18 novembre 2014

Italians. Noi e la nostra arte all’estero

 
Tra pubblico e privati, l’arte italiana si mette in mostra a Bruxelles. Un buon test per osservare come veniamo visti. Ma soprattutto come ci presentiamo

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Durante il semestre europeo, come viene percepita a Bruxelles l’Italia dell’arte e della cultura? In una sede prestigiosa come il Bozar, due mostre raccontano il messaggio che il nostro Paese offre di sé in un contesto internazionale, mentre in uno spazio privato d’eccellenza come la Maison Particulière tre collezionisti di rango come Patrizia Sandretto Re Rebaudengo, Giorgio Fasol e Giovanni e Annarosa Cotroneo presentano una selezione delle loro raccolte. 
Ancora una volta, il nostro Paese punta sull’antico e non riesce a scrollarsi di dosso il peso di un patrimonio artistico di inestimabile valore, ma ancorato ad un passato lontanissimo e purtroppo irripetibile, come l’affermazione dell’arte gotica a Siena tra Duecento e Quattrocento. Così, per raccontare il Belpaese di oggi, si ricorre a “Dipinti da Siena. Ars Narrandi nel Gotico europeo”, con una sessantina di tavole e fondi oro provenienti per lo più dalla pinacoteca di Siena. Una buona selezione, un allestimento impeccabile, ma la domanda sorge spontanea: perché Siena e il gotico, e non Firenze e il Quattrocento o Venezia e il Cinquecento? La risposta ufficiale è che l’iniziativa si inserisce “nell’ottica del ministro Dario Franceschini di dare spazio e visibilità a quanto rafforzi l’attenzione e la sensibilità alla circolazione di flussi culturali in Europa volta a rimettere il patrimonio artistico al centro dell’azione europea”. Difficile capire perché la Siena medievale sia più internazionale della Roma barocca o della Venezia del Cinquecento, ma tant’è. 
Michelangelo Pistoletto, Il tavolo delle differenze © Philippe De Gobert
E il contemporaneo? Nelle sale laterali del Bozart è stata allestita “Il lato giallo della socialità”, un’interessante collettiva curata da Nicola Setari che riunisce una decina di opere realizzate da artisti italiani che vivono o hanno lavorato in diverse nazioni europee, introdotta dal Tavolo delle Differenze, l’opera di Michelangelo Pistoletto che richiama il valore di condivisione delle culture che si affacciano sul Mediterraneo, l’unica opera che esprime un forte contenuto simbolico al Bozart. La collettiva curata da Setari (autore e coordinatore del bel volume The Mind and Body of Europe: A New Narrative, che raccoglie proposte e riflessioni di intellettuali per una nuova identità dell’Europa attraverso la cultura) propone come fil rouge il colore giallo ad indicare l’ambiguità della produzione artistica tricolore: da una parte legata a leggerezza e solarità, e dall’altra alla tensione e al pericolo. 
Buona la selezione degli artisti delle ultime generazioni, introdotta da un’emozionante Cuarto Amarillo, la stanza gialla realizzata per una mostra in Spagna nel 1994 , che unisce opere di Ettore Spalletti, Franz West, Michelangelo Pistoletto e Vettor Pisani. Eccellente e positiva introduzione ad un gruppo di opere che sembrano abbandonare la componente affermativa e impegnata, caratteristica di quella generazione, per introdurre problematiche legate a dubbi, incertezze e tensioni di carattere sociale, antropologico o politico, che ispirano alcuni dei lavori più significativi della mostra, firmati da Rosa Barba, Luca Vitone e Chiara Fumai, mentre il ronzio delle api di Micol Assael porta una ventata di poesia, unita all’installazione della Senatore, forse una delle voci più forti, convincenti e ottimistiche nel panorama dell’arte nazionale. Se la solarità, evocata all’ingresso della mostra con una citazione tratta dalla poesia I limoni di Eugenio Montale, sembra appartenere ad artisti maturi, incertezza e smarrimento sono invece appannaggio dei più giovani, intrappolati in una realtà che non riescono a interpretare fino in fondo. 
Maison Particulière, La Gioia, vista della mostra
Di segno diverso invece la panoramica che emerge da La Gioia, dove sono riunite le opere dei tre collezionisti italiani nelle sale intime e prestigiose della Maison Particulière, invitati dai proprietari dello spazio, Miriam e Amaury de Solages, che hanno suggerito il tema della gioia in quanto associato al Belpaese. I Solages hanno chiesto agli invitati di proporre una personale di un artista da loro indicato e la scelta, senz’altro felice, è caduta su Flavio Favelli, che ha disseminato le sue opere con grande maestria nei diversi ambienti della casa, creando interessanti raffronti con gli arredi presenti. Nonostante Patrizia Sandretto Re Rebaudengo abbia presentato anche importanti opere di artisti non italiani, come Damien Hirst o Tobias Rehberger, insieme a lavori del tutto aderenti al tema come Have you seen me before?, il grande orso ricoperto di piume gialle di Paola Pivi, il livello della proposta appare coerente, sia grazie ad una buona selezione di opere fotografiche dei Cotroneo (da Berengo Gardin a Biasiucci, da Jodice a Ventura) che alla lungimiranza di Fasol, che ha risposto con più libertà e coraggio all’invito, con una campionatura non prevedibile e stimolante. Rimangono nella memoria le opere di Bruna Esposito, Luca Trevisani, Gianni Caravaggio, Giuseppe Gabellone, mentre la selezione dei film visibili nella sala video al secondo piano, a cura di Marcel Croes, ci riporta agli anni di splendore del cinema italiano, con capolavori di Fellini, Pasolini e Germi
A conti fatti, per presentare a Bruxelles la scena artistica italiana contemporanea sarebbe stato più opportuno realizzare al Bozart una mostra più ampia, che comprendesse i diversi aspetti della nostra arte, apparentemente inconciliabili ma in realtà complementari. Forse riusciremo a vederla per il prossimo semestre, al posto delle tavole senesi? Sarebbe un vero passo avanti per la povera Italietta, talmente terrorizzata dal presente da essere costretta a rifugiarsi nel passato.

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