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Roma, l’Istituto Centrale per la Grafica amplia le collezioni: intervista a Maura Picciau
Musei
Prorogata fino al 18 maggio 2025, la mostra Acquisizioni. Da Parmigianino a Kentridge offre l’occasione per scoprire le opere più recenti entrate a far parte del patrimonio dell’Istituto Centrale per la Grafica di Roma. In un percorso che attraversa oltre cinquecento anni di storia dell’arte, tra disegni, matrici, incisioni, fotografie, video e libri d’artista, la mostra racconta un museo in trasformazione, capace di rinnovare e arricchire le proprie collezioni attraverso modalità di acquisizione eterogenee. Frutto del piano acquisti 2021–2024 del Ministero della Cultura, le nuove opere sono state acquisite tramite fermo all’esportazione, trattative private, bandi pubblici e committenze dirette agli artisti.
Per approfondire il significato di questa operazione culturale abbiamo incontrato Maura Picciau, direttrice dell’Istituto, che ci ha raccontato come Acquisizioni rappresenti non solo un momento di bilancio, ma anche una dichiarazione di intenti sul ruolo che un’istituzione pubblica può e deve avere oggi nella costruzione del patrimonio collettivo.
Questa mostra racconta tre anni di acquisizioni all’Istituto Centrale per la Grafica. Quali sono stati i criteri che hanno guidato la selezione delle opere?
«Uno dei criteri che hanno guidato questa direzione nella selezione delle opere acquisite dall’ICG nell’ultimo triennio – e anche quella del Direttore Mario Scalini che la ha preceduta – è stato quello di arricchire le raccolte già considerevoli e, allo stesso tempo, quello di cercare di andare a colmare alcune lacune storiche delle collezioni, che andavano dallo scorcio del 1800 al primo quarto del ventesimo secolo, come ad esempio le grandi avanguardie di inizio ‘900, Futurismo, Espressionismo e Surrealismo sono poco presenti, visto che si trattava di arte ribelle e che quindi la Calcografia Nazionale seguiva poco, così come sono poco rappresentate le grandi avanguardie italiane degli anni ‘60 e ‘70, ugualmente poco rappresentate poiché l’istituto viene fondato, nella sua forma attuale, nel 1975. Questa è stata la prima scelta. Poi abbiamo acquisito opere di artisti già rappresentati in collezione ma che si trovavano in quel momento sul mercato, ancor di più se si trattava di opere bloccate all’esportazione, oppure per l’arte più vicina nel tempo, sul contemporaneo, abbiamo partecipato a bandi per grandi autori, come ad esempio per il meraviglioso Bozzetto di Kentridge, il Trionfo e i lamenti di Roma o anche per il portfolio di Paul Strand, vinto e comprato grazie ad un concorso di strategia e fotografia del 2023. Ciò che ha guidato la selezione sono state quindi, la qualità, la rarità e il possibile arricchimento delle raccolte già esistenti».

Un’ampia parte della mostra è dedicata ai libri, altro settore delle vaste collezioni dell’Istituto. Penso a Illustration of the book of Job di Willam Blake o a Classifying the Thousand Longest Rivers in the World di Alighiero Boetti e Anne Marie Sauzeau. Ci può raccontare di altre acquisizioni in tema di libri e libri d’artista che arricchiscono la collezione dell’Istituto?
«Il fondo di libri d’artista o meglio di opere in forma di libro che l’ICG conserva, documenta le istanze culturali della seconda metà del Novecento e dell’inizio di questo secolo, rappresentate principalmente dalle raccolte di alcune tra le più importanti stamperie italiane, come quella di Renzo Romero di cui citiamo Croazia Segreta, frutto della proficua collaborazione tra Piero Dorazio e Giuseppe Ungaretti, della stamperia milanese di Giorgio Piglio di cui ricordiamo un preziosissimo esemplare con le tipiche cancellature di Emilio Isgrò e ancora la stamperia di Corrado Albicocco, ancora in attività, presente in Istituto oltre che con i libri esposti d’artista di Piero Pizzi Canella e Nunzio, anche con i libri d’artista a cui hanno partecipato Emilio Vedova, Massimo Cacciari, Jannis Kounellis e Mario Ceroli. In molti casi la forma del libro si declina in forma oggettuale, come nel caso, in mostra, del Libro di Lucio Fontana, per concludersi ad oggi con gli esiti contemporanei, sempre in mostra, di Le Bois Sacré du Couvent de la Tourette di Giuseppe Penone».

