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Gigi Guadagnucci Gio’ Pomodoro: Conversazione sulla natura, a Massa
Mostre
di Milene Mucci
É a Massa, nella splendida seicenteca Villa Rinchiostra, il Museo dedicato a Gigi Guadagnucci scultore straordinario e tra i principali maestri del marmo del XX secolo, formatosi in Francia, vissuto a lungo a Parigi ma rimasto sempre legato alla sua terra e al suo studio laboratorio di Bergiola ai piedi delle Apuane.
Il Museo ospita quarantasei opere di Gigi Guadagnucci, eseguite tra il 1957 e il 2005 che documentano l’intero ed intenso percorso creativo dell’artista. Gioielli di marmo, materiale che nelle mani di Guadagnucci diventava sfoglia sottile, impalpabili linee trasparenti o lamine di luce bianchissima raggiungendo virtuosismi e raffinatezza unici. Sculture spesso in dialogo con una natura sempre più astratta, sensuale, potente e delicatissima.

Nell’incontro con questo artista e con il luogo che è divenuto casa delle sue opere che è nata la mostra Gigi Guadagnucci Gio’ Pomodoro | Conversazione sulla natura, voluta fortemente da Monica Bertoneri, giovane assessora alla cultura del Comune di Massa, che mette in dialogo i due grandi maestri della scultura italiana per offrire un’occasione unica di confronto e riflessione sul tema della natura attraverso le loro opere e anche la possibilità di affrontare il fascino per entrambi del movimento, dello spazio e dei rapporti tra pieno e vuoto, che sono, come cita Gio’ Pomodoro, «l’ossessione di ogni vero scultore».
Nella Villa e nel grande giardino con geometria settecentesca si possono ammirare ben 18 capolavori dei due artisti, di cui 13 sculture e 5 disegni, provenienti da Fondazioni e collezioni pubbliche e private compreso,e concesso per la prima volta in esclusiva, il disegno inedito di Giò Pomodoro Senza titolo (Tensioni), realizzato nel 1963 con inchiostro di china su carta. Il progetto espositivo è curato da Mirco Taddeucci, in collaborazione con Bruto Pomodoro, figlio dell’artista e vicepresidente dell’Archivio Gio’ Pomodoro.

Il percorso come ci racconta lo stesso Bruto Pomodoro, è nato dall’incontro con l’assessorato alla Cultura del Comune di Massa in previsione dell’anniversario dei 110 anni dalla nascita dello scultore Gigi Guadagnucci. «Questa mostra – spiega – nasce sotto forma di tributo per un rilancio del Museo Guadagnucci e dell’intera Villa della Rinchiostra. Beni così importanti in un territorio – quello massese – che per anni ha languito nella sua programmazione di mostre credo possano aiutare la città a ritornare ad essere un polo culturale di primaria importanza. Con l’assessore Bertoneri abbiamo lavorato in tal senso, restituendo alla collettività il piano nobile della villa che da domani potrà ospitare mostre prestigiose. E credo che, partendo dai rapporti di amicizia che Gigi Guadagnucci ha creato nel corso della sua vita, vi sia terreno fertile per una ottima futura programmazione espositiva».

Visitando la mostra è sorprendente l’emozione nel vedere affiancate le opere di questi due giganti della scultura come continua interazione fra delicatezza estrema e potentissima energia. «Quali temi principali delle poetiche dei due scultori – chiedo a Pomodoro – vedi emergere più potenti nel loro incontro?». «All’apparenza – ci racconta – i due scultori sembrano calcare percorsi sideralmente lontani: Gigi scolpiva di getto con virtuosismi altissimi nel portare la pietra a giochi di trasparenze assoluti, la sua esperienza parigina lo pone fra gli artisti delle avanguardie storiche italiane fra le due guerre, anche anagraficamente Guadagnucci appartiene a una generazione precedente. Mio padre invece anelava a scoprire nuove tecniche per ‘muovere’ la materia (basti pensare alle Superfici in tensione), molte delle sue opere erano studiate al tecnigrafo, anche le sue esperienze, maturate nell’immediato dopoguerra fra Milano e gli Stati Uniti, lo pongono in un contesto storico-geografico differente. Tuttavia, al di là della stima e amicizia reciproche, entrambi amavano visceralmente quella materia che andavano a scolpire, il marmo, conoscendone gli aspetti più segreti appresi dai maestri scalpellini, ed entrambi appartenevano a quella ‘tradizione del nuovo’ che ha visto maturare, in Italia e in Europa, una generazione di artisti di altissima qualità e capacità di ricerca».
A proposito della produzione di Gio’ Pomodoro, immensa ed eterogenea, e a proposito del criterio ha guidato la scelta delle opere in mostra, Bruto Pomodoro ci dice «A onor del vero le opere di mio padre per questa mostra le ha scelte, sotto la mia supervisione, il curatore della mostra, Mirco Taddeucci. Ovviamente il compito, anche se all’apparenza poteva essere facile partendo dal titolo della mostra (dialogo sulla natura), è stato molto delicato, essendo ospiti del museo che ospita le opere di un altro grande scultore: cercare di ottenere un equilibrio in casi come questi non è facile: ritengo che ci siamo riusciti».

E proprio Mirco Taddeucci offre una lettura approfondita sull’esposizione, indagando la volontà di mettere in dialogo due scultori che – seppur accomunati dal medesimo amore nei confronti della natura – usano ed esplorano tecniche e linguaggi scultorei differenti: «Guadagnucci e Pomodoro – ci dice Taddeucci – condividono non solo la ricerca sul rapporto con l’elemento naturale ma possiedono anche una profonda padronanza tecnica e un’enorme curiosità, elementi che hanno permesso loro di sperimentare materiali particolari, come ad esempio la pietra di Trani, il marmo statuario delle Apuane e il bronzo, fino a realizzare anche opere su carta. Gli esiti formali delle opere dei due artisti sono simili per certi versi, ma seguono percorsi differenti: all’approccio più emozionale di Gigi Guadagnucci si contrappone quello più razionale e fedele allo studio di Gio’ Pomodoro».
Gigi Guadagnucci Gio’ Pomodoro | Conversazione sulla natura regala anche una dichiarazione inedita di Gigi Guadagnucci scritta di suo pugno e concessa dalla moglie Ines Berti in cui si legge: «Scolpire vuol dire, per me, aver acquisito tanta familiarità con le forme della natura, attraverso il disegno… ma lo scultore non deve imitare la natura, deve procedere, nella creazione, come la natura». Sull’onda di questa poetica l’Albero Spirale del 1985 di Pomodoro è stata posta nel parco, dove dialoga con tutte le maestose specie di alberi presenti esattamente come nelle parole del suo Autore si leggeva «Fra le meraviglie di natura gli alberi sono benigni amici, cattedrali misteriose e maestose. Difficile è competere con essi: si rischia di essere atterrati da una impietosa scure sotto lo stormire di amorose fronde […] Ma oltre a tutto ciò mi commuove degli alberi la loro congiunzione modesta fra opposti in apparenza irriducibili, fra terra e aria, fra fuoco e acqua, da cui deriva questa loro solennità e maestà di pacificatori incruenti» (Gio’ Pomodoro, da “Prontuarietto per la scultura”, 1985.
