07 novembre 2022

Enrico Minguzzi, La piena dell’occhio – Ex Convento di San Francesco

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Antico e contemporaneo si incontrano tra le opere di Enrico Minguzzi, incastonate nei suggestivi spazi dell’ex Convento di San Francesco di Bagnacavallo, in provincia di Ravenna

“La piena dell’occhio” è il titolo del percorso espositivo, a cura di Saverio Verini, visitabile fino all’11 dicembre 2022 presso l’Ex Convento di San Francesco di Bagnacavallo, in provincia di Ravenna. In mostra oltre 30 opere realizzate negli ultimi due anni dall’artista Enrico Minguzzi (Cotignola, 1981), invitato da Davide Caroli, direttore del Museo Civico delle Cappuccine di Bagnacavallo, a esporre i suoi lavori in occasione della festa di San Michele. Incastonate negli spazi del convento, le opere esposte trovano un equilibrio espressivo, armonico e armonioso.  Antico e contemporaneo si mescolano tra loro enfatizzando l’architettura della struttura e la tecnica pittorica e scultorea utilizzata per la realizzazione dei lavori presenti.

Seppur principalmente pittore, Enrico Minguzzi nella “Piena dell’Occhio” presenta delle sculture realizzate con diverse tecniche e materiali. Ad accogliere lo spettatore ai piedi del grande scalone dell’ex convento, che conduce al piano superiore è: Una spugna, una spugna, una spugna (2022), scultura ricavata da un grande blocco di spugna di color rosa corallo, lavorata dall’artista minuziosamente. I dettagli e i particolari rievocano le forme dell’ambiente marino, dei fondali, delle rocce, dei coralli.

Proseguendo lungo la scalinata ci si imbatte nel dipinto intitolato Fior Carbone (2022) e raggiungendo il primo piano nella scultura Zenit (2022). La prospettiva del corridoio principale conduce lo sguardo verso: La piena dell’occhio (2022), opera dalle grandi dimensioni dipinta a olio, che domina la scena, catturando l’attenzione dello spettatore, grazie al tripudio di dettagli e grovigli di forme sottili, perfettamente definite, che tendono verso l’alto con un moto ascendente, ma senza turbolenze.

L’equilibrio formale della composizione caratterizza tutto il lavoro di Minguzzi, il quale combina con grande maestria pittorica una natura apparentemente morta, ma in realtà viva e in continuo movimento ascensionale, rappresentata con due tecniche pittoriche prevalenti. Grovigli di radici, fiori metafisici, supportati o meno da oggetti raffinati e dalle linee sottili, richiamano la tradizione pittorica, con particolare rimando all’arte della natura dell’Ottocento.

Peculiare è il dipinto La fine, l’inizio e la scomparsa dell’orizzonte (2021): paesaggio reale, rivissuto attraverso lo sguardo e la memoria dell’artista. I tratti pittorici evocano Turner, ma anche Constable nella riproduzione di una natura vibrante, solenne, ma allo stesso tempo silenziosa e profondamente viva, i cui dettagli diventano segno ed essenza, forza, vigore.

Come sostenuto dal curatore Verini: «[…] Ma all’interno di questa cornice apparentemente placida aleggia una perturbazione. Forse non è percepibile nell’immediato, eppure nei dipinti di Minguzzi pulsa un’irriducibile attrazione per il Sublime. […] Di solito si è abituati a pensare al Sublime in relazione al paesaggio: ma in questo caso non c’è alcuna vetta che ci sovrasti, né natura che ci avvolga. In Minguzzi il Sublime appare nelle forme misteriose di quegli elementi vegetali e di quelle pietre. Sembrano fiori, sembrano aggregazioni minerali, ma non appartengono a nulla di già esistente in natura. E credo che anche in questo aspetto risieda la fascinazione per la dimensione romantica da parte di Minguzzi: un rapporto con la natura non pacificato, quasi si trattasse della constatazione di una mutazione avvenuta. E’ forse per questo che l’artista fa a meno di bozzetti preparatori o riferimenti presi dal mondo reale. Con un paradosso evidente: pur allontanandosi dalla rappresentazione dell’esistente, le sue figure risultano decisamente credibili, concrete. Da questo punto di vista, l’effetto è quello di un eccentrico “iper-irrealismo”, attraverso il quale viene conferita una consistenza fisica a soggetti fittizi».

Le composizioni dell’artista, dai tratti quasi surrealisti, nascono dalla rielaborazione mentale di immagini vissute, memorizzate e assimilate in modo unico e introspettivo. Il titolo della mostra “La piena dell’occhio” nasce proprio dalla mole e dalla grande quantità di immagini che l’occhio è abituato a vedere, le quali vengono impresse nella mente, non solo dell’artista, ma anche di tutte le persone, figlie di questo tempo, che giornalmente sono sottoposte a un vero e proprio bombardamento di input visivi, principalmente attraverso foto e video.

Queste immagini creano nell’artista dei legami reconditi con la psiche, la quale, attraverso l’uso della tecnica pittorica e scultorea, riesce a dare vita a composizioni in equilibrio, inscritte in una forma ellittica, ovale, seppur aggrovigliate e in movimento. Quest’ultimo viene enfatizzato anche grazie alla contrapposizione di cromie fluorescenti, che arricchiscono non solo i dipinti, ma anche l’insieme dell’allestimento della mostra, senza mai essere in forte contrasto con l’ambiente circostante, con il quale, invece, le opere si fondono sembrando quasi incastonate nelle pareti e negli ambienti dell’ex convento.

Le sculture rappresentano la continuazione dell’opera pittorica. L’artista sperimenta nuove tecniche e combinazioni di materiali, anche grazie alla realizzazione di opere di grandi dimensioni come Chimera (2022).

La mostra è accompagnata da un catalogo contenente i testi del curatore Saverio Verini e del direttore del Museo Civico delle Cappuccine di Bagnacavallo Davide Caroli.

1 commento

  1. Interessante la maniera contemporanea di fare Arte. l’uomo di oggi estrae dal proprio inconscio i motivi che lo spingono a realizzare Opere originali, che lo riportano all’Inizio dei tempi. L’uomo si fa così cacciatore delle proprie personali sensazioni ed intuizioni. Ne nascono installazioni dal sapore antico in grado di colloquiare con il moderno e di seguito, il contemporaneo. Fruire un’Opera artistica attiva di conseguenza meccanismi psicologici, messi a confronto con suoni, luci e colori che attraversano tutte le Epoche e ci vengono consegnate per ammirarli. Ad emergere é spesso il rapporto mai dimenticato con la Natura. Si innesca un meccanismo simbiotico per cui l’uomo non può fare a meno di circondarsi di materiali quali la terra e l’acqua che gli danno il loro sostentamento. Gli stessi materiali acquisiscono un significato reinventato, rappresentano pensieri ed azioni innovativi. Tornare alle Origini per creare il Nuovo, il Bello, il Sublime. Il tutto accostando il vecchio ed il nuovo, il passato ed il presente.

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