27 gennaio 2003

Secondo voi è Van Gogh?

 
di luca scalco

Dopo anni alla ricerca del record di visitatori sfruttando il fascino popolare che aleggia attorno all’Impressionismo la Casa dei Carraresi diretta da Marco Goldin ne combina una grossa. Un quadro di Van Gogh è di attribuzione dubbia. E mentre si aspetta la perizia il pubblico può votare sull’autenticità del dipinto…

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La recente iniziativa, che definire sorprendente è poco, presa da Marco Goldin di fare giudicare al pubblico la autenticità del chiacchierato autoritratto di Vincent Van Gogh della Nasjonalgalleriet di Oslo e di spedire tali giudizi alla sua direttrice, è indicativa dello stato di indiscutibile confusione in cui versa attualmente il sistema artistico nostrano. Stiamo, dunque, assistendo ad un proliferare di iniziative “culturali” che hanno come unico scopo quello di attirare folle di visitatori; si tratta di un pericoloso processo che può essere assimilato alla complessiva degenerazione del sistema televisivo. Alcune delle mostre faraoniche organizzate negli ultimi anni hanno sempre un nome di moda come necessario traino accanto al quale vengono raggruppate opere o autori spesso decisamente inadeguati: Picasso, Caravaggio, gli Impressionisti, Van Gogh diventano dunque degli specchietti per allodole che assicurano incassi certi a discapito, quasi sempre, della qualità.
Questo circolo vizioso svilisce la disciplina della storia dell’arte, già bistrattata dalla scuola, tradendo il fine ultimo per il quale si dovrebbe organizzare un’esposizione, che, in realtà, dovrebbe essere la conclusione di un percorso scientifico e critico e non la rappresentazione di uno spettacolo per i mass media. Per questo motivo ritengo giustificabile la mostra dei Gonzaga a Mantova che è naufragata (non certo economicamente…) non per motivi scientifici – anzi il lavoro dello staff di Raffaella Morselli è un esempio di professionalità e di dedizione – bensì per cause organizzative e logistiche.
Il caso trevigiano è invece assai diverso: si sta assistendo da anni ad uno sfruttamento spietato del filone impressionista francese, identificato come la gallina dalle uova d’oro; tale sfruttamento, unito ad iniziative di stampo folkloristico, ha avuto un indubbio peso sull’indotto dell’intera città di Treviso, innalzandola addirittura a una della capitali del sistema artistico italiano. Tale processo può avere grande valore sia sociale che economico ma, ritengo, meno dal punto di vista artistico, data la disomogeneità delle opere esposte soprattutto in questa ultima occasione (ad onor del vero la precedente mostra su Monet era di livello decisamente superiore). Questo processo di esasperata massificazione e di frenetica ricerca del consenso del visitatore, provoca una dipendenza assoluta dal visitatore stesso; si cerca, quindi, di modellare una iniziativa unicamente sul gusto del pubblico arrivando addirittura al contro senso di elevarlo al rango di critico d’arte. L’iniziativa di Marco Goldin è illuminante: chiedere praticamente ad una scolaresca o ad una “Signora Pina” qualunque un giudizio di expertise, significa sfregiare tutto quel sistema che fa campare Goldin e buona parte dell’indotto che ruota attorno alla Casa dei Carraresi. Pronunciarsi sulla autenticità o meno di un’opera di Van Gogh (o di un qualsiasi altro artista) è in realtà una operazione filologica e critica difficile e improba, che deve essere effettuata da uno studioso preparato ed onesto.
Paradossalmente il pubblico dovrebbe offendersi davanti ad una simile iniziativa, in quanto ha il diritto di pretendere da una mostra la massima autorevolezza e rigore di ricerca e non strampalate idee o opere di dubbia attribuzione. Per inciso mi chiedo quale giudizio si farà del nostro sistema artistico la direttrice del museo norvegese se verrà davvero inondata dalle schede dell’estemporaneo sondaggio. Occorre insomma svincolare il valore della ricerca, che poi emerge nelle varie esposizioni, dal puro numero di biglietti staccati. Trovo, ad esempio, inaccettabile che Flavio Caroli, risponda alle feroci critiche poste da altri importanti studiosi, sulla pessima mostra del Cinquecento Lombardo da lui organizzata tempo fa, citando solamente il numero di visitatori accorsi. Naturalmente c’è anche l’altra faccia della medaglia: è indubbio che proprio grazie a mostre di grande successo come quelle organizzate da Goldin, il mondo che ruota attorno all’arte sta avendo una grande visibilità: mai, come oggi, il prodotto artistico penetra nelle case e l’interesse per queste iniziative si sta decisamente ampliando.
Proprio per questo motivo occorre cercare ad ogni costo un equilibrio che, da un lato interessi e salvaguardi il visitatore, dall’altro renda giustizia del valore filologico e critico che deve necessariamente stare a monte ad ogni iniziativa culturale degna di tale nome.

luca scalco

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11 Commenti

  1. “Grazie” a Goldin se, ci spinge a parlare della moda imperversante delle grandi Mostre!
    Scientificità dei curatori e degli addetti a parte, quello che è portare l’attenzione sul protagonista più bistrattato: il pubblico.
    Una richiesta culturale ancora qualitativamente medio-bassa da parte dei visitatori, non fa che spalancare le porte a tali iniziative … e una cronica mancanza di operatori specialzzati e iniziative di approfondimento in occasione di mostre non creerà mai un pubblico più consapevole e cirtico.

