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La pittura custodisce, la pittura rivela: Luca Grechi alla Galleria Richter
Mostre
Molte cose non hanno un nome, mentre altre ancora, anche se lo possiedono, non sono ancora state descritte. Quanto avviene con Luca Grechi alla mostra Pittura Dorma – in programmazione alla Galleria Richter di Roma fino al 12 settembre 2025, con un testo critico di Cecilia Canziani: un’emersione in piena luce di ciò che tutt’ora ancora non porta un nome e si stenta a descrivere. Così l’artista figura un mondo come lui lo conosce, allontanandosi dall’idea oramai comune per cui la pittura d’oggi sia caratterizzata da una forma espressiva definita. Piuttosto, si tratta di un lento processo di resa di dati reali appena accennati, che affiorano da una superficie trasparente e sfuggente, in armonia tra saturazione e oscuramento.

Per Grechi la pittura è qualcosa di fortemente autonomo e seppur preservando alcune caratteristiche rappresentative, come punto di partenza ed elaborazione, la tela non è mai chiamata a rappresentare. In occasione di questa mostra, seppur muovendosi tra varie metodologie di lavoro – trattando la ceramica, il bronzo e la scultura lignea -, l’artista dimostra una forte unitarietà e coerenza attorno all’unico centro della sua ricerca, la pittura. Ciò è generato da una chiara consapevolezza, per cui tale mezzo non si esaurisce in se stesso, pertanto, vengono utilizzate diverse tecniche come strumenti necessari a far emergere l’aspetto più tangibile e fisico di tale studio.

La ceramica diventa la materia che consente all’artista di fissare un fare pittorico dal tratto arcaico e preistorico, ricco di velocità scioltezza e corsività. Il bronzo e le sculture lignee gli permettono di toccare quello che avviene nelle tele, lunghi steli vegetali si aprono nello spazio e fiori dai morbidi petali accoglienti accarezzano forme di vita. Siccome l’abilità nel controllare diversi strumenti è propria di chi possiede una consapevolezza artistica, in tutti i lavori realizzati è costante la capacità di costruire, manipolare, attraverso un particolare equilibrio, ogni elemento all’interno di un tutto. Si tratta di opere nate da momenti di ricerca a occhi chiusi o, altrimenti, appena socchiusi, nello stato di attesa e distensione nel suo studio di Roma. Quello dell’artista potrebbe considerarsi come un lavoro sulla memoria di un osservatore preciso nella sua intimità e distaccato verso ciò che è tangibile.

Nelle pitture esposte nella sala più piccola, prevale sì un senso di astrazione ma è sempre evidente un collegamento con il dato reale, vi appare un limone e un leggerissimo fiore schiuso, lasciando continuamente intuire un lontano accordo tra pittura e vita. Come nota Cecilia Canziani nel lucido ed esaustivo testo critico, guardando le opere in mostra, Grechi stringe a sé il reale per poi sospenderlo, riprenderlo e allontanarlo del tutto, per far si che rimanga un naturale e ampio margine di segretezza e di enigma. Riprendendo il titolo del progetto verrebbe da pensare che le pitture siano affiorate in una particolare fase di risveglio dopo un lungo sonno, per sorgere come fresche interrogazioni, cari dubbi che annunciano un’idea che prende forma.

Eppure proprio questo naturale senso di indeterminatezza e ambivalenza ci dona un’esperienza visiva e immersiva che include un’infinità di varianti, inducendoci a pensare che per Grechi l’immagine si sviluppi sulla tela dapprima con la luce, il tono e le sue modulazioni. Cos’è il tono per Grechi e che rapporto instaura con la luce? È una sorta di segnatura che articola pensieri, forme e strutture, si tratta in altri termini della spina dorsale dell’intera opera pittorica, talvolta percorsa da fugaci dati reali, spaesata e silente, dilatatrice di stasi, illuminando la tensione dell’inusitato e le sue celate ambiguità. Ogni opera è un’apertura, uno spazio che si spalanca davanti agli occhi al pari di una finestra aperta. In questo modo Grechi ci offre l’esperienza della caduta in un quadro: non sa per certo cosa raffiguri ma la sensazione è quella di esserci dentro.

In particolare, in queste ultime opere, l’immersione è ancora più evidente, i rettangoli si aprono in fessure gialle e alludono a ulteriori dinamici spazi, il dipinto è tutto ciò che si scorge da quella finestra, un luogo trasparente di qualcosa che rimane vivace quanto opaco. È una questione che sfiora la pittura nel suo “senso architettonico”, ogni elemento, rispondendo alla stessa funzione di curiosità, è essenziale nella vicinanza dei toni e nella coesione delle forme. Solo ora questa pittura dalla figurazione incerta acquisisce un senso, perché in realtà quanto si intende fissare è piuttosto la trasformazione di una composizione che ha in mente, è lì nell’atto del disfarsi, colta nel punto d’equilibrio. Ecco il perché di piccoli lampi gialli di questa sua ultima produzione, rappresentano la fissazione di un determinato momento che sporge e chiede di esistere verso l’esterno: si tratta di svariate visioni che arrivano subito dopo lo stato di dormiveglia che vengono colte sulla tela, altrimenti fuoriescono nella loro forma più tangibile attraverso la ceramica, il bronzo e il legno.

Per Grechi è più facile che la pittura custodisca e alcune volte riveli, sia esso un lembo di veduta, il profilo di un fiore o un arbusto filiforme, naturalmente allungato. Ciò che di norma si distende nella superficie piana della tela e che preme agli occhi per uscire ed esistere, per la prima volta, finalmente dopo anni di studio, si materializza nell’ambiente della galleria, diventando così qualcosa di non troppo distante, quasi vicino.
