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IL PLAGIO DI MARINETTI
Politica e opinioni
di giovanni lista
Ho visto con immensa tristezza tale Luca Barbareschi leggere una sorta di goffa parafrasi del Manifesto di Fondazione del Futurismo di Marinetti, un testo che fa parte del patrimonio storico della modernità italiana. Una mia amica che vive in Italia mi segnala che ci aveva già provato Veltroni, rappresentante dell’ala Boys Scouts della sinistra italiana, a fare il ventriloquio del fondatore del Futurismo...
Ho visto con immensa tristezza tale Luca Barbareschi leggere una sorta di goffa parafrasi del Manifesto di Fondazione del Futurismo di Marinetti, un testo che fa parte del patrimonio storico della modernità italiana. Una mia amica che vive in Italia mi segnala che ci aveva già provato Veltroni, rappresentante dell’ala Boys Scouts della sinistra italiana, a fare il ventriloquio del fondatore del Futurismo...
quanto ne so, è la prima volta nella Storia che un partito politico recupera e
scimmiotta così esplicitamente un gesto che appartiene al mondo della cultura e
dell’arte.
Come ho
sottolineato più volte nei miei scritti, l’operazione era preparata da molto
tempo, dai comizi post-fascisti di Fini, spesso annunciati con cartelloni che
riproducevano i dipinti futuristi di Depero,
alle formule sempre più calcate sullo stile e sul linguaggio marinettiano, non
ultimo il nome stesso del nuovo partito, Futuro e Libertà, i cui aderenti
pretendono così di potersi chiamare “futuristi”. Eppure è difficile per me
accettare la parodia perpetrata, di fatto, dalla recitazione di Luca Barbareschi,
offerta sugli schermi del telegiornale, cioè un atto derisorio, illegittimo e
arbitrario che equivale a mettere sotto sequestro uno dei capolavori testuali
dell’avanguardia storica.
Ho
analizzato altrove il possente respiro organico del Manifesto di Marinetti,
che poggia sui tre modelli stilistici: l’epicità dello Zarathustra di Nietzsche per il prologo introduttivo, la
perentorietà del manifesto politico di Marx ed Engels per il programma, l’autoironia
delle commedie dal registro eroico di Edmond Rostand per la chiusura finale. Il
neopartito di Fini si è limitato a riprendere in modo cantilenato l’incipit “Noi vogliamo…”, che scandisce la
sezione programmatica del Manifesto di
Marinetti. Si tratta di ben poca cosa, ma è quanto basta: il male è fatto. Di
suo, Luca Barbareschi ha aggiunto solo il groppo dell’emozione, uno dei sintomi
più classici della frustrazione della piccola borghesia romantica e umanista
italiana, in cui Luigi Salvatorelli individuava la base sociologica del
fascismo.
Come se
non bastasse, il manifesto è stato esplicitamente e platealmente dedicato a
Gianfranco Fini, secondo quel “culto del capo”, cioè quel cesarismo politico
che è un altro aspetto della cultura di destra. Come può un manifesto essere
dedicato a un leader politico? Marinetti guardava in alto, sognava una nuova
Italia e una rivoluzione totale che portasse alla nascita di un mondo nuovo. Il
suo Manifesto aveva lo spessore e il
soffio di un atto filosofico. Con la sua retorica legnosa, Gianfranco Fini ha
annunciato alla tribuna il grandioso e lillipuziano sogno per il quale si è
arrogato il diritto di appropriarsi il Manifesto futurista: essere Presidente del Consiglio nel 2012. In realtà, abbiamo
assistito a un altro degli spettacoli grotteschi che ci riserva ogni giorno l’Italia
odierna.
Conosco
le lettere in cui Marinetti confidava ai suoi amici il disprezzo che aveva per
Mussolini, l’uomo politico che Fini apprezza come uno dei più grandi statisti
del secolo scorso. Marinetti è cascato solo nel 1923 nel fascismo, ben
quattordici anni dopo il Manifesto,
quando, ormai anziano, era confrontato a una dittatura.
La
fondazione del partito di Fini, in cui si è visto un ministro rimettere il suo
mandato a un Presidente della Camera che lancia un ultimatum al governo, assume
ab origine i metodi antidemocratici
della cultura politica del fascismo. La gravità di un tale episodio, che
sarebbe inaudito in qualsiasi altra democrazia occidentale, ha ricevuto la
cauzione del Manifesto di Marinetti,
come se l’avanguardia futurista fosse stata naturalmente prefascista e fascista.
Storicamente
e ideologicamente non è affatto vero, per questo l’operazione del neopartito di
Fini è da denunciare senza ambiguità o riserve, sperando che ci sia ancora
qualcuno, in una classe intellettuale italiana sempre più alla deriva, che sia
capace di reagire.
La mia
tristezza viene dal fatto che, come già rilevava Boccioni, la sinistra italiana non è mai stata capace di capire la forza
e l’importanza della nostra avanguardia storica. Basti per tutte la frase di Pier Paolo Pasolini su Marinetti: “Bisogna essere teppisti per avere l’idea di
scrivere un manifesto”. È proprio questa ottusità politica della sinistra
italiana, di cui faceva prova anche un intellettuale così eterodosso come
Pasolini, a rendere possibile il delitto di appropriazione indebita consumato
dai finiani.
Giovanni
Lista e il dito di Cattelan
Futurismo
e fotografia a Pordenone
Il
precoce centenario del Futurismo
giovanni lista
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Le elezioni dovrebbero (dovrebbero) tenersi nel 2013, quindi è per quell’anno che Fini “vorrebbe diventare Presidente del Consiglio”. Il 2012, invece, come tutti sanno, è la data in cui il mondo finirà.
non capisco tutta questa censura. avevo solo fatto una previsione futura sulla politica.