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Blackboard, a Bergamo l’arte diventa dispositivo di contro-narrazione
Progetti e iniziative
di redazione
Una lavagna nera, uno spazio sul quale intervenire, cancellare e poi sovrascrivere sulla traccia rimasta impressa nella memoria della materia e di chi ha scritto o visto. Per Jean-Luc Godard e Jean-Pierre Gorin dei primi anni Settanta era la metafora perfetta dello schermo, a rappresentare una certa definizione militante – e anche radicalmente didattica, se non pedagogica, nel senso di rifondazione dei processi di trasmissione della conoscenza – del cinema e, quindi, del loro lavoro registico, in particolare quello espresso all’interno del collettivo di rottura Dziga Vertov. Da questa impostazione, che presuppone un intervento concreto nella realtà delle cose, prende le mosse, a Bergamo, Blackboard, progetto a cura di Francesca Ceccherini, sviluppato in collaborazione con Lab 80 film.
Il Palazzo della Libertà
Il centro di questo progetto, definito come «Un dispositivo di risonanza e contro-narrazione», è il Palazzo della Libertà di Bergamo, edificio razionalista costruito alla fine degli anni ’30 e nato con il nome di Casa Littoria. I momenti di attivazione attraverso cui Blackboard vuole mettere a nudo, rovesciare, ridiscutere questa memoria autoritaria saranno ospitati nella Sala dell’Orologio, che è diventata la nuova sala di proiezione gestita da Lab 80 film.
Ribattezzato Casa della Libertà dopo la Liberazione, il palazzo entra dunque oggi in una nuova fase di significazione simbolica e culturale: Blackboard si innesta in questo percorso restituendo alla collettività un luogo complesso, da leggere e riscrivere criticamente. Il progetto, articolato in quattro appuntamenti annuali tra screening, rituali di ascolto e installazioni fonovisuali, invita artisti, studiosi e pubblico a prendere posto all’interno di una pratica condivisa di generazione di conoscenza.

Arte, suono e politica della memoria: Blackboard a Bergamo
Curatrice e dottoranda in Visual and Media Studies presso l’Università IULM di Milano, Ceccherini è anche cofondatrice, insieme a Eleonora Stassi, dell’Oto Sound Museum, un museo per opere che non si vedono ma si ascoltano, sostenuto da Pro Helvetia e realizzato con il collettivo Zaira Oram. Il progetto raccoglie una collezione di paesaggi sonori ideati da artisti internazionali, esplorando la sfera uditiva come spazio estetico e politico: un archivio invisibile che estende l’idea stessa di museo come luogo di percezione. Questa esperienza confluisce in Blackboard, che riconosce nell’ascolto e nella visione strumenti di elaborazione collettiva del trauma e di rinegoziazione del significato dei luoghi.

Sostenuto da Lab 80 film, storica cooperativa bergamasca nata nel 1976 e da sempre impegnata nella produzione e distribuzione di cinema indipendente, Blackboard rientra nell’ambito del nuovo polo CULT!, creato per favorire l’incontro tra pratiche artistiche e culturali a Bergamo.
Some Strings: un film collettivo per la libertà
La prima attivazione, in programma il 15 novembre 2025, alle ore 21, è Some Strings, opera collettiva che riunisce più di 150 autori, registi e artisti da tutto il mondo – tra cui Apichatpong Weerasethakul, Philippe Parreno, Francis Alÿs, Lav Diaz, Ben Rivers, Eyal Sivan, Dora García, Mohamed Bourouissa, Ugo Rondinone, Mauro Mazzocchi, Silvia Maglioni e Graeme Thomson – in una coralità di brevi gesti filmici, della durata da uno a cinque minuti.
Il progetto nasce come atto di resistenza e di solidarietà verso la Palestina, ispirato al poeta e insegnante Refaat Alareer, ucciso insieme alla sua famiglia durante un bombardamento nel dicembre 2023. Nel suo ultimo poema If I Must Die, Alareer invitava chi fosse rimasto in vita a costruire un aquilone con “some strings”, fili di spago: un simbolo di sopravvivenza dal forte potere immaginativo. Ogni frammento filmico diventa così un filo lanciato nel cielo, che attraversa confini geografici e linguistici.

Dopo la proiezione seguirà una tavola rotonda con gli artisti Silvia Maglioni e Graeme Thomson, Yosr Gasmi e Mauro Mazzocchi, la semiologa Patrizia Violi ed Elisabetta Ruffini, direttrice dell’ISREC – Istituto per la Storia della Resistenza e dell’Età Contemporanea, in dialogo con la curatrice.
Nei prossimi mesi il progetto proseguirà con Disarm di Pedro Reyes (febbraio–marzo 2026), un’installazione sonora che trasforma armi in strumenti musicali, ampliando la riflessione sulla riconversione simbolica dei materiali del potere.