Le acquisizioni sono state realizzate grazie al piano acquisti 2021-2024 del Ministero della Cultura. In un contesto in cui il mercato dell’arte è sempre più competitivo, quale significato assume oggi l’investimento pubblico in nuove acquisizioni? Quali sono gli obiettivi e le responsabilità di un’istituzione nel selezionare opere che andranno a far parte del patrimonio nazionale?
«Le acquisizioni che vengono presentate in mostra datano all’ultimo triennio anche se in realtà annualmente il Ministero segue e procede agli acquisti per tutti i musei italiani; l’ICG è stato particolarmente attivo in questo settore, consapevole che l’arricchimento delle raccolte costituisce un tema di dinamica del museo sia al suo interno, in rapporto alla collezione già esistente, sia verso l’esterno, con il pubblico e con gli altri musei con cui può nascere una relazione intorno alle opere d’arte e agli artisti che vengono rappresentati.
In un mercato sempre più competitivo, ciò che deve distinguere le scelte di un museo – così come quelle di un ministero che le approva, sovvenziona e sostiene – devono essere guidate dalla qualità e anche dalla volontà di scrivere nuove pagine di storia che, tengano conto della raccolta già esistente e della narrazione storica che questa fa ed eventualmente anche del cercare di colmare lacune storiche che ci possono essere in una raccolta.
L’obiettivo di un museo, nel selezionare opere destinate a entrare nel patrimonio nazionale – sia attraverso il blocco all’esportazione, acquisti da privati, galleristi e collezionisti, o tramite bandi pubblici – è quello di creare un dialogo con la raccolta già presente. Nel caso dell’ICG, che vanta una collezione di quasi 250.000 opere, la sfida non è solo arricchire il patrimonio, ma anche individuare opere capaci di entrare in dialogo con la raccolta esistente e offrire nuove prospettive per una lettura innovativa dell’insieme».

La mostra apre le celebrazioni per il cinquantesimo anniversario dell’Istituto Centrale per la Grafica. Quali obiettivi vi siete posti per il futuro dell’Istituto e come intendete proseguire nel percorso di ampliamento e valorizzazione della collezione?
«La mostra Acquisizioni da Parmigianino a Kentridge apre le celebrazioni del nostro cinquantenario. Tra gli obiettivi che ci siamo assegnati c’è quello di un maggior avvicinamento al pubblico, di estendere relazioni e accordi con analoghe istituzioni estere e un crescente lavoro di didattica verso le scuole e le università, che accogliamo sempre più numerose. L’intento è quello di far conoscere quello che è certamente un museo originale nel panorama nazionale
Il nostro pubblico è di nicchia, come tutta la produzione grafica. La grafica è costituita da materiale fragile e quindi non viene presentato al pubblico in modo periodico, ma necessita di lunghi riposi tra un’esposizione e l’altra, per questo la mostra Acquisizioni è importante da vedere: offre la possibilità di vedere alcuni oggetti d’arte molto preziosi che dovranno riposare a lungo prima che possano essere di nuovo mostrati al pubblico».

Oltre alle acquisizioni, quali sono le principali sfide che un’istituzione come l’ICG deve affrontare oggi nel rapporto con il pubblico e il sistema dell’arte?
«Tra le maggior sfide che l’ICG deve considerare e affrontare nella contemporaneità certamente c’è quello di ampliare il proprio pubblico. Siamo circondati a Roma da grandi musei celebri, che riescono a intercettare con maggiore facilità il grande pubblico, compreso quello turistico, grazie alla presenza costante delle loro opere in esposizione. A differenza di questi, l’ICG deve fare i conti con la natura fragile delle sue collezioni, che non possono essere esposte in modo permanente.
Per questo motivo, stiamo studiando con grande attenzione nuove strategie per rendere le nostre immense raccolte più accessibili. Sul web, ad esempio, abbiamo registrato un notevole incremento di interesse, grazie al progressivo riversamento in digitale di molte opere, rendendole fruibili online in modo dinamico e, in alcuni casi, persino divertente. Inoltre, stiamo sviluppando soluzioni innovative per presentare le nostre collezioni anche fisicamente, ad esempio sfruttando le cinque vetrine su Via della Stamperia – un tempo vetrine del negozio delle immagini dei Papi – come spazi espositivi dinamici, in cui riprodurre opere che altrimenti resterebbero inaccessibili al pubblico.
L’ICG è un Istituto antico, nel senso più elegante del termine, perché ha una lunghissima storia, che è quella della Calcografia Camerale, e ancora oggi mantiene vivo questo straordinario patrimonio, con i suoi torchi storici ancora funzionanti. Ma è anche un museo attivo e propositivo, che può fare committenza e dare produzione a nome nostro agli artisti contemporanei».
