20 novembre 2002

E’ morto Luigi Serravalli

 
Se n'è andato 88enne a Rovereto un grande intellettuale non legato né a un tempo né a un luogo. Critico d’arte e di cinema, era anche scrittore e grande viaggiatore. Negli anni '50 portò a Merano Pollock e negli anni '90 entrò nel comitato scientifico del Mart. Che presto aprirà la sua nuova sede, anche grazie a lui...

di

Nacque a Bologna all’inizio del secolo scorso. Si laureò in filosofia dopo essersi appassionato a questa materia grazie al suo professore di liceo, Galvano Della Volpe, che gli insegnò anche un modo aperto, curioso e mai sazio di guardare al mondo e gli trasmise l’interesse per l’arte e per il cinema. Malato d’asma, negli anni Cinquanta si trasferì in mezzo all’aria buona dei monti del Trentino Alto-Adige. Divenne questo il suo punto fisso tra gli innumerevoli viaggi che freneticamente lo portavano ovunque, lui, che aveva ereditato lo spirito nomade dalla madre, giostraia di Dusseldorf. Fu a Merano, dove viveva, che portò Jackson Pollock, Max Ernst e Renato Guttuso e che conobbe Edzra Pound. E fu amico anche di Peggy Guggeheim, di Quasimodo, di Ungaretti e di Hemingway. Ma Serravalli non fu un intellettuale legato a un momento storico, non fu mai un nostalgico che portava avanti il baluardo dei bei tempi andati. Se non smise mai di muoversi, non smise per un istante neanche di pensare, aperto a tutto quello che era nuovo. Non perse mai un’edizione del Festival di Cannes o della Biennale Luigi Serravallidi Venezia, dove era conosciuto e si sentiva sempre a suo agio. La sua passione per il cinema lo legò anche alla videoarte, che seguì con fresca attenzione fin nei più recenti sviluppi. Negli anni Novanta entrò a far parte del comitato scientifico del Mart, il Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto. Quest’ultimo tra meno di un mese aprirà la nuova prestigiosa sede di Rovereto anche grazie a lui, e oltre che per la sua presenza istituzionale, soprattutto per la cultura che ha letteralmente portato in Trentino. Tutto quello che conosceva e che vedeva fuori trovava infatti forma e forza nelle sue recensioni e nei suoi testi critici. Continuò fino alla fine anche a scrivere, con la sua macchina, velocemente, le dita ormai magre, ma ancora svelte come i pensieri. Per questo non si tirò indietro quando qualche mese fa la redazione di “Work. Art in progress”, rivista della Galleria Civica di Arte Contemporanea di Trento, gli chiese di collaborare: lui mandò le sue pagine dattiloscritte e corrette a penna, pulsanti di tutta la vitalità che ancora si muoveva in quel corpo non più capace di portarlo lontano. Proprio in questi ultimi mesi ci ha lasciato anche Superotto, una sorta di libro d’artista impreziosito dalle stampe del suo amico Lome e dedicato ai suoi ottant’otto anni, che ora appare quasi come un saluto, ironico proprio come sapeva essere sempre lui.

mariella rossi

[exibart]

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui