08 aprile 2023

Printemps des Arts. Il racconto del festival della musica di Montecarlo

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48 ore al festival della musica Printemps des Arts di Montecarlo, tra una fitta programmazione, luoghi inaspettati, contaminazioni curiose e autori internazionali

Peter Laul, Jean-Yves Clément, Svetlana Ustinova, Galerie Hauser & Wirth © Alice Blangero

Festival Printemps des Arts, Montecarlo. Confermando la ciclicità del suo motto “Ma fin est mon commencement”, al secondo anno di direzione artistica, Bruno Mantovani sottolinea l’ampiezza tematica del cartellone, giocando a immaginare soluzioni paradossali, «L’anno prossimo –  dice – potrei proporre solo concerti Jazz, oppure fare un programma di sola poesia! In fondo è un festival non solo di musica, ma di tutte le arti». E nei due giorni di mia presenza, in effetti la varietà non è mancata, fra incrocio, appunto, tra poesia e musica, ossia tra i versi di Anna Achmatova recitati in russo (Svetlana Ustinova) e francese (Jean-Yves Clément) e il pianismo vertiginoso di Alexander Scriabin (integrale delle Sonate), elettricamente profilato dal virtuoso Peter Laul – non la prevista Varduhi Yeritsyan, il cui nome è rimasto impigliato nel programma generale cartaceo – ma anche il ritratto di uno dei maestri prebachiani per tastiera, Johann Jakob Fröberger, accostato al contemporaneo Christophe Maudot nelle mani del clavicembalista Jori Vinikour.

Un concerto scriabiniano tenutosi nella sede monegasca della galleria zurighese Hauser & Wirth, in un enorme cubo sotterraneo la cui acustica non ideale per il solo pianoforte, s’è fatta perdonare per l’originalità della location, in un’ottica di distribuzione degli spazi d’ascolto che rientra nelle scelte artistiche di Mantovani, pienamente condivisibili. D’altro canto l’incontro con le opere esposte al piano d’ingresso (dalla Bourgeois a Guston, da Morellet e Chillida a una deliziosa tempera su carta di Melotti) faceva da contrappunto alle opere in mostra presenti nel citato cubo, non a caso della nordamericana iperrealista Amy Sherald. Come è nordamericano Robert Guinan, i cui lavori sono impaginati nel volumetto del festival, e testimoniano un “male-di-vivere” in salsa Stars&Stripes già dipinto nelle tele di Hopper.

Tematica ricorrente, quella della musica nordamericana, alla Printemps monegasca, che nel 2018 aveva omaggiato autori come Ives e Feldman. Ora, in particolare, i rapporti franco-americani, con la presenza della compositrice al centro del concerto con la BBC Symphony Orchestra. In realtà Betsy Jolas doveva esserci di persona, ma gli scioperi delle ferrovie l’han lasciata a casa. 97 anni il 5 agosto prossimo, parigina di nascita, Jolas s’è formata prima negli Stati Uniti poi proprio a Parigi con Milhaud e Messiaen, avendo come compagno di viaggio artistico un certo Pierre Boulez. Tuttavia di bouleziano Jolas ha avuto sempre poco, specie nella sua più recente “primavera” creativa, nata da una quindicina d’anni e segnata da una singolare, assai interessante rivisitazione del “pregresso” musicale.

È ciò che ben risulta da bTunes per pianoforte e orchestra, del 2021, doppia commissione (BBC/Radio France) che dopo i Proms londinesi s’è data a Monaco come première francese. Frammenti di memoria sonora centrifugati in un immaginario teatrino musicale privato – il b di Betsy nel titolo del lavoro va a sostituire la i di iTunes – sono proposti in modo volutamente episodico, giocando a rimpiattino con una rapsodicità che frantuma la forma. Fatta salva la non imprescindibile gag iniziale del pianista che corre alla tastiera e ne sbatte il coperchio, il brano trova il suo perché e sin una certa seduzione nel gioco di rimandi del pianoforte a lacerti ritmo-fraseologici, non per forza vissuti in ottica citazionista, e soprattutto in suggestivi riverberi timbrici del solista, per l’occasione l’abile Nicholas Hodges.

Grande scuola direttoriale finnica nel gesto sicuro di Eva Ollikainen, che aveva aperto il programma con la giovanile Prima Sinfonia di Samuel Barber, per chiudere con il connazionale Sibelius (En Saga e Settima Sinfonia) un programma raffinato nell’impaginato, per i rimandi che nasconde e la piacevolezza degli ascolti. Tornando a Betsy Jolas, un’inventiva, la sua, che piace moltissimo ritrovare anni dopo un altro “super”, sia come anziano che come musicista, Elliott Carter, ancora uno statunitense doc profondamente legato all’Europa, scomparso alla tenera età di 104 anni e a quell’età capace di comporre un magnifico Dialogues II per pianoforte e orchestra da camera. E dunque…Amusez-vous bien, chère Madame Betsy!

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