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Nei disegni di Massinissa Selmani, l’immagine ha la consistenza del sogno
Mostre
Il bianco, così dominante nella serie di disegni esposti nella mostra Loophole, equivale al silenzio: così suggerisce Massinissa Selmani, un silenzio che, a Napoli, viene continuamente interrotto – osserva l’artista, nato nel 1980 ad Algeri. Nella personale presentata a Casa Di Marino e visitabile fino al 30 settembre 2025 (la galleria riaprirà il 24 agosto dopo le ferie estive), Selmani presenta una graffiante, grottesca, disincantata versione della realtà. Attraverso le linee eteree, il disegno sottile che annuncia una matita affilata, le piccole parole incastonate in lievi sbuffi a pastello, emerge un immaginario in cui l’assurdo è tutt’altro che invenzione.

Gli elementi prelevati da contesti diversi e solo debolmente allusi, come le fotografie estrapolate da quotidiani di varia provenienza, vengono fusi insieme in un disegno che è, prima di tutto, una prefigurazione cerebrale. Né totalmente razionale e nemmeno completamente immaginifica, la sua scrittura a matita narra altre vicende, del tutto verosimili per quanto illogiche, perché il dato evenemenziale lavora indipendentemente dall’opera, secondo un fraseggio del quale l’artista cerca di adottare la sintassi.

Le vie del disegno, del fumetto, dell’illustrazione, diventano i canali per tratteggiare un senso-non senso sotteso alla realtà per come si manifesta. Da qui il richiamo al Surrealismo, nella connessione inaspettata tra elementi, e al Dadaismo, con le sue “macchine inutili” — inservibili, fasulle — metafora dei sistemi cui affidiamo la gestione collettiva delle nostre esistenze. Dispositivi che segmentano lo spazio, innalzano confini, producono una partizione del reale tra un “dentro” e un “fuori”, a cui viene attribuito arbitrariamente uno statuto di legittimità.



Un filo appena percettibile lega ogni episodio, per quanto autonomo entro la sua cornice. Lo scorgiamo nella continuità tra la ringhiera del balcone del palazzo di fronte Casa Di Marino, cui l’artista ri-attribuisce una funzione nel disegno a matita 10:56. Lo troviamo nel dispositivo per applauso in Répétitions générales d’un oubli, di cui, con difficoltà, possiamo intuire il funzionamento. È presente anche nell’opera collocata nel soggiorno di Casa Di Marino, in uno spazio meno esplicitamente espositivo, sopra il pianoforte: realizzata con tecnica mista, matita, pastello e litografia, raffigura una barca a remi con il fondo in roccia, sormontata da un prato. Gli esili fili d’erba, tracciati con un segno infantile, evocano un senso di gioco e leggerezza, mentre l’imbarcazione, pur munita di remi, appare inservibile, destinata a sprofondare. Il suo peso attira lo sguardo verso il fondale bianco, potenzialmente infinito, del foglio, evocando speranze disattese, destini segnati.

Se ogni disegno è un tradimento percettivo e semantico, anche le opere scultoree si rivelano tutt’altro che monumentali. Traversée, la più datata, risalente al 2020, e But. Then, sembrano configurarsi come un possibile dispiegamento tridimensionale di una visione piana, sfuggente, difficilmente contestualizzabile.


Selmani si conferma dunque un raffinato manipolatore di immagini, dalle quali emergono inaspettatamente nuove connessioni. La sospensione spaziale e temporale, insieme alla quasi totale assenza di riferimenti riconoscibili, produce un senso di spaesamento che mette in evidenza il peso di un sistema regolato da una trama fittissima di vincoli. Ma l’artista stesso ci offre una via di fuga: in questa continuità, l’errore indica un margine, per quanto esiguo, di libertà.

Riconosciuto per la sua indagine sui temi più urgenti del mondo contemporaneo quali controllo, sorveglianza e confinamento, Selmani ha esposto in istituzioni museali di rilievo come il Centre Pompidou e il Palais de Tokyo a Parigi, ottenendo una menzione speciale alla 56ma Biennale di Venezia e la nomination al Prix Marcel Duchamp nel 2023.














