22 giugno 2008

ADELE C. UNA STORIA D’AMORE

 
Nel film di Truffaut la storia d’amore era quella di Adele H, figlia di Victor Hugo. E d’amore, in effetti, si tratta pure qui. Amore per il design. Amore per un padre straordinario. Amore per una nuova sfida. Adele C è un marchio. Ed è anche il nome di una donna molto in gamba, che ha incontrato per strada un degno compagno d’avventura. Figlio d’arte pure lui...

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Certi incontri nascono sotto una buona stella. E a determinarli sono fattori inspiegabili, misteriosi. Invisibili corrispondenze tra storie, talenti, biografie, energie. Matteo Boetti e Adele Cassina si conoscono circa un anno fa e si accorgono presto di avere mire e progetti convergenti. Entrambi portano un cognome impegnativo ed entrambi custodiscono delle passioni speciali, trasferitegli dai genitori. Un fatto di dna, forse. O forse solo di imprinting culturale, atmosfera masticata fin dall’infanzia.
Adele è figlia di Cesare Cassina, pioniere del design italiano e fondatore dell’impresa che lanciò, a partire dagli anni ’50, alcune tra le più grandi firme del made in Italy, da Franco Albini a Giò Ponti, da Gaetano Pesce a Vico Magistretti. Dopo una vita passata in azienda, senza mai decidere di assumere in prima persona il timone, Adele abbandona la nave nel ’90, vendendo il suo cinquanta per cento della Cassina SpA. Ma nel 2007, a sessantotto anni, la brillante signora del design si lancia in un’avventura tutta sua, presentando il marchio Adelecassina e aprendo a Milano uno showroom. Determinata e matura imprenditrice, eccola riaffacciarsi sul mercato con l’entusiasmo di una ragazzina, e con un nuovo sogno tra le mani. Sogno che, nel giro di un anno, ha continuato a crescere, trasformando il brand in Adele – C Studio: tre negozi monomarca in tre città diverse, Milano, Firenze, Roma. E un obiettivo preciso: puntare sul connubio arte-design.
Matteo, 39 anni, è il primogenito di Alighiero Boetti, artista geniale a cui il secondo Novecento deve straordinarie, indimenticabili intuizioni. Nel suo caso, parlare di irrequietezza, eccentricità, mutevolezza, è quanto mai appropriato. È stato musicista, organizzatore di eventi, art director, talent scout, ma soprattutto gallerista. Dopo le esperienze di Autori Messa -interessante fucina di talenti attiva a Roma tra il ’93 e il ’95- e di Autori Cambi, tra le protagoniste di quel fermento capitolino che esplose all’inizio del nuovo millennio, Matteo lascia nel 2005 lo spazio espositivo di via San Martino ai Monti e inaugura lo Studio Boetti: Un ritratto di Adele CassinaDa allora, e fino a poco tempo fa, ho svolto un lavoro diverso, più da project manager che da gallerista”, racconta a Exibart, “occupandomi a tutto tondo di pochi artisti, dalla produzione delle opere all’organizzazione di mostre in spazi altrui, dalla promozione al puro mercato”. Non la solita vetrina commerciale, col classico programma di mostre a rotazione, ma una realtà più effimera, dinamica, flessibile. “Ho ascoltato il consiglio di Massimo De Carlo”, ci confida Matteo, “che un giorno mi disse: ‘Io sono io e faccio fatica a seguire cinque/sei nomi, tu come pensi di farcela a seguirne dieci/dodici?’. Aveva ragione. La metamorfosi era nell’aria, sia per mie inclinazioni e aspirazioni personali, sia per i cambiamenti stessi del sistema dell’arte, sempre più specializzato, frammentato e perciò affamato di agilità, duttilità e site specific”.
E oggi? Un nuovo step, una nuova storia tutta da inventare. Adele e Matteo lavorano fianco a fianco, impegnati in un progetto ambizioso che vede intrecciati arte e design in un’avvincente formula imprenditoriale. A fare da tramite tra i due fu Marco Papa, uno degli artisti di punta di Boetti. Iniziata circa un anno fa una felice collaborazione con Adele C, Papa ne divenne poi l’art director, dedicandosi allo sviluppo del marchio e dei tre showroom, che, come ci racconta lui stesso, “sono laboratori e spazi espositivi in cui presentare i nuovi prodotti Adele C, ma anche opere d’arte con cui Adele C cercherà un dialogo. I prodotti non saranno esposti, ma vissuti dai collaboratori e dal pubblico. Non solo oggetti da guardare, ma da utilizzare…”. Si tratta di architetture minimali, quasi asettiche, pensate per dare risalto alle opere e per mettere a proprio agio il pubblico, invitandolo a consultare libri e riviste, a giocare con gli oggetti, a godersi mostre e video d’arte.
Ed è a questo punto, nell’ottica di un dialogo serrato con l’arte contemporanea, che avviene l’incontro tra Adele e Matteo, un incontro determinante, come precisa quest’ultimo: “Mi conquistò la sua volontà di lasciare carta bianca a Marco e il suo desiderio di non impostare lo spazio come un classico showroom di design. Ci disse chiaramente di non preoccuparci di vendite e fatturato, ma di pensare all’arte, cercando di creare un’immagine nuova a partire da questa sinergia”. È così che il gallerista entra a far parte della squadra, col compito di gestire la parte strettamente artistica dello spazio romano. Il suo ruolo? “Cercherò di far vivere questo luogo, integrando dei progetti d’arte contemporanea con un design space decisamente non tradizionale. Adele C Studio è infatti il contenitore ma anche parte del contenuto. È uno spazio fisico e insieme uno dei tre attori che produrranno eventi, sia autonomamente, presentando i propri prodotti, sia in relazione tra loro”. C’è dunque Adele C, con la sua collezione design, c’è lo Studio Matteo Boetti, con un programma di project room d’artista, e c’è infine il network di curatori indipendenti 1to1 (con sede a Roma e Londra), chiamato a presentare ogni due mesi un video selezionato dal suo archivio di giovani artisti italiani e internazionali. Tre soggetti che entrano in connessione, cercando canali creativi paralleli.
Marco Papa - Zarina Anno Zero - 2008 - courtesy Adele C, Roma - photo Ela Bialkowska
Ha un nome singolare, in sintonia con lo spirito e lo stile delle precedenti esperienze, la rassegna di project room diretta da Boetti: OUT OFF I.C.I.N.A -acronimo di “iniziative culturali internazionali non autarchiche”- dà subito l’idea di una struttura aperta, orizzontale, poliedrica. Sul modello della rete o del network in espansione. “Il format fisso, basato sul numero tre, sarà quello dell’incontro/scontro, ogni tre mesi, fra tre artisti, scelti sia per affinità che per diversità”, spiega Matteo che, da buon Boetti, ha sempre avuto una certa fissazione per i numeri. “Chiamati a confrontarsi con un titolo/tema ogni volta diverso, gli artisti dovranno operare uno sforzo di sintesi opposto all’impianto antologico che hanno di solito buona parte delle mostre”. Gli argomenti? Svariati, singolari, bizzarri, nulla di prevedibile, ci mancherebbe. Boetti non si smentisce, e a restare dentro ai canoni proprio non ce la fa. “Di titoli ne ho messi da parte talmente tanti che mi basterebbero fino al 2011… Sono ironici, provocatori ed evocativi, come vorrei che fossero le mostre stesse. Ne anticipo uno, che m’è venuto in mente giusto oggi: ‘Emmène-moi, emmène-moi, on doit pouvoir se rendre écarlates’… L’ho tratto da una canzone dei Noir Désir, band francese il cui cantante è l’assassino dell’attrice Marie Trintignant”. Più un’affascinante suggestione che un vero e proprio tema. Chissà cosa si inventeranno gli artisti, viene da chiedersi. Di certo, ove possibile, verrà chiesto loro di interagire con la natura dello spazio e col marchio Adele C. Pur non essendo questa una conditio sine qua non.
La relazione col brand è stata invece una prerogativa fondamentale per Marco Papa, chiamato a progettare il primo appuntamento di Adele C Studio. Il 29 febbraio scorso, nello spazio di Firenze, ancora in fase di ristrutturazione, Papa ha installato un’opera ispirata a un oggetto molto caro ad Adele Cassina, la poltroncina regalatale dal papà quando era bambina e da lei rilanciata sul mercato, l’anno scorso, in un formato a misura d’adulto. “Quest’oggetto mi ha accompagnato tutta la vita, è stato parte di me. Non ho tuttora una percezione critica della mia cara e fedele poltroncina”, ci racconta la stessa Adele, “se non quella che sia un pezzo al di fuori e al di sopra del tempo e del design. Marco l’ha sentita come icona e trait d’union tra la collezione già esistente e quella in fieri…”. E da questa memoria infantile è partito l’artista per realizzare Zarina Anno Zero, un esemplare della versione big, ribattezzata “Zarina”, sulla quale è posta la gemella baby originale, a rappresentare il dialogo affettivo tra padre e figlia, ma anche il senso di una storia creativa che continua nel tempo.
Lo spazio romano di Adele C Studio - photo Ela Bialkowska
