22 ottobre 2019

Francesco Bosso alla Galleria delle Stelline, Milano

di

Nella mostra "Primitive Elements", a cura di Filippo Maggia, oltre 40 scatti realizzati da Bosso negli ultimi 15 anni di ricerca fotografica nelle zone incontaminate del pianeta

Francesco Bosso, Milano
Francesco Bosso, Diamond #10, 2015, Greenland, Courtesy: Photo & Contemporary

A Milano, negli spazi della Galleria delle Stelline, CREVAL presenta oggi, 22 ottobre, la personale di Francesco Bosso (1959, Barletta) “Primitive Elements”, a cura di Filippo Maggia.

«Con una selezione di oltre quaranta fotografie di medio e grande formato e un video documentario con un’intervista a Bosso, “Primitive Elements propone una sintesi della sua ricerca fotografica condotta negli ultimi quindici anni in zone del mondo ancora incontaminate, pure e primitive come appaiono ai nostri occhi», ha spiegato l’organizzazione.

«Il 2019 sarà ricordato come l’anno in cui il cambiamento climatico è divenuto un’emergenza globale […], registrando una serie di record negativi il cui impatto sul pianeta ha provocato e continuerà a provocare “fenomeni di frequenza e intensità mai visti nella storia umana e con essi sofferenze, perdita di vite, sconvolgimento degli ecosistemi e della ricchezza di biodiversità che sostengono la nostra vita” (fonte WWF). A partire da queste considerazioni, – si legge nel comunicato stampa – “Primitive Elements” propone un percorso di conoscenza tra scenari e paesaggi naturali fatti di ghiacciai, scogliere, oceani, isole vergini, foreste pluviali: ritratti di una terra ideale, luogo incontaminato ormai in via di sparizione che non siamo in grado di lasciare in eredità alle generazioni future. La scelta delle foto in mostra vuole stimolare nel pubblico la consapevolezza, sempre più urgente, della necessità di tutelare l’ambiente e di promuovere con convinzione un cambiamento culturale che affondi le sue radici nell’uso responsabile delle risorse naturali e in particolare dell’acqua, elemento centrale del paesaggio naturale e antropico su cui Bosso ha lavorato intensamente realizzando immagini in tutto il mondo. Particolarmente significativi, in questo senso, gli scatti realizzati dall’autore in ambiente Artico, dove il riscaldamento globale sta facendo sentire i suoi effetti in modo drammatico, a testimonianza dello stato di emergenza a cui siamo giunti».

Abbiamo posto alcune domande a Francesco Bosso sulla sua ricerca e sulla mostra a Milano.

Come è nata la mostra “Primitive Elements”
«Le opere selezionate per l’esposizione “Primitive Elements” a Milano sono state realizzate nell’ultimo decennio e sono una raccolta sintetica del mio pensiero, maturato nel corso degli anni e in costante tensione tra profondità analitica, creazione e spirito riduzionista. Il mio è un lavoro di ossessiva sottrazione, riducendo le scene ai minimi termini, perché il superfluo diventa caos, confusione,  sovvertendo quindi il contesto contemporaneo che va in tutt’altra direzione. In questa sorta di deliberato integralismo concettuale e creativo, mi dedico a sviluppare una serie di interessi tematici che mettono in luce questioni di carattere sociale, ambientale, etc. chiamando in causa i simboli più “puri” in Natura, presentandoli in una veste rinnovata, sottoponendoli a un processo di distillazione».

Lei lavora esclusivamente in analogico e con il bianco e nero. Da dove nascono queste scelte? 
«Per me la scelta di un metodo di lavoro, per la realizzazione di un’opera fotografica analogica, poco convenzionale oltreché poco in linea con la velocità di riproduzione tecnica delle immagini digitali, si allontana dalla materialità “cartacea” nel  tentativo  di restituire una figura “unica e irripetibile”, ogni riproduzione non sarà mai uguale alla precedente. In camera oscura le conoscenze tecniche sono necessarie, ma per me rappresenta il luogo dove tecnica e riflessioni si intrecciano lentamente. In realtà l’aspetto tecnico è una routine funzionale alla sperimentazione che applico durante lo studio di ogni opera. Ho avuto la fortuna di studiare, la fotografia analogica, ai massimi livelli della scuola americana, successivamente ho sviluppato e messo a punto una tecnica personale. Considero il colore una distrazione per i miei lavori, non è necessario, al contrario le sfumature del bianconero mi consentono di fondere le atmosfere in una miscela espressiva ineguagliabile».

Nel sito ufficiale Lei è definito “globetrotter”. Quale legame si instaura tra il fotografo e “il paesaggio” dopo tanti anni trascorsi a percorrerlo in varie parti del mondo e a darne molteplici interpretazioni attraverso la fotografia? Come è cambiato negli anni il Suo modo di leggere il paesaggio? 
«Mentre ancora conducevo le mie ricerche etnografiche, a seguito di un lungo viaggio negli USA, ebbi modo di incontrare Kim Weston nipote e allievo del grande Edward, fu questa circostanza ad aprire una vera e propria “porta di riflessività” su quella che poi sarebbe diventata la mia vocazione fotografica.  Il paesaggio naturale divenne così il centro delle mie riflessioni, dei miei studi sugli effetti della luce, sviluppai un approccio profondo con il mezzo fotografico ed un controllo totale del processo.
Tutto parte dal rispetto e dall’amore che nutro nei confronti dell’Ambiente.
Le bellezze della Natura nelle sue espressioni migliori sono al centro della mia ricerca fotografica, da sempre coltivo e promuovo la cultura della conservazione, cercando con il mio modesto contributo di stimolare l’osservatore in questa direzione.  I miei progetti hanno un filo conduttore legato alla Natura, il desiderio di rappresentarla nelle sue espressioni migliori e più suggestive è la molla che sta alla base delle scelte, poi di volta in volta si crea un rapporto intimo con il luogo, allora mi lascio affascinare da argomenti più specifici come le foreste, i ghiacciai o i mari.
Tutto questo nel corso degli anni ha avuto coinvolgimenti importanti, che hanno poi generato la nascita dei miei progetti, come nel caso degli Iceberg di “Last Diamonds”, dove ho sentito la necessità di richiamare l’attenzione dell’osservatore sul problema della fusione dei ghiacciai, o come nel progetto “Waterheaven”, ricordare visivamente l’importanza dell’elemento Acqua, l’energia, la forza come pure la quiete di questo prezioso elemento, matrice di Vita».

A quali progetti fotografici sta lavorando in questo momento? Quali saranno i prossimi progetti espositivi?
«Questa mostra continuerà a girare in Europa ed in estremo Oriente, mentre in cantiere c’è un importante progetto che documenterà e interpreterà grandi coinvolgimenti, ma al momento è prematuro parlarne».

Francesco Bosso
Primitive Elements
A cura di Filippo Maggia
Dal 22 ottobre al 14 dicembre 2019
Galleria delle Stelline
Corso Magenta 59, Milano
Opening:
22 ottobre 2019, ore 19
Orari: dal martedì al venerdì dalle 14.00 alle 19.00, sabato dalle 10.00 alle 12.00 (chiuso domenica e lunedì; 1 novembre e 7 dicembre)
www.creval.it, galleriearte@creval.it

 

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