27 febbraio 2025

Gesti pittorici in stanza nuda: Peggy Franck a Palazzo De Toschi di Bologna

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L’artista olandese Peggy Franck spoglia la sala convegni dello storico Palazzo de Toschi, a Bologna, per liberare la potenzialità espressiva del gesto pittorico

Peggy Franck mostra bologna
Fixed Blindness (Push, Pull), 2022 Stampa C-print incorniciata / C-print in frame 198 x 165 cm & Backward streaming hair, 2025 Sedie, materiali vari / Chairs, diverse materials. Photo: Carlo Favero

In A Naked Room è la personale dell’artista Peggy Franck (Zevenaar, 1978) curata da Davide Ferri e inaugurata nell’ambito di Art City 2025 presso Palazzo De Toschi a Bologna. L’artista olandese che utilizza il linguaggio pittorico per arrivare a condensare differenti media come fotografia e installazione, in questa occasione si è confrontata con un luogo istituzionale che diviene prima stanza nuda e poi spazio per la sua pittura in situ.

La sala dei convegni di Palazzo dei Toschi a Bologna è solitamente, per ben 11 mesi all’anno, predisposta all’utilizzo istituzionale per eventi e congressi. Da diversi anni, il Palazzo dei primi del Novecento è anche diventato sede di mostre in concomitanza con le giornate di Art City e Arte Fiera. Eppure In A Naked Room risulta essere la prima occasione in cui il grande salone e le sale tutte vengono messe a completa disposizione dell’artista. Qual è stato allora il segno qui lasciato da Peggy Franck?

Peggy Franck, In A Naked Room, veduta della mostra, Palazzo De Toschi, Bologna, 2025, photo: Carlo Favero
Peggy Franck, In A Naked Room, veduta della mostra, Palazzo De Toschi, Bologna, 2025, photo: Carlo Favero

È bene innanzitutto considerare le necessità da lei espresse per potenziare il luogo secondo una personale (e artistica) visione. L’artista olandese ha richiesto di passare il maggior tempo possibile all’interno delle sale in cemento armato e che gli spazi venissero spogliati di qualsiasi elemento di cui si caratterizzano nell’utilizzo corrente, vale a dire le sedie rigorosamente organizzate e le tende delle ampie finestre che affacciano sulla centrale Piazza Minghetti. Così la sala convegni diventa la Naked Room, la stanza nuda, l’ambientale foglio bianco (certo, nel suo caso sarebbe più corretto parlare di pagine di riviste, fogli di alluminio, carta fotografica e altro) su cui esprimersi.

La spazialità entro cui si inserisce il lavoro di Franck è pertanto fondamentale. Non certo l’unica componente peculiare della sua pratica artistica ma, sicuramente, deterministica per la sua pittura svincolata e destrutturata rispetto a un confine delimitato. Una pittura che divampa sia all’interno – di uno specifico supporto – sia all’esterno – risuonando nel luogo stesso in cui si inserisce.

Peggy Franck, In A Naked Room, veduta della mostra, Palazzo De Toschi, Bologna, 2025, photo: Carlo Favero
Peggy Franck, In A Naked Room, veduta della mostra, Palazzo De Toschi, Bologna, 2025, photo: Carlo Favero

Ritornando all’immagine della grande sala nuda, si pensi adesso all’artista che vi si addentra, studia lo spazio e inizia a lasciarvi il suo segno. Si materializzano allora tutta una serie di strumenti legati al processo artistico del suo lavoro: barattoli di colore, mocio, scope a frange e fogli di alluminio. I fogli di alluminio sono posizionati sul pavimento in marmo della sala principale. Seguendo i confini della stanza e la predisposizione modulare dei supporti, Franck dipinge con mocio e scope in una gestualità curva, discontinua, che si ripete. Volatile e movimentata. Il gesto, altra componente essenziale della sua pratica, ha acquisito un nuovo status.

Liberandosi dalla costrizione di telaio e cornice, la sua pittura – che si può ritrovare nell’alveo dell’espressionismo astratto – si fa consistente e fisica con la necessità di superare la bidimensionalità per aderire piuttosto all’ambiente e all’architettura. Emergono ampi tessuti semi srotolati, un gruppo di lampade a stelo congiunte da serpeggianti fili aggrovigliati, materiali eterogenei, grande stampa posata su pavimento e supportata da altri oggetti.

Ai consueti colori vivaci aggiunge, nel caso dell’ampio tappeto modulare specchiante, la luce che filtra dalle grandi finestre che ha scelto di spogliare e il cui riflesso sui fogli di alluminio propaga ulteriormente la pittura nello spazio.

È possibile rintracciare in questo tipo di pittura differenti autrici e autori pionieri ma ciò che può distinguere il lavoro di Franck – riportandolo ad una personale e pura spinta esistenziale – è l’installazione a vocazione scultorea, la fotografia e l’introduzione di oggetti nello spazio fisico.

Le fotografie – caldamente analogiche – sono scattate dall’artista che in questo modo, focalizzandosi per lo più su dettagli dei suoi lavori, va a stratificare la sua pratica, sovrapponendo spazi fisici e temporali. Oltre alla carta fotografica, si serve di altri supporti per la sua pittura, come le pagine di riviste e superfici varie che creano un cortocircuito fra i linguaggi artistici stessi. Tale disorientamento visivo si perpetua attraverso gli oggetti introdotti nell’ambiente che creano composizioni atte ad amplificare il processo artistico così come l’ambiente dello studio dell’artista. Come scrive il curatore Davide Ferri in modo accurato, «La pittura di Peggy Franck è un territorio poroso e prensile».

Peggy Franck mostra bologna
Karmic affinities (II), 2025 Materiali vari, lampada da terra di Freek Wambacq / Diverse materials, standing lamp by Freek Wambacq Dimensioni variabili / Dimensions variable, photo: Carlo Favero

La mostra di Peggy Franck sarà visitabile a Palazzo De Toschi di Bologna fino al prossimo 2 marzo.

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