Una telecamera fissa, puntata sull’opera, riprendeva i muratori e le maestranze al lavoro, mentre le immagini venivano trasmesse in diretta via broadcasting negli spazi di Milano e Roma. Un triplice opening dal sapore simbolico ed evocativo, che suonava già come una dichiarazione di intenti. A disegnare la nuova collezione Adele C saranno infatti dei giovani artisti italiani, i vincitori del nuovo premio Cersare Cassina, appositamente istituito per sostenere un’idea di progettazione innovativa, che avvicini il design a una creatività ibrida, contaminata, intimamente “artistica”.
Un’impostazione, questa, fortemente voluta da Adele: “Credo che la libertà creativa dell’artista unita al know-how dell’impresa siano oggi un mix necessario per rinnovare il linguaggio del design”, ci dice con fermezza. E, palesando tutto il suo entusiasmo, aggiunge: “La missione dell’azienda è arricchire il mondo del design portando sul mercato una realtà capace di esprimere in un nuovo contesto lo stesso grado di innovazione creato da mio padre negli anni ‘50”. Così, nell’arte Adele trova oggi la chiave per raggiungere la sua più ambiziosa meta. Lei, che di arte non si è mai occupata per un senso di umiltà e di coerenza (“Ho spesso sentito ripetere a mio padre ‘a ciascuno il proprio lavoro’, che in dialetto milanese suona ‘a ogni offelé el so mesteé’”), lei che non è mai stata nemmeno collezionista, nonostante le occasioni non le siano mancate, come quando incontrò per caso un ancora sconosciuto Andy Warhol (“Era il 1959, accompagnavo il papà a New York e un amico, l’antiquario Dino Levi, ci aveva fatto da chaperon durante il nostro soggiorno americano”), o quando a Roma curava il negozio (“Non si usavano ancora sostantivi quali showroom o design”) di via del Babuino e le gallerie d’arte le lasciavano in esposizione opere di Burri, Morlotti, Balla, Fontana… Lei, che l’arte contemporanea l’ha sempre incontrata per caso e per gioco, comprende ora che è questa l’intuizione vincente: tentare di stabilire “sinergie fruttuose in un cammino sintonico ma parallelo” tra il design, passione di sempre, e l’arte, nuova strategica alleata.
Il 2 aprile lo spazio di Roma ha ospitato il primo evento espositivo, Here come the rolling bones. Paradossi della visione: tra etica e tecniche, una mostra con una forte componente video. La cura è di Piero Pala e Benedetta Di Loreto e la direzione artistica, naturalmente, di Matteo Boetti. Natural Location, opera dei Globalgroove, è invece la prima proposta di 1to1 per la sezione “video archive”.
Il progetto di Marco Papa per gli spazi Adele C
Pare soddisfatto Boetti, alle prese con questo nuovo capitolo della sua movimentata carriera. E se gli chiediamo, sulla soglia dell’entusiasmante incipit, di improvvisare un primo bilancio professionale, lui ci sta: “Ho diretto tre gallerie, realizzato circa cinquanta mostre, scritto e suonato due dischi, scritto e prodotto un docu-film d’arte e finanziato un libro. Ora sto preparando un libro d’artista a tiratura limitata nel quale inviterò alcuni nomi a illustrare dei miei scritti. Da un anno allevo cavalli, mia grande passione dai tempi dell’Afghanistan. Ho fatto i miei sbagli, più personali che professionali, procedendo spesso in modo anarchico, da kamikaze. Ma certo non posso dirmi insoddisfatto”. E il futuro? “Faccio fatica a immaginarmi troppo in là, noi Boetti non duriamo tanto a lungo… Parafrasando una dichiarazione del geniale calciatore nord irlandese George Best, concluderei con uno scaramantico necrologio spero molto anticipato: ‘Ho speso il novanta per cento del mio patrimonio producendo opere d’arte, realizzando mostre e sostenendo giovani artisti, il restante dieci l’ho sprecato’”. Ma se la grinta è la stessa della signora Adele Cassina, il sospetto è che l’avventura, invece, durerà a lungo. Magari sulla scia del nuovo sodalizio, figlio di quelle “felici coincidenze” in cui Alighiero amava scovare le leggi nascoste del caos.

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helga marsala

*articolo pubblicato su Exibart.onpaper n. 49. Te l’eri perso? Abbonati!




Adele C Studio
Via Marco Polo, 11 – 20124 Milano
Via Belli, 21 – 00193 Roma
Via dei Serragli 56r/58r – 50124 Firenze
Info: tel. +39 0362347499; info@adelec.it; www.adele-c.it


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