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E se il display diventasse opera? La mostra di Società delle Api a Venezia
Mostre
di Zaira Carrer
Mettere un oggetto su un piedistallo non è mai un gesto neutro. È un’azione primaria, quasi istintiva, che precede spesso la riflessione teorica: anche l’infanzia conosce questa spinta a sollevare qualcosa da terra, a isolarlo, a conferirgli un’aura. Non si tratta perciò soltanto di un approccio spaziale, ma anche concettuale: posare qualcosa su un piedistallo significa evidenziarne l’importanza, metterne in risalto l’estetica e le connotazioni.
In un presente saturo di immagini, poi, in cui l’attenzione è una forma di capitale fragile e conteso, il supporto diventa parte integrante dell’opera. E nel campo dell’arte questa consapevolezza non è nuova: Duchamp lo aveva già dimostrato con lucidità, rendendo chiaro come ogni oggetto, una volta esposto, si trasformi radicalmente.

È da queste premesse che si sviluppa la mostra ON DISPLAY! presentata dalla Società delle Api nel Palazzo Lezze Michiel di Venezia. Curata da Annalisa Rosso, l’esposizione riunisce nove progetti allestitivi firmati da Aldo Bakker, Valentina Cameranesi Sgroi, Formafantasma, Martino Gamper, Odd Matter, Parasite 2.0, Soft Baroque, Bethan Laura Wood e Zaven, messi in relazione con opere di Silvia Bächli, John Baldessari, Chiara Camoni, Adriano Costa, Sylvie Fleury, Simone Forti, Enzo Mari, Nicolas Party, Ettore Spalletti, Francis Upritchard, accanto agli stessi Bakker e Cameranesi Sgroi.
I lavori selezionati provengono tutti dalla collezione di Silvia Fiorucci, fondatrice e presidente della Società delle Api. Si tratta di opere d’arte, certo, ma sempre strettamente connesse al mondo del design e della progettualità, instaurando così un fruttuoso dialogo tra scultura, pittura, architettura e supporti allestitivi —un vero e proprio Gesamtkunstwerk, un’opera d’arte totale. In questo contesto, ON DISPLAY! diventa un universo di linguaggi differenti per ripensare il display come atto interpretativo e mai neutro.

Ne è un esempio particolarmente interessante il progetto proposto da Parasite 2.0: una piramide di grossi cubi in plastica trasparente che sostengono l’irsuto Cuddly Book di Sylvie Fleury, tutta una serie di piccole sculture rosate, una mela soffice e così via… È un gioco di texture e di consistenze, un’opera d’arte totale che vorremmo quasi toccare per sentirne la morbidezza.
La scultura di Chiara Camoni sembra invece emergere da uno scrigno verde mela pensato da Valentina Cameranesi, trasformando così i materiali poveri utilizzati dall’artista piacentina in un gioiello prezioso. Qui il piedistallo non eleva soltanto, ma protegge, custodisce, racconta, diventando, a suo modo, un reliquiario laico, in cui l’opera non viene isolata ma piuttosto messa in scena.

Il tutto si innesta nei saloni affrescati di Palazzo Lezze Michiel, recentemente acquisito da Silvia Fiorucci e destinato a diventare la sua dimora veneziana. I soffitti dipinti e gli affreschi che ricoprono le pareti costituiscono un ulteriore livello di lettura delle opere e della stessa esposizione. Il passato nobiliare dialoga infatti con la progettualità contemporanea, producendo una tensione continua tra ornamento e sottrazione, tra storia e presente.
In ON DISPLAY! dunque, il piedistallo non è più solo supporto, ma un prezioso dispositivo critico. A Palazzo Lezze Michiel, l’opera nasce due volte: nella mano dell’artista e nello spazio che la accoglie ed è proprio in questo scarto che prende forma il suo senso.















