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Pablo La Padula, anatomia di un corpo instabile: la mostra a Napoli
Mostre
Con Anatomia delle Qualità, in mostra al MUSA – Museo Universitario delle Scienze e delle Arti fino al 30 gennaio 2026, Pablo La Padula porta a Napoli un progetto che sembra nascere dal respiro delle collezioni anatomiche del Complesso di Santa Patrizia a Caponapoli. La quinta edizione della biennale d’arte contemporanea diffusa BIENALSUR – di cui già scrivevamo per la tappa romana – trova qui uno dei suoi approdi più coerenti, con la ricerca artistica che si intreccia alla lunga storia della rappresentazione del corpo umano.
La mostra, curata da Diana Wechsler e coprodotta da BIENALSUR, con l’allestimento dall’architetto Raoul Basile, si inserisce in un progetto più ampio che tra Bogotá, Madrid, Milano e Roma, affrontando questioni cruciali come migrazioni, diritti e crisi ambientale. A Napoli questo discorso assume una declinazione ulteriore poiché l’anatomia diventa un campo di forze simboliche in cui identità, memoria e conoscenza scientifica si contaminano. La Padula, la cui formazione include una lunga attività di ricerca presso l’Università di Buenos Aires e l’Istituto Taquíni a Napoli, porta nel suo lavoro una sensibilità che oscilla tra rigore e immaginazione. Le sue opere, già esposte in diverse istituzioni, trovano nel MUSA un contesto che ne moltiplica i significati. Qui il corpo, anziché essere definito, si rivela nel suo carattere più instabile e intrinsecamente relazionale.

Durante la sua residenza napoletana, La Padula (Buenos Aires, 1966), che è nato a Buenos Aires nel 1966 e ha una formazione come biologo, ha osservato preparati patologici, ceroplastiche e reperti rari come le teste ciclopiche, entrando in dialogo con un archivio che appare ancora vivo. Questo confronto ha dato origine a tre lavori site specific, la cui parte centrale è Corpo di fumo (2025), impronta umana su vetro ottenuta con fuoco e fumo: una figura verticale che sembra affiorare da una soglia, come se il corpo si dichiarasse solo per svanire subito dopo. L’opera, ora nella collezione del MUSA, custodisce il paradosso centrale del progetto, ovvero rendere visibile ciò che per natura tende a disperdersi, in un’immagine che suggerisce l’ombra tremula di un corpo galleggiante, fluttuante, eppure visivamente ancorato.

Citando l’artista, «Anatomia delle qualità propone una ricerca relazionale e derivativa sulle diverse materialità della storia dell’anatomia e sui modi efficaci di presentare e fissare il corpo biologico, messo a nudo davanti all’obiettivo dell’oggettività. I nuovi modi estetici sperimentali dell’arte potranno forse fare luce speculativamente su regioni ancora nebulose, dove la scienza potrà poi espandere il proprio raziocinio e la propria capacità esplicativa».

All’interno delle vetrine patologiche trovano posto i dieci fogli vetrati di Visioni di lastre geometriche (2025) che frammentano in dettagli essenziali la tensione tra anatomia e astrazione. Qui il corpo non appare ma è evocato attraverso cerchi, quadrati e triangoli tracciati da fumo e pittura, forme che ricordano la matematica rinascimentale e allo stesso tempo la scardinano, lasciando trasparire la fragilità del vivente dietro ogni tentativo di misura.

A completare il percorso ideale è l’opera intitolata Le specolo de fummo or the Smoke book (2018–2025), che affianca l’installazione centrale e introduce un registro finora inedito, quello dell’atlante immaginario. Con la carta come supporto principale, le pagine, ognuna segnata da impronte evidenziate dalla presenza del fumo che le annerisce e concretizza sui fogli, dialogano con il monumentale Atlante Anatomico (1823) di Paolo Mascagni conservato al MUSA. Ma laddove l’anatomista e professore sistematizzava, La Padula lascia che la materia si espanda, che il gesto sfugga al controllo, costruendo un libro che sembra respirare come un organismo.

Anatomia delle Qualità non dà risposte, piuttosto solleva la domanda di come oggi si guarda al vivere e al vivente, nello specifico. E lo fa attraverso il linguaggio più inafferrabile di tutti, quello del fumo, che aderisce per un istante alla superficie del vetro o della carta, lasciando un segno che è già in procinto di dissolversi in ombra. In quel confine incerto, il corpo umano torna a mostrarsi non come oggetto ma come presenza che sfugge. E che proprio per questo continua e continuerà a interpellarci.














