22 maggio 2017

Sottese attese

 
In mostra a Milano, a Quintocortile, le opere fotografiche di Enrico Cattaneo, Luigi Cipparrone, Ugo Locatelli e Mavi Ferrando

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L’Opening di oggi ci conduce dritti a un indirizzo famoso, per alcuni forse addirittura famigerato, di Milano, quello di viale Bligny, al civico 42. Trovarlo non è difficile. Percorrendo il marciapiede della via, a un certo punto, qualcosa cambia all’improvviso. Se ne può accorgere anche il pedone più distratto. E per settantotto passi comodi si comincia a costeggiare un mondo parallelo, “dove non ci sono più i bocconiani – si stigmatizza sul sito associazionebligny42.it – dell’angolo precedente, i palazzi borghesi dell’altro lato della strada, i pub latino americani alla moda”. Siamo a un tiro di schioppo dal centro ma qui, al palazzo di viale Bligny 42, le case arrivano a costare anche sei volte meno rispetto ai plessi circostanti. Qui studenti, anziani, famiglie, operai e precari convivono, o almeno ci provano, con il carovita. Così come qui il degrado convive con l’arte. In questa enclave urbana risiedono, infatti, anche diverse realtà culturali, tra le quali la galleria d’arte Quintocortile. È un’associazione senza fini di lucro che si occupa prevalentemente di arte contemporanea, ma non mancano escursioni verso poesia, cabaret, performances, convegni e attività di gruppo. 
All’interno dei suoi spazi oggi, alle 18, si inaugura una mostra di opere fotografiche che mette a confronto quattro autori, Enrico Cattaneo (in alto un suo lavoro), Luigi Cipparrone (in homepage), Ugo Locatelli e Mavi Ferrando, tutti molto diversi tra loro. Se, pertanto, non è un’affinità elettiva fatta di esperienze comuni e di soluzioni estetiche condivise, l’interrogativo sul comune denominatore che li ha radunati al Quintocortile di viale Bligny 42 persiste. E, purtroppo, una risposta non è dietro l’angolo. Certamente non la possiamo fornire noi in questa anticipazione. Perché la scelta dei curatori costringe tutti a recarsi sul posto e a scoprire, con la prudenza e l’acume di un investigatore d’esperienza, il legame sottile che lega il manipolo di artisti convocato. “Una sfida? Forse. – scrive Roberto Mutti nel catalogo dell’esposizione – E proprio per questo ancora più intrigante. Quando si propone una mostra si lascia libero chi entra di osservare, di farsi un’idea e concludere con un giudizio dopo aver girato liberamente secondo i suoi gusti e le sue intuizioni. Qui suggeriamo, invece, di non farlo e di passare da un percorso per così dire lineare a uno centripeto: per chi si fida (perché no…) sarà un viaggio che si soffermerà dapprima su ognuno degli autori per cogliere poi l’ideale punto, posto al centro della sala, in cui convergono le idee scoprendo così il loro autentico significato”. “Sottese attese”, è il nome indovinato scelto per questo progetto. E, con questi presupposti, non ci stupiremmo neanche di trovarlo come titolo in copertina al prossimo romanzo giallo, dalle consuete trame geometriche, di Donato Carrisi. (CBS)

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