12 dicembre 2022

Arte e tecnologia al festival About the Future: la parola a Luca Basilico

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Intervista a Luca Basilico, direttore e project coordinator di About the Future, festival dedicato al dialogo tra arte, tecnologia e scienza, andato in scena a Campobasso

Nel mondo dell’arte, le prospettive future sono implementate dalla tecnologia e dalla scienza, che agiscono proprio come nuovi pittori, i cui strumenti rimangono comunque nelle mani dell’uomo. Interrogarsi sul futuro delle commistioni tra arte e tecnologia significa però anche immaginare un nuovo reale. Un anticipo del tempo che verrà lo svela Luca Basilico, direttore del Festival internazionale “About The Future”, prodotto e organizzato dalla Fondazione Molise. A Basilico abbiamo rivolto alcune domande sull’evento andato in scena a Campobasso, che ha promosso la diffusione di nuovi linguaggi artistici e le convergenze tecnologico-scientifiche derivate dalla cultura contemporanea.

L’edizione del Festival About The Future è appena terminata. Vogliamo tracciare un commento a caldo?

«Sì certamente. Mi lasci ringraziare però la rivista per il prezioso spazio di approfondimento. Dunque, questa edizione è stata molto interessante in termini di risultati raggiunti. Abbiamo finito di lanciare le varie sezioni che compongo l’architettura programmatica del Festival e finalmente il progetto è diventato oggetto di interesse per i più.

L’edizione precedente, molto ricca in termini di personalità del sistema dell’arte contemporanea e delle performance dal vivo, ha presentato una serie di difficoltà, molte delle quali erano sicuramente determinate indirettamente da una fase ancora ingessata dai protocolli di sicurezza post-covid. Ricordo che fu molto faticoso, tuttavia, garantimmo grazie al lavoro dei tecnici della Fondazione Molise Cultura, tutte le attività nei vari spazi in presenza e la partecipazione alle installazioni interattive, multimediali e le live performances.

Lei ha potuto vedere come ben si presta lo spazio alle varie forme di allestimento, ma anche come è complesso in termini di estensione lo spazio dell’ex GIL. Sulla questione della sede approfitterei nel dire che i vari linguaggi espressivi promossi dal Festival hanno trovato nell’architettura razionalista un luogo plasmabile, versatile e dinamico, adatto quindi a creare sempre un luogo che non solo risponde agli standard, ma si apre al divertimento di creare situazioni nuove grazie anche ai nuovi acquisti tecnologici (LED screen wall), nonché sviluppo di nuovi pubblici.

Quest’anno una particolare attenzione è stata dedicata ad un target specifico con la programmazione “for kids”. Devo dire che è andata oltre le aspettative e questo ha permesso di aprirsi ancora di più al territorio. Vede può sembrare fuorviante questa attenzione, ma il progetto intende lavorare fondamentalmente su due fronti: qualità internazionale in programmazione e radicamento sul territorio. Questo perché la Fondazione Molise Cultura, ente in house della Regione Molise, agisce oggi sul territorio regionale con un’azione specifica di welfare culturale».

Ci parli, nello specifico, dell’edizione di About The Future 2022.

«L’edizione 2022 del Festival, si è articolata in diversi momenti interconnessi fra loro, in effetti è questa la caratteristica principale a cui il progetto fa riferimento. Non un contenitore catalogabile in un unico settore. Bensì un racconto capace di inglobare i diversi linguaggi della cultura e della creatività contemporanea che fanno della tecnologia uno strumento di mediazione espressiva.

Il solco della ricerca, incentrato all’interno della produzione sperimentale audio-visiva, nello specifico la videoarte, definita «Un laboratorio cinquantennale di nuove professionalità creative nell’ambito delle culture industries», offre la scusa per parlare del rapporto osmotico tra le arti visive e quelle performative con la tecnologia a partire dagli anni ’60 fino a oggi. In questa cornice collochiamo quindi i due ospiti della sezione Exhibition: Stephen Partridge con l’installazione Monitor (1974) e Elaine Shemilt con il video tape Doppelgänger (digital version 1979).  L’occasione è stata utile anche per video documentare le loro rispettive lectures: Rewind e EWVA.

Gli artisti Francesca Fini (A Dream in Stone, 2022) e Alessandro Amaducci (Remake Remodel, 2020) sono stati i protagonisti del talk con screening video della sezione Artist on the future. Giacomo Ravesi ha proposto e raccontato dei video in una giornata dedicata sul tema dell’animazione d’artista contemporanea.

Per l’area Education, attività grazie alla quale il progetto raggiunge un interessante attenzione da parte del mondo dell’educazione e dalle famiglie, Donato Maniello, fondatore dello Studio Glowarp, ha presentato il suo ultimo libro “Augmented Heritage, dall’oggetto esposto all’oggetto narrato”, in cui affronta tematiche sui metodi della progettazione multimediale in ambito museale per la valorizzazione dei beni culturali; il king maker Fabio Viola ha raccontato il mondo della gamification e del metaverso partendo dalla recente mostra allestita presso la Reggia Venaria di Torino; mentre la start up VR Club ha offerto la possibilità di vivere delle esperienze immersive  (Roma ed il laboratorio creativo di Bulgari) con l’uso di visori VR nel concept note sulla valorizzazione del patrimonio culturale. Un’altra azienda, che lavora su modelli di didattica digitale per l’apprendimento creativo, la RoboBoat, ha realizzato una sessione di coding e robotica.

Infine le performance. Due interessanti momenti in cui da una parte si è svolta un’esibizione A/V live del duo partenopeo Glitch project, uno storytelling audio-visivo che frulla le immagini e gli eventi della nostra quotidianità raccontate dai media, quasi un tg arricchito dalla funzione electro-sonora; e infine l’intervento metateatrale del collettivo Dehors/Audela con “Il suo spazio è l’intervallo”, una lecture performance audiovisiva che ha rappresentato l’ultima attività di una rassegna durata dieci giorni».

Qualche anticipazione della prossima edizione?

«Un solo aspetto è rimasto ancora in sospeso in termini di programmazione e uso delle possibilità offerte dagli spazi della Fondazione Molise Cultura. La FMC gestisce anche il Teatro Savoia di Campobasso. Un edificio costruito intorno agli anni ’20, un vero e proprio gioiello. Sicuramente vorremmo aprirci ancora di più sulla ricerca espressiva e sperimentale nel campo delle performances dal vivo all’interno di questo luogo. E mi piacerebbe vedere come l’architettura storica, gli affreschi e tutto il contesto relazioni con le sollecitazioni contemporanee».

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