17 maggio 2021

A room with a view: lo sguardo degli artisti oltre i confini del lockdown. Intervista a Mara Sartore

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Dalle stanze isolate di tutto il mondo, 20 artisti e artiste condividono le riflessioni nate nel primo periodo di pandemia. Un anno dopo, la responsabile editoriale del progetto ce ne racconta il valore, sempre attuale

“A room with a view” è il titolo di un libro e il nome di una rubrica settimanale online, un’immagine eloquente per un progetto di ampio respiro nato durante il primo lockdown della primavera 2020. L’iniziativa è stata ideata dalla casa editrice Lightbox con l’intento di abbattere i confini imposti dall’isolamento domestico e allargare e moltiplicare le visioni del mondo attraverso gli occhi degli artisti.

In un momento di assoluta sospensione, in cui l’arte sembrava congelata nel flusso interrotto della vita, Lightbox ha acceso la luce sugli spazi privati dei suoi protagonisti. Così, venti lettere colme di esperienze e suggestioni, accompagnate dalle fotografie di persone e opere d’arte, sono pervenute alla redazione dalle stanze degli artisti di tutto il mondo, da Milano a New York, da Hong Kong a Bogotà. Pubblicate in ordine alfabetico, alcune di esse testimoniano le disparità economiche e sociali tragicamente accentuate dalla pandemia, altre sono scritti dal carattere intensamente personale, introspettivo ed esistenziale.

A distanza di un anno, questa preziosa corrispondenza ricca di colori, suoni e sapori dai contrasti estremi continua ad abbracciare la solitudine del lettore, spalancando la sua finestra su un panorama complesso dall’orizzonte più che mai intimo e universale. Parliamo di tutto questo con la co-fondatrice e direttrice di Lightbox, Mara Sartore.

Come è nato il progetto A Room with a view e come è stato recepito dagli artisti?

«Il progetto è nato durante il primo lockdown di marzo 2020, mentre stavamo lavorando alla stampa della guida di Dubai per La settimana dell’arte. All’improvviso, le nostre vite si sono congelate: abbiamo percepito una sensazione di profondo spaesamento. Dopo qualche settimana, chiacchierando con le colleghe di Lightbox, è nata l’idea di coinvolgere gli artisti con i quali avevamo collaborato. Sentivamo il bisogno di ricevere dei contributi che potessero aiutarci a trovare delle nuove chiavi interpretative per questo lungo periodo di solitudine e introspezione. Per alcuni artisti invitati a partecipare non era il momento giusto per comunicare, mentre coloro che hanno deciso di farlo sono stati mossi dalla voglia e dall’urgenza di esprimersi».

Perché è stata scelta la forma espressiva della lettera e per quale motivo avete deciso di raccogliere i contributi degli artisti in un libro “fisico”?

<<In un momento in cui potevamo incontrarci soltanto attraverso gli apparati digitali, abbiamo pensato di tornare a un mezzo di comunicazione più antico, lento e meditativo, che aprisse alla riflessione individuale e intimistica. Il titolo A room with a view, ripreso dal nome del romanzo di Edward Norman Foster, rende l’idea di una clausura che ha permesso di ristabilire un contatto poetico con il mondo esterno. Inizialmente gli scritti sono stati pubblicati online sul nostro sito web e poi, al fine di superare il carattere effimero del mondo digitale, abbiamo deciso di farne un libro. Volevamo conferire alle lettere una dimensione cartacea, permanente, affinché questa raccolta epistolare potesse essere maneggiata quale ricordo materiale di un anno che ha cambiato le nostre vite e il nostro modo di affrontarle>>.

Le lettere sono state pubblicate ogni settimana, a partire dall’8 aprile, sul sito di myartguides.com. Perché è stato importante, in una situazione di crisi globale, instaurare un confronto quotidiano con i diversi punti di vista degli artisti?

<<L’idea di pubblicare online le lettere è nata dal desiderio di creare una rubrica che offrisse periodicamente un nuovo sguardo sul mondo. La cadenza settimanale, scelta nell’ambito di una precisa linea editoriale, era legata alla ricerca di un ritmo lento e ciclico, che offrisse ai pensieri il tempo di sedimentarsi e approfondirsi. Volevamo proporre una sorta di terapia, che permettesse ai suoi fruitori di sentirsi meglio ad ogni incontro>>.

Alcune delle fotografie e installazioni raccolte nel volume risalgono a periodi diversi da quello del lockdown. Come sono state selezionate?

