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Non è ancora buio: Nicola Nannini protagonista nelle sedi bolognesi di CUBO
Mostre
di Mara Cintori
«L’essenza di questa esposizione è nel titolo» suggerisce Nicola Nanni aprendoci le porte di Non è ancora buio, mostra che, tramite i due differenti medium – il pittorico e il narrativo – ci accompagna in atmosfere rarefatte, in bilico tra il giorno e la notte, il reale e l’immaginario, i racconti passati e i racconti possibili.
Le opere pittoriche di Nicola Nannini si affiancano infatti al testo inedito creato per l’occasione da Simona Vinci che ne moltiplica le suggestioni e le stratificazioni dell’immaginario, e si dividono nelle due sedi espositive di CUBO: la sede in porta Europa ospita le figure umane e i paesaggi diurni, quella in torre Unipol invece accoglie i paesaggi notturni. Alcune delle figure umane presentate, appartengono al ciclo pittorico Types, e prendono vita dall’impulso di catalogazione tipico del genere umano, inserendosi nella tradizione artistica dei bestiari e degli erbari, come una sorta di enciclopedia della varietà umana. Le persone che Nannini decide di raffigurare sono persone comuni, con i loro oggetti quotidiani che, posizionati ai loro lati, li classificano, tentano di definirne la specificità, come caratteri distintivi; ne sono un esempio Type A4 o Type B2 e questa loro essenza traccia la direzione per comprendere la poetica di Nannini, perché subito fanno venir voglia di inventare storie su di loro, dove va quella donna con il cane? Che traumi si porta in quella borsetta? E quali speranze?

Ecco che, come quando ci si addormenta, velocemente e senza rendersene conto, la fantasia ha già preso la rincorsa. Partendo dalle persone e dai luoghi autentici e quotidiani, senza però dimenticare di essere artefatto pittorico, l’immaginazione trova nelle tele lo slancio per librarsi nell’infinità delle possibilità narrative, dondolandosi tra il fisico e il metafisico, mescolando ricordi e sogni, inventando, reinventando e in questo modo stratificandosi.
Gli scritti di Simona Vinci poi, sembra quasi che vogliano essere un primo esempio per rompere il ghiaccio e invitarci a giocare a questo gioco di fantasia con le opere, le quali, anche se suddivise in cicli tematici, sono accumunate da un’intrinseco movimento dinamico dal particolare all’universale e viceversa, dal macro al micro.
I paesaggi infatti, a differenza dei Types, sono raffigurazioni di periferie quotidiane sì, ma completamente prive di caratteri peculiari, eppure allo stesso tempo e forse proprio per questo, anche loro diventano universali.

I paesaggi scelti dall’artista infatti, come Notte di periferia o Notte in giallo, sono quelli di molte periferie piatte e vuote del mondo, luoghi di passaggio nei quali non ci verrebbe mai di fermarci in contemplazione, ma gli artisti si sa, sono bravi a ribaltare il senso comune, ed è cosi che Nannini sceglie proprio questo vuoto dove soffermarsi a guardare e si accorge della quieta poesia che vi vive. «Essere potenzialmente dei non luoghi… in realtà coincide con la loro più tenace e inestirpabile identità» scrive a tal proposito Vladek Cwalinski, ed è proprio la banalità della periferia Ferrarese il posto perfetto dove fermarsi ad osservare la lentezza e le variazioni della vita che scorre, dove far riposare lo spirito inquieto e frenetico, dove rallentare, annoiarsi e proprio da questa noia far nascere mondi, storie e narrazioni nuove, Eventi accidentali senza plausibili motivi, ma anche Lo strano caso del ragazzo che sapeva volare ne sono l’esempio perfetto.
La tecnica sapiente di Nannini inoltre ne rispecchia la poetica, la stratificazione non è solo metaforica ma anche tecnica, lo stile realistico non soffoca il segno pittorico, non ne nega le tracce che si ravvedono nelle colature, nello svelamento delle preparazioni e nel non finito, rivelando una pittura autentica e che cerca di essere quanto più possibile onesta. Uno sguardo autentico e tenero dunque quello presentato in mostra, che ci sollecita ad allenare i nostri occhi a non andare di corsa, ma a ricercare la bellezza fuori dai canoni tradizionali e a coltivare la fantasia.
