12 novembre 2008

L’ARCO E LA FECCIA

 
Un vecchio progetto per il quartiere dell’Eur. Mai realizzato. Ai tempi di Veltroni sindaco si decise di dare il via libera, solo se finanziato dai privati. Oggi, durante il governo di Alemanno, si mobilitano addirittura dei parlamentari. E così in una Roma che è l’unica metropoli europea a costituire terreno inospitale per i grandi architetti del presente, si pensa a edificare progetti del passato. Ma l’assessore alla cultura...

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Iniziamo subito col premettere che questo giornale è letteralmente innamorato, da sempre, di Adalberto Libera. Chi scrive considera l’architetto trentino uno dei più grandi progettisti in assoluto della prima metà del Novecento. Il Palazzo delle Poste a Roma, le palazzine del Lido di Ostia, la Cattedrale della Spezia, il Palazzo dei Congressi dell’Eur… non sono architetture. Sono astronavi di Plutone atterrate sulla Capitale, sono bastimenti transoceanici arenatisi nella rada di Trento, sono dischi volanti in terra ligure. Insomma, sono capolavori sempiterni. È arte a tutti gli effetti.
Il fatto, tuttavia, che Libera disegnasse capolavori negli anni ‘30 o ‘40 (ma anche ‘50), non significa che oggi le nostre città abbisognino di realizzazioni di quel tipo. Pablo Picasso negli anni ‘10 produceva quadri mozzafiato, ciò non toglie che se oggi, nel 2008, un pittore dipingesse cose simili o uguali sarebbe considerato un patetico dilettante. Stesso dicasi in qualsiasi ambito di produzione culturale. Cinema, letteratura, teatro. Girare, oggi, un film come lo giravano i fratelli Lumière sarebbe ridicolo. Costruire, oggi, un’architettura disegnata settant’anni fa, sarebbe ancor peggio.
Buonismo veltroniano. Ecco da dove proveniva, qualche anno fa, l’idea di realizzare, nel romano quartiere dell’Eur, l’arco che Adalberto Libera progettò per l’Esposizione Universale del ‘42. CAdalberto Libera - Arco - Eur (progetto)ome buona parte dell’Eur stessa, a causa della guerra, l’arco non vide la luce. Per Veltroni poteva essere un tassello da aggiungere al mosaico della sua ecumenicità: un sindaco post-comunista che imbelletta l’Eur, il quartiere più fascista che c’è. Approvazione unanime in Consiglio comunale un paio d’anni fa. L’arco di trionfo del veltronismo. Curioso, dunque, che a riesumare l’idea, due settimane fa, sia stato proprio un deputato Pdl, l’architetto Fabio Rampelli. “Un’opera da realizzare non con i soldi pubblici, ma con il sistema del project financing, ovverosia finanziato da privati“, ha dichiarato al Corriere della Sera.
Ma come, verrebbe da pensare, la capitale europea più arretrata in quanto ad architettura contemporanea, invece di farsi dare una sistemata dai grandi (o dai giovani) progettisti contemporanei, va a pescar progetti in cassetti colmi di settant’anni di polvere? Ma come, ci sentiamo di segnalare, l’unica metropoli al mondo che da mesi mortifica la presenza e il lavoro di maestri come Piano, Calatrava, Meier e Fuksas si accorge che il massimo cui può aspirare per le sue opere pubbliche è un architetto defunto quarantacinque anni fa? Ma come, riflettiamo ancora, mentre tutti i progetti di riqualificazione urbana sono inspiegabilmente bloccati da mesi, ci si rovella su disegni degli anni ‘30?
Come dite? Niente di cui meravigliarsi quando si elegge un sindaco post-fascista? In effetti, la situazione della Città Eterna è repentinamente passata dalla padella dell’immagine-fine-a-se-stessa di veltroniana memoria alla brace di una volgarità amministrativa che affonda le sue radici in una Roma sbardelliana che è e rimane “l’unica città mediorientale a non avere un quartiere europeo”, come ebbe a dire cent’anni fa Francesco Saverio Nitti. E sempre più mediorientale è un’amministrazione i cui atti più significativi sono stati, in sei mesi, l’abolizione di fatto dei parcheggi a pagamento (tutti possono parcheggiare dovunque a gratis), lo smantellamento delle corsie preferenziali e delle zone a traffico limitato notturne, le inquietanti nomine ai timoni delle aziende municipalizzate.
Adalberto Libera - Ufficio Postale - Via Marmorata - Roma
In questo panorama, l’assurdità di realizzare un’opera inutile, bellissima ma vecchia e scandalosamente retorica, sarebbe potuta passare inosservata. Magari affermarsi come simbolo estetico-architettonico dell’amministrazione. “Non facciamo lavorare in pace Renzo Piano sebbene faccia progetti impeccabili in tutto il pianeta, cerchiamo di deportare in periferia l’Ara Pacis di Meier, lasciamo costruire Fuksas solo perché la Nuvola è ormai troppo avanti con i lavori, stoppiamo Calatrava, ma… ma… ma abbiamo costruito l’arco di Libera!”. Così avrebbe potuto rispondere Alemanno a chi gli avesse chiesto dove erano i nuovi progetti, dove erano stati fatti lavorare gli studi internazionali o anche gli emergenti e bravissimi studi romani. A chi gli avesse domandato perché Roma è l’unica metropoli della Terra dove non c’è pace per l’architettura e l’urbanistica contemporanea.
Così sarebbe andata se non fosse arrivata, davvero provvidenziale, una dichiarazione dell’assessore alla cultura Umberto Croppi – che nella giunta al governo della Capitale d’Italia ci risulta, almeno sino a oggi, l’unico degno del suo ruolo (fatta salva la scomposta decisione di non sostenere il Festival FotoGrafia, beninteso) – che, ieri 11 novembre, e dunque dopo una decina di lunghissimi giorni dalle dichiarazioni di Rampelli, ha risposto a un cronista che “l’idea originaria dell’arco di Adalberto Libera resta una splendida soluzione, con elementi futuristici, ma oggi costruzioni di questo tipo non sembrano inseribili nel nostro panorama estetico“. E ha concluso: “È un argomento su cui vale la pena di ragionare, ma ritengo che forse oggi occorra guardare avanti”.
Adalberto Libera - Cattedrale di La Spezia
Sospiro di sollievo per i dotati di sale in zucca, ma largo alle polemiche. Non si è fatta attendere infatti la risposta di Marco Marsilio, altro parlamentare del Pdl e altro uomo forte di An nella capitale: “Chi oggi riapre la polemica sull’architettura razionalista disconosce il lavoro e l’approfondimento culturale che hanno animato il dibattito, e pecca di superficialità e di presunzione“. Insomma, a Roma dichiararsi più interessati al futuro che al passato, ovvero fare il proprio dovere di amministratori di una metropoli contemporanea, è roba da presuntuosi, da superficiali.
Le dichiarazioni che concludono la giornata di ieri sono affidate a Umberto Broccoli, notissima voce radiofonica e neo-soprintendente ai beni culturali di Roma, che interpellato in serata da “Exibart” ha chiosato: “Libera è un grande architetto passato a miglior vita, credo che Roma abbia davvero bisogno d’altro in questo momento. Pensiamo a domani”.
Tana Libera tutti?