<<Abbiamo lasciato agli artisti una libertà totale, volevamo avessero la possibilità di mostrarci qualsiasi immagine che reputassero significativa. Ad esempio, Giorgio Andreotta Calò non ha proposto alcun ritratto di sé, ma ci ha fornito un’unica foto del suo studio a Venezia, il luogo in cui ha trascorso gran parte del lockdown; di Giovanni Ozzola, invece, abbiamo trascritto e tradotto alcuni steel del contributo video che ci ha inviato>>.

I contributi degli artisti sono stati elaborati in luoghi molto lontani tra loro, diametralmente opposti quanto a storia, suggestioni visive, sistemi culturali, condizioni sociali ed economiche. Alcuni artisti hanno affrontato temi come le disparità di diritti e le ingiustizie del sistema capitalista.  In che modo le poetiche degli artisti e i diversi contesti e modalità di esperienza del lockdown si sono vicendevolmente influenzati?

<<Ciascuna storia è a sé. Ad esempio, Miltos Manetas ha trasformato questo momento tragico in un input virtuoso e costruttivo, curando la sua mostra a Palazzo delle Esposizioni mentre era confinato a Bogotà, con tutte le complicazioni del caso. Carlos Amorales ha trasformato il suo studio in una sala giochi privata e al contempo ha realizzato un vero e proprio atto sociale: un progetto fotografico che prevedeva la  distribuzione di mascherine alle persone costrette a lavorare durante la pandemia. Nadim Abbas, che ha trascorso il lockdown a Hong Kong, ha vissuto un’autodisciplina estrema, ormai un’abitudine mentale in quei luoghi. Amorales e Nino Cais, invece, hanno sperimentato tutta l’iniquità del mondo nelle enormi metropoli del Latino America, dove il controllo sociale è veramente un’utopia>>.

In che modo l’esperienza del confinamento domestico e le riflessioni elaborate dagli artisti in quel periodo hanno influito nel loro rapporto con il sistema dell’arte contemporanea?

<<Mi sembra sia ancora in atto un momento di profonda transizione: credo che gli artisti, come tutti noi, abbiano bisogno di continuare a interrogarsi sulle possibilità di adattamento offerte da questa nuova realtà. Molti sono riusciti a lavorare e ad esporre le proprie opere, altri si sono concessi del tempo per riconsiderare la propria pratica e il proprio atteggiamento nei confronti del sistema artistico. Noto nella maggior parte di loro la necessità di tornare a fruire dell’arte in presenza. L’arte è esperienza ed è fondamentale vivere l’esperienza dell’arte, incontrandola e incontrandosi di persona negli studi, nelle gallerie, alle Biennali>>.

Alcuni artisti hanno assunto un punto di vista introspettivo, ponendo l’accento sulle sensazioni di connessione ed alienazione, sul valore creativo dell’inattività e sul bisogno di instaurare contatti più profondi con le proprie istanze interiori, nonché sulla percezione del tempo, dell’ambiente circostante e del proprio corpo. Spesso da queste riflessioni sono nate opere d’arte inedite.  Quali sono le conseguenze e il valore di un progetto che mostra gli artisti nella loro dimensione più intima, aprendo a una relazione di empatia con i cittadini?

<<A room with a view ha rappresentato una preziosa occasione di conoscere gli artisti svincolati dal contesto pubblico ed espositivo, nella loro dimensione intima e domestica. Ognuno di noi, elaborato l’effetto di stupore iniziale, ha avuto la possibilità di cogliere il potenziale trasformativo di quel periodo. Gli artisti, che hanno continuato ad esercitare la loro assoluta libertà creativa, sono stati capaci di esprimere le proprie istanze interiori facendole interagire con la sensibilità comune. Hanno riflettuto sull’esperienza collettiva di un anno incredibile, che ha cambiato radicalmente le nostre vite e il nostro sguardo sulla realtà>>.

Immagina di realizzare un’altra edizione di A room with a view: cosa pensi che cambierebbe rispetto alla prima?

<<Quando abbiamo pubblicato questo libro pensavamo che sarebbe diventato un ricordo legato al 2020, invece le testimonianze raccolte sono ancora terribilmente attuali. È difficile immaginare in che modo gli artisti stiano interpretando una situazione che ha ormai il carattere di un cambiamento epocale. Credo che una seconda edizione di A room with a view raccoglierebbe delle testimonianze probabilmente più consapevoli e critiche. L’insofferenza generale e il potere trasformativo della crisi diventerebbero stimoli per una visione del nostro tempo più lungimirante e propositiva>>.

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