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Leggenda dello sport, giocatore più forte della storia del calcio, icona per milioni di persone in tutto il mondo, Diego Armando Maradona è morto oggi a Buenos Aires, a seguito delle complicazioni dovute a un arresto cardiorespiratorio. La notizia è stata confermata dai media argentini. Da pochi giorni era stato sottoposto a un intervento per rimuovere un ematoma subdurale dal qual quale sembrava essersi ripreso e infatti era stato anche dimesso. L’intervento delle ambulanze, giunte al Barrio San Andres, suo domicilio attuale a Buenos Aires, è stato inutile. Il 30 ottobre aveva compiuto 60 anni. Diego è morto lo stesso giorno di uno dei suoi idoli, Fidel Castro, scomparso il 25 novembre 2016, con il quale ci fu un grande rapporto di amicizia.
Nato a Lanús, il 30 ottobre 1960, Diego Armando Maradona trascorse la sua infanzia nel quartiere di Villa Fiorito, nella periferia di Buenos Aires. Come molti dei ragazzi di modeste origini di quella zona, iniziò presto a giocare a pallone per strada, mostrando già il suo talento precoce, tanto da meritarsi il soprannome che poi lo avrebbe accompagnato per tutta la sua vita: el pibe de oro, il ragazzo d’oro. La sua prima squadra fu l’Estrella Roja e a 10 anni, il 5 dicembre 1970, entrò nelle giovanili dell’Argentinos Juniors. La carriera professionistica ebbe inizio il 20 ottobre 1976, dieci giorni prima di compiere 16 anni, con l’esordio nella partita contro il Talleres. Il primo pallone toccato fu un tunnel ai danni del suo primo avversario, Juan Domingo Patricio Cabrera, passato alla storia come il primo calciatore professionista a essere dribblato da Maradona.
Nel 1981 il passaggio al Boca Juniors, quindi, nel 1982, il salto definitivo, con il trasferimento in Europa, al Barcellona, dove rimase fino alla stagione 1983-1984, prima del passaggio al Napoli e la definitiva trasformazione in D10s, il calciatore più forte di tutti i tempi. Con la nazionale argentina partecipò a quattro Mondiali (1982, 1986, 1990 e 1994), vincendo quello del 1986 e arrivando secondo a quello di Italia ’90.

A Rosario, in Argentina, i suoi tifosi hanno fondato la Iglesia Maradoniana, un monumento in suo onore è stato eretto nel museo del Boca Juniors, all’interno della Bombonera. La sua autobiografia, Yo soy el Diego, pubblicata nel 2000, è un bestseller. Al lui sono dedicate centinaia di opere, tra canzoni, come Santa Maradona dei Mano Negra, La vida tombola di Manu Chao e Tango della buena suerte di Pino Daniele, film e documentari, come i biopic di Emir Kusturica e il più recente di Asif Kapadia, e fumetti, come la graphic novel di Paolo Castaldi. E poi milioni di disegni, murales, magliette, bandiere, che hanno reso Diego Armando Maradona una icona visiva contemporanea.
«… la tocca per Diego, ecco, ce l’ha Maradona. Lo marcano in due, tocca la palla Maradona, avanza sulla destra il genio del calcio mondiale. Può toccarla per Burruchaga.. sempre Maradona…genio, genio, genio…c’è, c’è, c’è…goooooooooool…voglio piangere…Dio Santo, viva il calcio…golaaaaaazooo…Diegooooooool…Maradona…c’è da piangere, scusatemi… Maradona in una corsa memorabile, la giocata migliore di tutti i tempi…aquilone cosmico… Da che pianeta sei venuto? Per lasciare lungo la strada così tanti inglesi? Perché il Paese sia un pugno chiuso che esulta per l’Argentina…Argentina 2, Inghilterra 0…Diegol, Diegol, Diego Armando Maradona…Grazie, Dio, per il calcio, per Maradona, per queste lacrime, per questo Argentina 2, Inghilterra 0», Víctor Hugo Morales, 22 giugno 1986, Argentina 2 – 1 Inghilterra.
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