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Le trame sociali e politiche del tessuto: il MAXXI l’Aquila racconta l’arte tessile
Mostre
Prosegue fino al 16 novembre 2025 la mostra collettiva True Colors. Tessuti: movimento, colori e identità, curata da Monia Trombetta con Chiara Bertini, Fanny Borel e Donatella Saroli. Protagonista è il tessuto e le forme in cui esso si declina: materia, decorazione, ornamento, e, infine, veicolo espressivo, strumento narrativo attraverso cui evocare identità, comunità e cambiamento. Dalla fibra al tessuto all’abito, indagati nella loro potenza evocativa, nella loro capacità di restituire storie individuali e collettive, di trattare temi sociali e politici.

True Colors: il tessuto come lente del contemporaneo
«È una mostra che prende le mosse dall’identità del MAXXI, dal patrimonio in esso custodito e celebrato nel rapporto con il Palazzo Ardinghelli, simbolo del barocco aquilano, in rapporto dialettico con il pubblico e in relazione agli artisti contemporanei che vi hanno partecipato con i quali essa tesse le sue trame. Una mostra da visitare, da percorrere, ma anche da indossare» afferma il direttore artistico Francesco Stocchi. Le grandi sale dell’edifico seicentesco diventano un palcoscenico di artisti internazionali che utilizzano linguaggi diversi: da Jacopo Belloni a Hassan Musa, dal gruppo Gelatin a Marinella Senatore. «Il percorso espositivo non ha linearità cronologica né estetica ma si articola soltanto sulle connessioni, dalle opere di Olga de Amaral, figura cardine della fiber art, e di Sheila Hicks», spiega Monia Trombetta, «al coinvolgimento, l’apertura, l’accoglienza, l’arte relazionale e processuale, come testimonia il maestro Franz Vest, le cui opere invitano ad indossare una nuova pelle e guardare l’arte da una prospettiva diversa». Le opere scelte, in larga parte provenienti dalla Collezione MAXXI, sono tutte datate dal 2000 in poi.

ll rapporto con l’artigianato e le tradizioni locali
L’approccio curatoriale prende le mosse dal territorio. Grande rilievo assume il tessuto sociale ed economico del contesto aquiliano: qui l’arte tessile ha radici molto antiche che affondano nel modello agropastorale e nel virtuoso artigianato. La tradizione più prestigiosa è quella di Pescocostanzo, i cui tessuti sono conservati oggi presso musei e raccolte private ma anche altri centri urbani quali Castel di Sangro, Scanno, Santo Stefano di Sessanio, Castel del Monte, Calascio.

In mostra tale legame si manifesta tanto nel continuo rimando alle tradizioni artigiane e tessili locali quanto nel coinvolgimento attivo della comunità nella realizzazione di alcune opere. Varcando la corte di Palazzo Ardinghelli, il visitatore è subito accolto da un tripudio di vestiti colorati appartenenti a bambini in età infantile allestiti su fili che collegano le pareti dell’edificio barocco. Si tratta dell’opera Towards Tomorrow, un’installazione site-specific dell’artista finlandese Kaarina Kaikkonen, che si inscrive nell’arte relazionale in quanto frutto del contributo degli abitanti del luogo i quali hanno donato i vestitini appesi. Un’opera collettiva che celebra una dimensione infantile, un richiamo ad una condizione innocente e originaria.
Sul versante opposto tradizione tessile, celebrata dalle tecniche artigianali impiegate, e fantasia si fondono nel Girigogolo di Jacopo Belloni, un’opera a metà tra folklore e immaginazione che attende il visitatore mentre percorre le scale. Attingendo alla sua ricerca, compiuta nella collezione dei costumi da festa conservati al Museo della Civiltà di Roma, l’artista riflette sul tema delle tradizioni inventate.

True Colors: una densa trama che intreccia politica, società e comunità
Il tessuto diviene veicolo espressivo attraverso cui sollevare riflessioni dal carattere sociale e politico. Invisible man di Yinka Shonibare è realizzato grazie all’utilizzo di pattern batik come metafora dei movimenti migratori e dei rapporti internazionali tra stati. Su temi simili insiste l’opera di Marinella Senatore, la cui pratica artistica è connotata da un decisivo coinvolgimento delle comunità locali. A Palazzo Ardinghelli è presente la sua Protest forms: Memory and Celebration, un richiamo alla tradizione degli stendardi sindacali di movimenti operai che si compone di tanti banner su cui sono cucite frasi, motti, canzoni, messaggi e versi degli stessi abitanti dell’Aquila invitati dall’artista attraverso una open call. Il risultato è commovente: nella sala campeggiano insegne e drappi dove si leggono frasi come «La pluralità esplode», «Lu ventu dell’Aquila nasce a Santa Maria Paganica», «Una stanza tutta per sé», «Sono un’armatura cucita con fili di cicatrice e perle di rivolta» «Jemo innanzi». L’opera si fa così un messaggio condiviso, espressione congiunta dell’artista e della comunità locale.

Su un binario analogo viaggiano la poetica la ricerca artistica di Claudia Losi, che con Etna Project pone sotto il riflettore il legame tra essere umano e ambiente. Anche questo è il risultato di un coinvolgimento di una collettività, una dinamica processuale che ha interessato sedici donne, otto peruviane e otto marocchine, ad ognuna delle quali sono stati spediti, rispettivamente a Lima e a Casablanca, frammenti di tessuto e lane sui cui hanno ricamato le sciare, residui di colate laviche.
In una mostra che pone al centro l’arte tessile nelle sue varie declinazioni, non poteva non assumere una posizione di rilievo l’opera di Olga de Amaral, figura cardine della scena artistica latino-americana e della fiber art che ha fatto della tessitura l’oggetto della sua ricerca sperimentale. L’opera Brumas è il risultato composizioni tridimensionali costituite da migliaia di fili di cotone, rivestititi di gesso e ricoperti di vernice acrilica. Fitte pareti di fili d’argento e d’oro che rinviano alla folta vegetazione della savana di Bogotà, sua terra d’origine.

Il binomio tra tessuto e arti performative
La ricerca artistica degli autori delle opere in mostra si declina in diverse forme attraverso il ricorso a tecniche e strumenti diversi. Di certo non residuale è la posizione assunta nel programma dalle arti performative.

Ad inaugurare l’esposizione è stata l’artista Adelaide Cioni con Five Geometric Songs, un intervento performativo che si coniuga all’installazione ambientale presente in mostra in cui il colore diviene pura forma autonoma, un pattern non narrativo, libero dal supporto nello spazio. I motivi geometrici che rivestono i cinque costumi disegnati dall’artista danzano sulle musiche di Dom Bouffard, assumendo un ritmo dinamico e sempre in mutamento. I danzatori fanno pulsare i motivi decorativi, instaurando con essi un dialogo: un intreccio tra colore e forma, tra corpo e linguaggio, tra spazio e movimento. A questa è seguita Harriet Riddell con il suo progetto itinerante InStichYou, realizzando ritratti e raffigurazioni che fotografano scene ordinarie di vita aquilana. Nei mesi successivi sono previste azioni performative di Silvia Gribaudi e Adriano Bolognino, oltre a laboratori promossi dagli artisti Jacopo Belloni e Claudia Losi. La programmazione prosegue per tutta la stagione estiva coinvolgendo arte, letteratura, cinema e musica, con un programma di performance, incontri con scrittori e riproduzioni cinematografiche che fanno del territorio un laboratorio dedicato alla produzione artistica e culturale aperto al territorio e alle esigenze contemporanee.