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massimiliano tonelli

[exibart]

10 Commenti

  1. “Girare, oggi, un film come lo giravano i fratelli Lumière sarebbe ridicolo”…
    Mi congratulo, questo articolo è talmente pieno di spunti innovativi che rischia di essere più vetusto del tanto decantato “vecchio” cui si pone contro.
    A essere puntigliosi, escludendo le macchine digitali, i film oggi si “girano” allo stesso modo dei fratelli Lumière. Certo si voleva fare un’iperbole, lo so… ma non le sembra, Direttore, che tutto l’articolo stia bene in un blog personale piuttosto che in una testata dove si dovrebbe parlare di arte?
    Dico questo perchè ultimamente su exibart appaiono articoli un tantino “politici” e mondani che poi non arrivano a nulla se non a raggiungere il livello delle storielle dell’osteria.
    Accadono tante cose nel mondo dell’arte, ci sono festival, rassegne ed eventi, ci sono artisti da intervistare e tante altre cose che renderebbero anche un servizio concreto ai lettori sia sotto il profilo informativo che culturale più di questi inutili pettegolezzi di regime. sinceri saluti

  2. Beh Tonelli, se quello che manca a Roma è una schifezza tipo il progetto del ponte di Venezia (che è davvero di una banalità sconcertante) allora non è poi tutto questo danno rinunciare alle archistar. Vero che è anacronistico voler riesumare progetti del passato, e qui concordo con lei, ma è anche di una provincialità senza fine lamentare la mancanza di Calatrava a Roma.
    Sarà anche l’unica capitale europea resistente agli architetti del presente ma, non so se ha notato, è anche un po’ diversa dalle altre.

