27 agosto 2022

I giorni e la musica del Chigiana International Festival and Summer Academy, a Siena

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Il "Chigiana International Festival and Summer Academy" e l'omaggio a Luigi Nono, un vero e proprio festival nel festival, diretto dal compositore Nicola Sani

Prometeo, Archivio Luigi Nono Venezia © Eredi Luigi Nono per gentile concessione

Nel 1995, in occasione di un incontro privato, Claudio Abbado, che ne era grande interprete e amico, definisce Luigi Nono, allora scomparso da cinque anni, un “classico”. Ad oltre trent’anni dalla morte si stenta ancora ad associare quel termine al nome del maestro veneziano. Tante le ragioni, nel mutar dei tempi e d’una personale evoluzione di un autore la cui, come si dice, “storicizzazione”, cara in particolare agli ansiosi dell’archiviare, risulta tuttora disagevole. Lungimirante, coraggioso Abbado, allora, ma oggi, in un cesto senso, anche Nicola Sani, compositore la cui poetica non è estranea a quella noniana, e a sua volta esperto e raffinato organizzatore musicale, dal 2015 direttore artistico dell’Accademia Chigiana di Siena. Ci vuol coraggio, infatti, in questi tempi di ricerca forsennata di un consenso del pubblico attraverso l’easy listening, a collocare nel programma del “Chigiana International Festival and Summer Academy”, di cui Sani è mente pensante, ben 13 lavori di Nono, un vero e proprio festival nel festival, che proprio con questo autore aveva inaugurato il 5 luglio: No hay caminos, hay que caminar… Andrej Tarkovskij. Ad essa son seguite pietre miliari come i Fragmente-Stille, An Diotima per quartetto d’archi, i contributi consegnati al nastro magnetico Omaggio a Vedova, La fabbrica illuminata, Ricorda cosa ti hanno fatto in Auschwitz, pagine vocali, corali e strumentali. Il tutto corredato da incontri e da una mostra digitale in collaborazione con la Fondazione Archivio Luigi Nono. Ben s’attaglia alla musica di Nono il titolo dell’intero Festival, che chiude il 3 settembre, From Silence: il suono che riparte da un tragico silenzio, quello imposto dai confinamenti. “Uscire dal silenzio significa conservarne le radici” scrive ancora Sani.

Da sinistra: Alvise Vidolin, Luigi Nono, Hans Peter Haller (di spalle) al Palazzetto dello Sport di Venezia durante le prove musicali di Io, frammento da Prometeo di Luigi Nono. Festival Internazionale di Musica Contemporanea della Biennale di Venezia, prima esecuzione assoluta, 24 settembre 1981. Foto di © Graziano Arici

Coerente con l’assunto, l’impaginato dell’ultimo dei quattro concerti intorno a Nono (anche qui intestazione suggestiva: “Un silenzio inquieto”, parafrasando proprio un titolo del compositore), cui s’è assistito il 31 luglio scorso nella senese Chiesa di S. Agostino, e che si fissa nella memoria come momento esemplare per scelta di programma e insieme preziosa occasione d’ascolto. Ecco allora che, quasi una tautologia, il Silence da cui risorgere idealmente viene identificato nei celebri 4’33” di John Cage, qui riproposti in un’ironica versione “elettrica”. E “dal silenzio” sorge l’alba dell’ultima fatica pianistica di Robert Schumann, i quattro visionari Gesänge der Frühe (Canti del mattino) op. 133, pagina di rara esecuzione e di ancor più rara bellezza. Dal 1853 dei Canti schumanniani al 1977 di … Sofferte onde serene… di Nono, pagina che vive nello stretto rapporto fra suono eseguito in concerto e suono registrato su nastro, entrambi modellati sulle e per le mani del pianista Maurizio Pollini.

Marco Stroppa

Questa consentaneità fra le due tipologie sonore ne rendeva felice l’accostamento al successivo (1982/84) Traiettoria di Marco Stroppa, per pianoforte e suoni generati da computer. Pagina grazie alla quale il compositore veronese, classe ’59, s’era imposto giovanissimo all’attenzione, e sulla quale ha continuato a lavorare fino alla versione definitiva nella sua integralità tripartita (Traiettoria…deviata/Dialoghi/Contrasti) ascoltata a Siena, e apprezzata anche grazie alla splendida acustica del luogo. Brano ormai entrato nel repertorio, che a suo tempo rivelò a chi scrive la fascinazione che nasce dal reciproco nutrimento fra suono acustico e suono elaborato in tempo differito e processato in tempo reale, dunque amplificato, spazializzato, ulteriormente trasformato. E con ciò senza permettere che l’aspetto tecnologico primeggi sul respiro musicale, anzi creando, come del resto avviene nel brano di Nono, una vera e propria drammaturgia sonora, in sé compiuta. Il giovane pianista Anton Gerzenberg è stato eccellente co-protagonista del magnifico rito d’ascolto, riuscendo con sapienza e assoluto controllo esecutivo a creare sottili legami fra l’attualissimo passato di Schumann e la (quasi) contemporaneità di Nono e Stroppa. Il quale, mossosi da Parigi dove opera, ha presentato il suo lavoro, applaudito insieme con Gerzenberg e gli imprescindibili interpreti del “live electronics” e della regia del suono, anzitutto Alvise Vidolin, già collaboratore dello stesso Nono e decano dei maestri di composizione elettronica, e Nicola Bernardini, entrambi coadiuvati da Julian Scordato.

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