27 gennaio 2025

Nei musei degli Stati Uniti non c’è più spazio per diversità e inclusione

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La National Gallery of Art di Washington interrompe i programmi dedicati a diversità, equità e inclusione: il riflesso di un cambiamento politico nelle istituzioni culturali

NGA - National Gallery of Art di Washington

La NGA – National Gallery of Art di Washington ha annunciato la fine delle sue iniziative dedicate alla diversità, equità e inclusione – DEI, adeguandosi a un ordine esecutivo firmato dal neopresidente Donald Trump poche ore dopo il suo insediamento. Il decreto, che prevede l’eliminazione di tutte le iniziative DEI finanziate a livello federale, definendole «Illegali e immorali», ha avuto conseguenze immediate per il museo, che ha chiuso il proprio ufficio per la diversità e posto in congedo retribuito i dipendenti federali impiegati in tali programmi.

Questa decisione segna un cambio di rotta drastico per la NGA, che negli ultimi anni aveva investito ingenti risorse nei programmi DEI. Nel 2021, per esempio, il museo aveva lanciato un piano di rebranding da 820mila dollari per rafforzare il proprio impegno verso diversità e inclusione, culminato con l’assunzione della prima curatrice di arte afroamericana – Kanitra Fletcher – e con una maggiore attenzione a mostre dedicate ad artiste e artisti rappresentativi delle minoranze. Ora, ogni riferimento a tali programmi è stato rimosso dal sito web, sostituito da un generico impegno verso «Accoglienza e accessibilità»

Non è passato inosservato che, pochi giorni prima dell’annuncio, la NGA avesse ospitato il gala del vicepresidente JD Vance, uno degli alleati politici più stretti di Trump, un evento che sembra sottolineare la connessione tra la politica dell’amministrazione e la linea culturale adottata dalla National Gallery.

Lo Smithsonian e la sfida dell’autonomia

L’annuncio della NGA ha acceso i riflettori anche sullo Smithsonian Institution, che sovrintende a 21 musei, tra cui la NPG – National Portrait Gallery e il National Museum of African American History and Culture, inaugurato il 24 settembre 2016, alla presenza di Barack Obama. Tuttavia, lo Smithsonian gode di uno status unico che lo distingue da altre istituzioni finanziate dal governo federale. Creato nel 1846 grazie al lascito dello scienziato inglese James Smithson, lo Smithsonian è un ente fiduciario con autonomia organizzativa e finanziaria. Solo il 53% del suo bilancio deriva da fondi federali, mentre il restante proviene da contributi privati, sovvenzioni e altre attività indipendenti.

Questo particolare assetto finanziario offre allo Smithsonian un margine di manovra maggiore rispetto alla NGA. Sebbene debba conformarsi agli aspetti dell’ordine esecutivo legati ai fondi federali e al personale governativo, le operazioni sostenute da fondi fiduciari potrebbero teoricamente continuare a sostenere iniziative DEI. Al momento, il sito web dello Smithsonian conserva riferimenti a programmi di diversità, equità, accessibilità e inclusione, ma non è chiaro quanto e in che modo verrà esercitata questa autonomia.

Un quadro più ampio: tra autonomia e politiche federali

L’annuncio della NGA riflette una tensione più ampia tra le istituzioni culturali americane e le pressioni politiche. Durante il suo primo mandato, Trump aveva già cercato di ridurre significativamente o cancellare del tutto i finanziamenti per agenzie impegnate nel settore culturale, come il National Endowment for the Arts e il National Endowment for the Humanities, lasciando emergere una visione marginalizzante del ruolo delle arti come strumenti di inclusione e trasformazione sociale.

Nonostante questa politica, proprio la National Portrait Gallery dello Smithsonian ha recentemente aggiunto un ritratto di Trump alla collezione permanente. L’opera, realizzata dal fotografo Pari Dukovic per il Time nel 2019, ritrae Trump nello Studio Ovale e fa parte della mostra Recent Acquisitions. Un secondo ritratto, di Matt McClain, è esposto nella mostra permanente America’s Presidents.

Il ruolo dei musei in un contesto politico ostile

La decisione della NGA pone interrogativi profondi sul futuro delle istituzioni culturali negli Stati Uniti. I musei possono ancora essere agenti di trasformazione sociale e luoghi di narrazioni inclusive, in un contesto politico sempre più polarizzato? Mentre lo Smithsonian, grazie alla sua struttura, potrebbe mantenere una certa indipendenza – pur se riferita a ingerenze non meno pericolose dei privati, come nell’ormai famigerato caso del Sackler Trust e della filantropia tossica – molte altre organizzazioni culturali che dipendono interamente da fondi federali potrebbero essere costrette a seguire la stessa strada della NGA, rinunciando a programmi fondamentali per promuovere diversità e inclusione.

In un periodo di profonde divisioni politiche, il rischio è che le istituzioni culturali si trovino schiacciate tra la necessità di rispettare le direttive governative e la missione di riflettere la complessità e la ricchezza della società contemporanea. La sfida sarà trovare un equilibrio che permetta di mantenere la loro rilevanza sociale e culturale, anche in un clima politico ostile.

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