08 giugno 2005

decibel_culto Intervista a Rob Brown / Autechre

 
Con l'ultimo disco, il duo di Sheffield si conferma capace di un costante rinnovamento sonoro, sempre in bilico tra sperimentazione timbrica e tessiture ritmiche in continuo movimento. Abbiamo intervistato Rob Brown prima dell’esibizione romana...

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Il vostro ultimo lavoro “Untitled” sembra più immediato dei due precedenti lavori “Draft 7.30” e “Confield”. Questo risultato dipende dall’uso di nuovi software o è un nuovo modo di usare le stesse apparecchiature?
Suppongo il secondo. Il nostro studio continua ad evolversi con nuova strumentazione oppure usando apparecchiature old fashioned che non potevamo permetterci quando eravamo più giovani. Il nuovo album è soltanto una combinazione delle cose migliori che riusciamo a tirar fuori dai nostri strumenti senza nessuna enfasi particolare su un metodo o un altro. Penso che da quando abbiamo iniziato, cerchiamo di usare ogni tipo di strumentazione al suo meglio oppure di usare proprietà latenti alle apparecchiature che non erano state ideate per essere usate ottenendo ottimi risultati. Probabilmente questo è sempre stato il metodo usato per tutti i dischi, compreso questo. Untilted è stato suonato row by row [letteralmente riga per riga, riferendosi agli step di un sequencer (n.d.r.)], con ogni singola nota al posto giusto, anche se abbiamo usato qualche software per alterare i file audio più tardi, ma questo non è niente di nuovo per noi.

Come scegliete la musica da inserire in un nuovo disco? Voglio dire, lavorate prima partendo da un’idea e tentando di realizzarla o semplicemente registrate quello che esce suonando ogni giorno?
Per certi versi è come avere un barometro negativo in quanto prima suoniamo e poi scegliamo quello che riteniamo migliore, non includendo quello che suona come già sentito. Questo è leggermente diverso dal partire sapendo già cosa vorrai fare in seguito e ti da comunque dei parametri attraverso i quali muoverti. Alla fine tutto si riduce tutto al tuo gusto e a quello che hai a disposizione sul momento. Magari possiamo provare a fare qualcosa di nuovo su un vecchio equipaggiamento o tentiamo di far funzionare meglio il nostro studio integrando strumenti che prima non riuscivamo ad usare come volevamo.

Questo metodo funziona davvero, perché ti porta in un territorio che non eri riuscito a raggiungere precedentemente continuando ad usare gli strumenti che conosci molto bene. Quindi il risultato è che trovi sempre più cose nelle stesse macchine. Questa è la maniera in cui la maggioranza delle tracce si sviluppano o iniziano. Potresti partire da un’idea e poi vedere come questa si sviluppa da sola. Usiamo il nostro gusto per delimitare ciò che possiede delle qualità da ciò che non le possiede.

Tra i nomi che componevano la cosiddetta scena IDM, voi avete continuato ad introdurre nuovi elementi nelle vostre trame musicali mentre altri hanno fermato la loro sperimentazione preferendole un suono più definito…
Capisco quello che dici ma non sono molto d’accordo. Non credo che noi abbiamo seguito una via così definita. Tu hai supposto che determinati artisti hanno trovato la loro identità e seguono quella con un atteggiamento lineare. Penso che noi non proviamo a reinventare noi stessi ma semplicemente a fare ciò che ancora non c’è la fuori. C’è qualcosa dentro di noi che fa in modo che il nostro gusto definisca qualcosa di nuovo. Alcune delle cose che produciamo non sono poi una novità per nessuno. Forse in un senso più lato la nostra musica incorpora ciò che abbiamo sempre amato nella musica degli altri. È una sorta di strano filtro del modo in cui siamo cresciuti che è molto difficile da definire in parole.

Una mia amica è impazzita completamente guardando il video di “Gantz Graf”. Pensate che l’animazione in 3D sia il modo migliore per tradurre in immagini la vostra musica?
Non so, mi piace molto quello che Alex Rutherford ha fatto… Lo stimo molto, adoro il suo temperamento visivo, è molto “solido” e probabilmente faremo anche altre cose con lui. Il problema diventa che, le nostre grafiche, che ci inventiamo da soli, dopo un po’ ci annoiano quando siamo in compagnia di persone come lui che fanno della grafica veramente buona per vivere. Va a finire che elimini del tutto quell’aspetto, e infatti di recente c’è stata solamente musica…

Quali sono i vostri rapporti con la Warp e le sue proposte attuali?

Abbiamo sempre avuto un gran rispetto per la Warp. Quando li abbiamo contattati per la prima volta era grazie al suggerimento di un amico. Lui ci ha implorato di contattarli e a noi piaceva molto quello che producevano, sia a livello musicale che a livello estetico, come il design degli artwork e le parole che usavano sui dischi, piuttosto semplici ma rivelatrici di una grande apertura mentale. Sembrava una buona etichetta con cui lavorare. Abbiamo passato circa due anni a mandargli nastri finche loro non hanno deciso di pubblicare un nostro album. Tutto quel materiale è poi diventato Incunabula e da allora abbiamo avuto un bellissimo rapporto. Loro non dicono mai cosa fare ma offrono sempre una opinione sincera quando gli chiedi cosa pensano. Sono sempre stati molto diversificati a livello di proposte musicali. Penso che ora siano una fetta abbastanza grande dell’industria musicale. Questo gli consente di avere numerosi artisti di moda oggi, non includendo artisti del passato ed è un peccato… ci sono stati un sacco di buoni artisti sulla Warp che ora non ci sono più. Comunque con loro i rapporti sono buoni perché sono dei ragazzi onesti che lavorano sodo.

Un ringraziamento speciale ad Alexia Mazza e Eleonora Trani

bio.
Nome storico della scena elettronica inglese, gli Autechre di Sean Booth e Rob Brown sono attivi dal 1991. Amici fin dall’adolescenza, i due condividono la passione per la musica e per i divertimenti tecnologici, giocando a manipolare i dischi con le macchine e creando curiosi “mixtape” che diventano via via più elaborati. Scoperti dalla Warp con la compilation Artificial Intelligence, hanno all’attivo nove album e numerosi Ep in cui hanno esplorato tutte le declinazioni possibili della musica, dall’ambient all’industrial mantenendo costante la loro passione per e sonorità electro ed hip hop. Attivi anche sul fronte dei remix, hanno regalato nuovi suoni a Coil, Tortoise, The Hafler Trio e numerosi altri artisti.

discografia consigliata
1993 Incunabula, Warp
1994 Amber, Warp
1995 Tri Repetae++, Warp
1997 Chiastic Slide, Warp
2001 Confield, Warp
2002 Gantz Graf Ep
2005 Untilted

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emiliano barbieri

decibel – Sound Art e musica elettronica è un progetto editoriale a cura di marco altavilla

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