  3. Bha, interviste, recensioni, anticipazioni e approfondimenti ne pubblichiamo nella misura di una ventina al giorno. Al giorno. Per certi versi sono anche troppi. Di scorribande nella politica culturale (o nel gossip da blog, come lo più elegantemente definito tu) ne facciamo una ogni trimestre o giù di lì.

    L’ultima volta che mi imbarcai in un articolo simile (trovi tutte le pezze d’appoggio qui: http://www.exibart.com/notizia.asp?IDNotizia=22377&IDCategoria=44), il pezzo finì sulla scrivania dell’allora ministro e, guarda un po, dopo qualche settimana il raccapricciante progetto che duramente criticavamo venne stralciato…

    Non so se sul mio blog la cosa avrebbe avuto gli stessi esiti.

  4. Incredibile!! per una volta sono pienamente d’accordo con Tonelli!!! Forza Massimiliano… Non ci rassegnamo all’immobilismo! bravo continua così.

  5. caro direttore, cari tutti – non è mia attitudine partecipare ai forum di discussione online giacchè adoro i confronti vis a vis – ma mi sento in questo caso in dovere di parlare visto il tema di mio interesse e la leggiadria parolibera (di marinettiana memoria) con cui viene trattato. L’arco di Libera è il più grande esempio di progettualità utopico-totalitarista mai avuto a Roma nel ventennio, è il compimento di un delirio simbolico realizzato con il cemento, la dorsale di una circonferenza che prosegue immaginificamente nelle tenebre. Progetto di visionarietà anti litteram se lo si vuole confrontare alla spinta liberatoria cara agli anni ’60 di Archigram, Archizoom e Superstudio per esempio.
    Non mi stupisce affatto che la proposta arrivi da esponenti politici che proseguono, ora su altri livelli simbolici, l’edificazione della promessa divina. Questi livelli sono sorretti prima di tutto dall’informazione – l’architetura rappresentativa la si fa oggi con colonne di parole e promesse non con colonne di marmo. Credo che non sia necessario parlare di futuro quando tutto fa pensare che esso non esista, sia solo un allucinazione del presente e credo che abbia ormai sempre più senso abituarsi a viaggiare nel tempo, cercando il meglio ovunque.
    Un testo illuminante: Emilio Gentile, Fascismo di Pietra, ed.Laterza, Bari 2007.
    grazie – ciao.

  6. Se c’è qualcosa di “utile” in questo articolo, è il fatto che non cada nell’equivoco di retorica mediatica berlusconiana secondo cui un gesto non incide sul reale perché può avere uno come mille sensi diversi.
    Chi si rifiuta di leggere il sottotesto politico di questa scelta spero si ricordi, quando le cose continueranno a peggiorare secondo questa china, di fronte a quali proposte inconfondibilmente simboliche ha annuito facendosi convincere che si trattasse solo di questioni formali.
    Perchè se non si accetta che la costruzione di quest’arco, oggi, sia dettata da esigenze puramente formali, allora si dovrebbe pensare che si tratti di una sorta di riabilitazione storica del pensiero che ha sentito l’esigenza di progettarlo. Oppure, al limite, di un falso storico, ma qui non si tratta di questo.
    Libera è un genio. Ma solo quale interprete del suo tempo. Nell’interpretare il mio tempo diventa, nel migliore dei casi, afasico. Nel peggiore, omicida.
    Il gioco a svuotare di senso le cose può funzionare con le dichiarazioni televisive. Nelle pietre il mezzuccio diventa più pericoloso.

  7. Solo una preciszione per evitare al direttor Tonelli e ai lettori di exibart di essere multati per mancato pagamento della sosta: dal 15 dicembre la sosta è di nuovo a pagamento in tutta Roma con alcune modifiche (allego link).
    In merito alla questione arco credo, e lo dico da fan dell’architettura razionalista, che l’EUR di oggi vada preservato per come ci è arrivato dalla storia… l’inserimento di un progetto ormai decontestualizzato sarebbe ingiusto proprio nei confronti della storia a cui tutti dobbiamo più rispetto… per non parlare del fatto che il project financing verrebbe probabilmente affidato a mcdonald che di archi ne costruirebbe due incrociati per pubblicizzare meglio il fast food del laghetto…

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