  2. Non è che organizzare una mostra di Van Gogh sia tanto facile, sennò ognuno potrebbe organizzarsene una a casa propria. Bisogna innanzitutto rientrare dei costi, che sono notevoli, basta che vi facciate fare un preventivo che comprenda assicurazione ecc. Se qualcuno riesce a sostenere da solo le spese poi ha i Van Gogh lì, in camera propria e se li guarda quanto vuole senza le code di scolaresche e le massaie accompagnate dalla guida. Sennò fa un’oretta di treno paga un onesto prezzo d’entrata e sta al gioco votando: no, credo che si possa attribuire senz’ombra di dubbio a Van Gogh.

  3. Non credo che il problema consista nell’informazione che da questo articolo, anzi…
    Il problema sta se incoraggiare altre iniziative di questo genere, dove il pubblico abbia una opinione sulla perizia di un quadro, in questo caso, se eseguito o NO da Van Gogh.

    Il pubblico é importante in generale per capire come influenza il mercato e tante altre iniziative, ma sull’arte le valutazioni dovrebbero essere affidate agli esperti nel campo. Mi sembra di capire dall’articolo (se non sbaglio) che ci sará un match tra la campionatura del pubblico e quello finale degli esperti. E credo che questo rilevamento sia il risultato piú interessante.

  4. Mmm… non credo fossero in discussione le qualità e la professionalità di Goldin (e del suo staff, di Linea d’ombra, ecc.) come organizzatore, manager…, né tanto meno le disponibilità finanziarie di Cassamarca.

  5. Ma tanto torto Goldin non ha…

    1) O è un falso o è l’unico quadro orrendo di Van Gogh… e questo lo nota anche un bimbo e la signora Pina.

    2) Non sottovalutate la vicina che sta al piano di sotto del più illustre e onorato professore della città… la sa più lunga il professore, non vi è dubbio, ma proprio perché alcune cose talmente lampanti sono così lontane dai contorti dubbi e dilemmi scientifici, che, effettivamente, ci può azzeccare più quella e i quei mocciosi dei suoi nipoti… 😉

  6. Io ho visto la mostra, non solo questa, anche quelle precedenti messe in piedi da Lineadombra… Indubbio il fatto che quella precedente su Monet fosse di un livello più alto, altrettanto indubbio il fatto che ormai Goldin sia più preso dal fare quadrare bilanci e conti (ma ‘quadrare’ è termine improprio, in realtà è più giusto dire che privilegia il guadagno al resto: attenzione, non dico che sia sbagliato, ognuno la veda come vuole…)
    Personalmente credo che le mostre siano un prodotto, e che i gusti delle persone siano orientabili in questo senso ne più ne meno di quanto ciò avvenga per la scelta della macchina nuova, del vestitino nuovo, ecc.
    Triste realtà, a mio avviso.
    In questo senso, è chiaro che tutto va bene per fare parlare, per fare polemica, per creare movimento ed interesse.

  7. mostre del genere riscuotono sempre una buona affluenza di publico. lineadombra è molto accorta nelle scelte dei dipinti e usa i mezzi adeguati per averli, sfrutta tutto come si deve e cede il passo alle cose calcolate. Come azienda non ha nulla da eccepire, anzi, potrebbe essere un modello per molte realtà che non sanno ancora come muoversi. Detto questo, rimane il fatto che regalare capolavori che DA SOLI valgono il prezzo del biglietto, alla fin fine non deve essere il solo motivo di esistenza di una sala espositiva. Con l’arte fanno soldi tutti, e lineadombra fa I SOLDI, ma se alla base c’è anche un interesse naif verso ciò che si considera arte, allora perchè non mettere in mezzo ogni tanto una mostra di giovani promettenti? Io la butto li, tanto per dire, ma se avessi a disposizione i soldi della Cassamarca forse, oltre alla sicurezza di mostre titolate, proverei a far decollare artisti meno noti, sfruttando anche la mia credebilità di buon organizzatore e curatore. Forse questa è la vera pecca di Goldin, oltre a quella che forse i testi critici è meglio li scrivano i suoi collaboratori. E’ un vero peccato perchè a una risposta positiva data ad una treviso piccola ma carinissima manca il passettino in più, lasciato a manifestazioni a latere come le rassegne dei giovani artisti trevigiani. Goldin è giovane, i suoi collaboratori lo sono, lineadombra è fresca, cassamarca ha i soldi, Ca dei carraresi è attrezzata: perchè mostrare sempre e solo i nomi? Potrebbe diventare un buon punto di riferimento per l’arte giovane veneta, in concomitanza con una politica del nuovo che parte da venezia. Scusate se sono stato troppo ALTRO rispetto ai miei soliti commenti.

  8. la direttrice del Museo di OSLO è a conoscenza dell’iniziativa di Goldin, e al ritorno del quadro in Norvegia vuole adottarne una praticamente identica. quindi nessuno è immune dal “male” che scalco denuncia.

  9. …penso che quel quadro sia autentico. apparentemente, Van Gogh era molto infelice con le donne. Un vero passero solitario!

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