09 dicembre 2019

Pier Yves Le Duc, Erector Vesevo | Spazio Nea

di

Fino al 3.I.2020
L’artista francese, di adozione napoletana, ritorna negli spazi di Via Costantinopoli con le sue eruzioni segniche tra Eros e Thanatos

Pier Yves Le Duc, Erector Vesevo

«Erector Vesevo» è un’espressione che Pier Yves Le Duc prende in prestito da Leopardi parafrasando il celebre verso dello sterminator Vesevo presente nella poesia La ginestra. La temibile presenza e la forza sterminatrice del Vesuvio di cui ci parla Leopardi è declinata da Le Duc in un’energia prorompente, fortemente erotica, evidenziata da una ripetizione ossessiva del segno.

Il rapporto con Napoli, la formazione e gli esordi

Nato in Francia nel 1964 ma di origini italiane, l’artista ha studiato alla Sorbona, dove ha frequentato corsi di italiano. Laureato nel 1988, nello stesso anno decise di trasferirsi a Napoli con una borsa di studio. Qui Le Duc entrò in contatto con l’ambiente artistico, frequentando i centri culturali e restando fortemente affascinato dalle ricchezze della città. Il suo percorso artistico si è caratterizzato dall’impatto installativo delle sue opere che, cariche di allusioni sessuali, dialogano con lo spazio circostante, conferendogli una nuova struttura.

Nel 1994, in Piazza San Domenico Maggiore il suo Cenacolo si componeva di tredici tele di grande dimensione e raffiguranti ognuna una vagina gigante, poste circolarmente intorno all’obelisco barocco che assumeva la metaforica veste di enorme totem fallico. L’anno seguente, in Piazza del Plebiscito, le sue eruzioni/penetrazioni dell’opera Le nove muse e i nove poeti si scontrarono addirittura con la censura politica. Al 1996 risale l’istallazione I Quaranta ladroni nel sottosuolo napoletano, dove 41 possenti monoliti che raffigurano vagine, vengono disposti a formare un labirinto che assume i toni di una silenziosa processione. La filigrana di uno scheletro si scontrava con la vitale sessualità dei grandi blocchi di pietra creando un sorta di gioco primordiale tra la vita e la morte. Questa dualità tra eros e thanatos si rinnova, qualche anno più tardi, con l’esposizione di Medium (1998) realizzata nella sala del Lazzaretto della Chiesa di S. Maria della Pace.

Pier Yves Le Duc
Pier Yves Le Duc, Erector Vesevo

Un lavoro di sottrazione

Nel 2018 Pier Yves Le Duc affermava: «Devo svelare uno dei motori della mia crescita: procedo per sottrazione. Da un periodo all’altro, tolgo, elimino elementi secondari. Vado verso un’espressione sempre più rarefatta mettendo a fuoco sempre di più il punto principale della mia espressione, tirando fuori piano piano gli elementi essenziali, fino ad arrivare al nocciolo. L’irriducibile, il punto oltre il quale se ci si inoltra, bisognerà arrendersi all’evidenza che la strada è chiusa. E generalmente nell’avvicinarsi a quel punto si delineano altre linee guida, si imboccano altre vie, si intraprendono altre ricerche maturate nel frattempo».

Erector Vesevo

Con Erector Vesevo Le Duc ci riporta all’interno di questa autorappresentazione del segno che si ripete freneticamente in successione o sembra scomparire nella sovrapposizione del colore. L’impatto è forte: si passa dal ritmo frenetico dell’accesso alla mostra, in cui lo spettatore si ritrova al centro di due grandi pannelli, alla calma dei trittici della sala principale. Ci si imbatte subito nella duplicazione del segno-vesuvio, che bisogna anche leggere come rapporto sessuale esplicitamente rappresentato in tutta la sua vigorosa energia, contrapposto all’opera che vi si trova di fronte: una vera e propria scacchiera in cui gli scheletri si alternano a queste eruzioni vitali. La contrapposizione di amore e morte appare evidente, le figure sembrano nate da gesti fulminei, sono il frutto di quella ricerca sul segno che ora esprime però la visione di una drammaticità interiore. Nei trittici, invece, il colore predomina, nasconde il segno che vi è sovrapposto riportando lo spettatore in una situazione rassicurante all’interno di un ambiente dal carattere sacro ed evocativo. In entrambi i casi, come scrive Diego Lama nel testo che accompagna la mostra, ci ritroviamo dinnanzi al nulla: «Un nulla pieno (pieno di ripetizioni differenti o pieno di parti nascoste), un nulla che ribolle di energia, di materia e di antimateria, di bianco e di nero, di vita e di morte».

Ilario D’Amato

Mostra visitata il 29 novembre 2019

 

Dal 29 novembre 2019 al 3 gennaio 2020

Pier Yves Le Duc, Erector Vesevo

Spazio Nea

Via Costantinopoli 53, Napoli

Info: info@spazionea.it

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