06 giugno 2017

La vita a Palmira secondo Medhat Shafik

 
La città-simbolo della furia dell'ISIS e dell'incontro tra Oriente e Occidente in scena alla GAM di Verona, con un progetto site specific dell'artista egiziano

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Ne abbiamo parlato decine di volte, in questi ultimi mesi: Palmira, la città “sposa del deserto”, sulle cui spoglie si sono accaniti i miliziani dell’ISIS, che l’hanno attaccata ripetutamente, calpestata, brutalizzata. Palmira che da sposa si è vista così trasformata in vedova di se stessa, oggi in attesa di un possibile riscatto, con l’aiuto da parte di quelle task force per la tutela dei Beni Culturali che sono nate dall’organizzazione congiunta delle forze dell’Unesco, capitanate anche dal nostro Ministro Dario Franceschini. Palmira il cui celebre Arco abbiamo visto riproposto in varie piazze occidentali, da New York a Firenze, e ora Palmira – titolo del progetto – entra in un museo, anzi, in tre spazi espositivi, grazie all’omaggio che ne dà l’artista Medhat Shafik.
Leone d’Oro alla Biennale di Venezia nel 1995, Shafik è nato nel 1956 a El Badari, in Egitto. Espressionista e spirituale, la sua idea di opera d’arte contiene quell’aspetto “vivo” di cui fa parte la narrazione del se, della memoria, dei temi dell’umanità. Della tolleranza e della comprensione. 
E così, da oggi e fino al 30 settembre, un’installazione site specific dedicata alla città siriana simbolo dei danni causati dal fondamentalismo islamico sarà in scena, come parte del progetto “Prima pAReTe”, a cura di Patrizia Nuzzo – responsabile della direzione artistica della Galleria d’Arte Moderna di Verona – proprio alla GAM Achille Forti.
Il messaggio? Mettere “in prima pagina”, gli artisti contemporanei le cui opere sono parte della collezione dell’istituzione, con un focus particolare sull’arte di oggi. 
E quale arte, oggi, è più vicina a noi se non quella che ci parla in maniera poetica del nostro disgraziato presente? E la poesia, attenzione, non è segno di debolezza. Lo avremmo dovuto scoprire alla Biennale di Venezia, ma tutto – come abbiamo visto – è rimasto un po’ appannato. Eppure si tratta della condizione più necessaria, qui ed ora. 
E allora ben venga il resoconto di “spoglie” e assemblaggi di Shafik, in collaborazione con la Galleria Marcorossi artecontemporanea che presenterà le opere anche a Pietrasanta, oltre che nella sede milanese. (MB)

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