09 luglio 2019

L’intervista / Salvatore Arancio

 
IO, JORN E BERTO
Una mostra-omaggio, in ceramica e in negativo, nella casa ligure che fu dell’artista danese

di

Ad Albissola Marina (Savona) la Casa Museo Jorn guarda il mare dalle colline della Riviera di Ponente. Aperta al pubblico dal 2014, è stata residenza dell’artista danese Asger Jorn (1914-1973) dal 1957. In collaborazione con l’amico Umberto Gambetta (Berto), Jorn fece della propria abitazione un luogo in cui si fondono arte, natura e architettura. Qui è stato invitato a lavorare Salvatore Arancio (1974, Catania), che ha realizzato una serie di sculture in ceramica che nascono da questo luogo e ad esso tornano mimetizzandosi senza soluzione di continuità con il lavoro di Jorn. La personale Like a Sort of Pompeii in Reverse presenta l’intero progetto, curato da Luca Bochicchio, e di cui abbiamo parlato con l’artista.  
Come è nato questo complesso progetto espositivo a Casa Jorn? 
«L’iniziativa è partita da Luca Bochicchio, direttore artistico del museo, che mi ha invitato a visitare la Casa Museo Jorn. Subito mi sono innamorato perché è un posto meraviglioso, una specie di luogo fantastico che Jorn e Berto, un muratore, hanno sviluppato negli anni attraverso un rapporto non tanto lavorativo, quanto di amicizia e stima reciproche. La parte esterna della casa museo mi ha colpito immediatamente: camminando in questo giardino, lungo i muri in pietra ci si accorge che è una sorta di collage realizzato da Jorn e Berto in cui si trovano diversi elementi sia provenienti dal mondo naturale, sia creati dall’uomo, ma non si riesce più a distinguere quali siano gli uni e quali gli altri. Ci sono elementi realizzati, ad esempio, con scarti dei forni per la cottura della ceramica, smalti, lastre, pietre, che negli anni sono stati stratificati così che sembrano quasi pietre preziose o minerali».
 
null
Salvatore Arancio: Like a Sort of Pompeii in Reverse . Installation view at Casa Museo Jorn, Albissola Marina 2019. Ph. Federica Delprino – Omar Tonella. Courtesy: Casa Museo Jorn / MuDA, Albissola and Semiose Gallery, Paris
Quali aspetti ti hanno colpito, in particolare, di questo luogo?
«Mi interessava molto l’ambiguità generata: da un lato, appunto, la difficoltà nel distinguere l’origine naturale o artificiale degli elementi, dall’altro il fatto che si faccia fatica a capire dove la mano di Jorn si ferma e quella di Berto comincia. L’authorship, l’identità di chi ha creato un elemento diventa quasi indefinibile e questo mi ha subito colpito». 
Come questo aspetto ha influenzato il tuo modo di procedere?
«Ho effettuato diverse visite al museo, ci sono stati intensi scambi con Luca Bochicchio riguardo la storia del luogo e vari aneddoti. Fin dalla prima visita ho percepito gli elementi incastonati nei muri del giardino un po’ come tracce che Jorn e Berto hanno lasciato, come se si trattasse di un luogo in metamorfosi, tracce che qualcuno un giorno avrebbe dovuto utilizzare per continuare la creazione che loro hanno iniziato». 
Quali tue scelte operative sono state determinate da tutto ciò?
«Ho pensato di trascorrere del tempo immerso in questo giardino, di lavorare in situ con l’argilla e utilizzare gli elementi incastonati nei muri come fossero dei calchi. Ho così creato varie lastre, che ho poi rimodellato creando delle mie sculture. È come se avessi indagato lo spazio in negativo, colmato dagli elementi che avevano lasciato Jorn e Berto. Ho lavorato per diverse settimane, creando un totale di circa quaranta pezzi, di cui in mostra è esposta solo una parte». 
 Hai detto di aver cercato di entrare in contatto con persone che avessero lavorato con Jorn stesso…
«Per me era un aspetto fondamentale di tutto il progetto: collaborare con le persone con cui Jorn aveva lavorato, sentir raccontare aneddoti e storie da chi ha conosciuto lui e Berto personalmente. Era necessario per chiudere il cerchio aperto con la riscoperta e la continuazione delle tracce che avevano lasciato nel giardino. La Bottega Ceramiche San Giorgio di Albissola Marina, di Giovanni e Piero Poggi è gestita dalle stesse persone che hanno lavorato con Jorn. Tutte le varie smaltature, i lavori a tornio che poi Jorn deformava per creare delle sue sculture, venivano realizzate da Giovanni, che ora ha 84 anni e ancora dirige la bottega. Qui ho realizzato anche tutte le varie cotture e smaltature, lavorando fianco a fianco con Silvana Priametto, che ha collaborato con Jorn ed è un’altra professionista importante della bottega. Per i terzi fuochi, invece, ho lavorato con un’altra fornace, la Nuova Fenice».
 
null
Salvatore Arancio: Like a Sort of Pompeii in Reverse . Installation view at Casa Museo Jorn, Albissola Marina 2019. Ph. Federica Delprino – Omar Tonella. Courtesy: Casa Museo Jorn / MuDA, Albissola and Semiose Gallery, Paris
Per il vernissage avete pensato anche a un momento quasi performativo.
«Casa Museo Jorn è gestita con grande passione da tre giovani curatori, Alessia Piva, Daniele Panucci e Stella Cattaneo: mi sembrava importante coinvolgerli nel processo. Di solito organizzano un tour della casa museo in cui accompagnano il pubblico, così ho chiesto loro di inventare delle storie immaginifiche legate a quattro elementi del giardino e la cui narrazione potesse essere inglobata nel percorso, quasi come un atto performativo. Le narrazioni sono state scritte con un linguaggio che fonde un discorso scientifico e narrativo per creare una finzione plausibile sull’origine di questi elementi apparentemente naturali. Si amplifica così quell’ambiguità tra naturale e artificiale insita nel luogo». 
La mostra prosegue anche nello studio di Jorn…
«All’interno della casa, nello studio di Jorn, la maggior parte delle sculture vengono esposte in un display simile a quello che ho creato per la mia recente personale alla Whitechapel Gallery di Londra. Qui ad Albissola ho realizzato dei cabinets in legno su cui sono esposte le sculture che ho creato alludendo a un sistema di categorizzazione scientifica di queste tracce, memorie dello spazio esterno».  
Chiudiamo con il titolo e una coincidenza…
«Jorn ha commissionato a Guy Debord un testo che parlasse del suo giardino ad Albissola: è nato Le Jardin d’Albisola (scritto nel 1972 e pubblicato postumo nel 1974) in cui ci sono frequenti riferimenti al “caos” calcolato che pervade il giardino, un collage di forme e elementi vari. Da qui abbiamo estrapolato il titolo dell’intero progetto, Like a Sort of Pompeii in Reverse. Debord parla del lavoro di Jorn e Berto come fosse una specie di progetto immaginario in metamorfosi, in cui è possibile colmare questo spazio che ancora non è stato completamente edificato. Questa visione coincide con la percezione che ho avuto di questo luogo fin dalla mia prima visita e, ignaro del testo di Debord, ho iniziato a lavorare su quella stessa linea».
La mostra andrà a Parigi. Altri progetti per il futuro?
«La parte più rilevante della mostra è stata sponsorizzata dalla galleria parigina Semiose, con cui farò la mia prima personale in concomitanza con la Fiac, a ottobre. Nello stesso periodo nello spazio no profit Black Towers di Londra esporrò un nuovo progetto realizzato in Messico».
Silvia Conta 

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui