, eroine di un’epopea rosa ancora da scrivere in forma compiuta.

Chiara Fumai
Omaggio a Chiara Fumai, ph.Cosmo Laera

La caratteristica dell’opera di Chiara Fumai

Dalle opere fin qui menzionate già emerge chiaramente una caratteristica fondamentale dell’opera di Chiara, la transterritorialità, intesa come capacità di confondere epoche e luoghi, ricordi e campi speculativi, mediante ragionate sovrapposizioni ma anche inaspettate tangenze. Lo testimoniano anche le opere successive, azioni performative in cui, di volta in volta, l’individualità dell’artista si confonde con quella di altre donne, inconsuete eroine della lotta al machismo, al patriarcato e al divismo del maschio. Emblematiche in tal senso sono le esperienze della già citata Eusapia Palladino, protagonista anche di La donna delinquente (citazione da Cesare Lombroso), lavoro installativo del 2011 (anno della personale alla Galleria Murat122 di Bari) lavoro dedicato all’ampio dibattito che si generò ad inizio del secolo scorso attorno alla Palladino e alle sue capacità medianiche, e di Valerie Solanas, l’attentatrice nel 1968 di Andy Warhol, la cui celebre frase “A male artist is a contradiction in terms” campeggia nelle foto che ritraggono l’artista nei panni suoi e delle sue molteplici e anticonformiste eroine, facendo di questa insolita galleria una manifestazione tangibile di sorellanza femminista.

Chiude il percorso The Church of Chiara Fumai, adattamento scenico dello studio dell’artista e ambientazione di un public program che, per tutta la durata della mostra, prevede, tra gli altri, gli interventi della madre in cui saranno raccontati ricordi e aneddoti sulla vita di Chiara. Nella medesima installazione è collocato anche il lavoro dedicato a Nico Fumai, suo padre, scomparso meno di due mesi fa, per il quale Chiara immagina un passato da musicista, da divo dell’italodisco. In apposite conferenze l’artista ha raccontato una storia fittizia, ha fatto ascoltare brani musicali sottratti a cantanti sconosciuti e ha mostrato dischi e reliquie di un passato inesistente da lei stessa disegnato in ogni minimo dettaglio. È questa la celebrazione parodistica della figura paterna – il lato più tenero di tutta la sua produzione – ma anche la riflessione sullo stereotipo della proverbiale affezione delle figlie ai padri. L’opera, inventata nel 2010 a Torino per la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, oltre a rivelare l’attenzione per il mondo della musica (laureata in architettura al Politecnico di Milano Chiara era anche dj), segna la prima tappa di un percorso di appropriazione di vite altrui nel quale l’artista si è mossa con camaleontica disinvoltura.

Chiara Fumai ha vissuto l’opera d’arte in maniera totale fondendo realtà e finzione e rovesciando consuetudini e ideologie con straordinaria capacità visionaria. Nel suo operato non di rado la citazione diviene esponenziale: lei impersonifica personaggi a cui affida parole e storie altrui. In una sorta di mise en abyme citazionistica l’artista interpreta l’uscita dall’io sfuggendo alla cultura materialista e al sistema patriarcale e attingendo a piene mani al vasto mondo della controcultura. Muovendosi tra molteplici procedure comunicative, terrene ed ultraterrene, veritiere o presunte tali, Chiara Fumai, nel giro di appena un decennio, ha riformulato l’espressione artistica offrendo interpretazioni originali a tematiche fino ad allora ai margini della sperimentazione come l’occultismo e l’esoterismo e infondendo nuova linfa alla tematica femminista che rischiava di smarrirsi in luoghi comuni o negli asfittici gangli della mera rievocazione storica.

 

Carmelo Cipriani

mostra visitata il 22 febbraio

 

Dall’8 febbraio al 6 marzo 2020

Chiara Fumai Teatro Margherita

Piazza IV Novembre, 70122, Bari

Orari: dal lunedì alla domenica, dalle 10.30 alle 21.30.

 

 

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