21 luglio 2017

La città non sale

 
Quali sono le metropoli più dinamiche del mondo nel 2017? Tranquilli, nessuna italiana. Il perché di questa mancanza lo raccontano tre indicatori. Sommati alla nostra identità

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New York? Tokyo? Milano? La risposta è meno scontata di quanto possa sembrare. Stando al JLL City Momentum Index (la studio che monitora appunto le città più dinamiche del mondo) per trovare un soggetto scontato dobbiamo scendere al terzo posto, con la Silicon Valley. Ma allora quali sono le prime due città per “dinamicità” nel 2017? Al primo posto è Bangalore in India, e al secondo Ho Chi Minh City in Vietnam. Seguono Shangai, Hyderabad, Londra, Austin, Hanoi, Boston e Nairobi. Una classifica singolare. Che merita forse di essere approfondita
Il City Momentum Index (CMI) monitora la velocità del cambiamento di una città o di una regione e lo fa guardando una serie di 42 indicatori riuniti in tre macro-aggregati:
Socio Economico; rientrano in questo aggregato tutte le variabili di natura economica quali l’output economico, le vendite al dettaglio, connettività aerea e investimenti diretti esteri; Momentum del Real Estate Commerciale, che misura l’andamento legato alle proprietà immobiliari con indicatori tipo l’andamento della costruzione di nuovi edifici, i prezzi di mercato, etc; Momentum di Lungo Periodo, a cui appartengono tutte le riflessioni strategiche legate allo stato di salute della città o della regione. In questo senso sono incluse le infrastrutture di educazione superiore, la capacità di generare innovazione, il numero di domande di brevetti, etc.
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Hyderabad
Di questi tre indicatori quello più interessante è forse proprio quest’ultimo: senza di esso sarebbe normale osservare dinamismo in città nelle quali lo sviluppo economico è arrivato in ritardo, e di conseguenza, la “scoperta” non sarebbe poi così interessante e duratura, ma evidenzierebbe soltanto un momento di crescita economica improvviso e ad alta intensità in qualche territorio finora ancora poco sviluppato: la nostra recente conoscenza geografica si è estesa proprio in virtù di questi fenomeni che sono molto ricorrenti.
Includere invece una dotazione “innovativa e di sviluppo di medio periodo” parametra in modo influente tutta la dimensione della ricerca: le città “dinamiche” sono quelle che, pur presentando tassi di crescita e di cambiamento molto elevati, si sono già dotate di infrastrutture con le quali cercare di tenere il “momentum” quanto più a lungo possibile.
Queste 10 città sono state selezionate su un campione di 134 città divise tra Nord America (35), Europa (40), Area dell’Asia e del Pacifico, America Latina (8) e Africa e Medio Oriente (12).
Ovviamente non stupisce l’assenza nella top ten dell’Italia. In realtà da quando è stato realizzato il ranking (la graduatoria), l’Italia non è mai rientrata nelle prime dieci città globali. E neanche questo stupisce.
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Ho Chi Min
Quello che stupisce, a dire il vero, è che spesso non ci rendiamo conto che rispetto alle altre nazioni, il nostro Paese è estremamente lento. Vecchio e lento. E fatta qualche piccolissima eccezione, i decision makers (ovvero coloro cui spetta il compito di prendere una decisione o intraprendere un’azione tra più alternative disponibili) non sembra vogliano davvero cambiare le cose.
La nostra capacità di attrarre investimenti è bassa, il nostro livello di produttività è altrettanto basso. Ad essere alti sono, come sappiamo tutti, i costi della politica, della burocrazia, dei regolamenti per investimenti immobiliari (ex-novo). Il tutto in virtù di una tutela che, a ben vedere, non sembra funzioni poi neanche così bene.
La verità è che l’Italia non è adatta, così com’è a competere in uno scenario internazionale. Cambierebbe probabilmente nel giro di 5 anni se chi è al potere (pubblico, politico e privato) decidesse che è il momento di farsi da parte. Ma mettiamoci pure l’anima in pace. Dovremo fare l’Italia malgrado l’Italia. 
Stefano Monti 

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