06 maggio 2010

COSTELLAZIONE NON PROFIT, III

 
di helga marsala

Dopo le due puntate sui collettivi curatoriali, un primo focus sugli spazi progetto. L’inchiesta di Exibart continua, intercettando e conoscendo da vicino alcuni tra i migliori laboratori di idee e progetti artistico-curatoriali che, in Italia, scelgono la formula coraggiosa del non profit. Un’inchiesta unica...

di

CAP. 2. GLI SPAZI PROGETTO, I
Dal profondo Sud all’estremo Nord, dalla Sicilia all’Alto
Adige, passando per Milano. Due realtà più giovani e una con una storia più
lunga alle spalle. Tutte con un ruolo importante per i rispettivi territori
d’appartenenza. Prosegue l’inchiesta di Exibart sul variegato mondo del non
profit.

BOCS – catania
Il primo progetto curato insieme si chiamava Muri Di
Carta
, una
comunità virtuale di giovani artisti siciliani pensata esclusivamente per il
web. Era il 2001 e i catanesi Giuseppe Lana e Claudio Cocuzza – artista uno, grafico l’altro – cominciavano così il
loro percorso: prima l’organizzazione di mostre per artisti emergenti presso
locali cittadini, poi la cura di eventi espositivi per il centro sociale Auro,
costituitosi all’interno di uno spazio dismesso e recuperato. “Il bisogno
d’indipendenza e una lunga pausa di riflessione hanno portato infine alla
nascita dell’associazione culturale beBOCS
”, ci raccontano. “Volevamo offrire un luogo che
non fosse simile ad altri spazi già esistenti, un site specific, un contenitore
crudo
”.
E così, nel 2008, apre Bocs, uno spazio di 90 mq, ripulito
e lasciato allo stato grezzo, ancora pregno del sapore delle sue precedenti
“vite”: deposito per lo smistamento del pesce azzurro, mobilificio,
magazzino… Ubicato a San Cristoforo, quartiere difficile della periferia est,
Bocs è annesso al loft usato da Lana come casa-studio. “È il primo ‘artist
run space’ ufficialmente costituito a Catania. Lo spazio cresce e si modifica
grazie agli interventi e alle sperimentazioni dei vari artisti ospitati in
residenza o che presentano i loro progetti
”, spiega Giuseppe, che si occupa della direzione
artistica e delle pubbliche relazioni; Claudio cura invece la direzione tecnica
e la comunicazione, mentre da pochissimo c’è anche Rocco Rossitto a dare una
mano con l’ufficio stampa.
Indice - veduta della mostra presso BOCS, Catania 2009
Fin da subito appare chiara l’urgenza di mantenere un
occhio al locale, ma con una propensione all’apertura verso il fuori. È in tal
senso che va considerato il progetto Kataunas, un’operazione con artisti
italiani e lituani, curata da Marina Sorbello; oppure l’esperienza con Stefania
Galegati Shines
,
che ha inserito Bocs nel network di location internazionali in cui proiettare,
il 24 gennaio 2009, il video Humans; o infine Indice, progetto del collettivo artistico Attraversamente
Concept House

(interessante realtà con sede alle pendici dell’Etna), co-finanziato dalla
Comunità Europea e costruito a partire dall’esperienza di un viaggio lungo la
costa siciliana condotto da Andrea Coppola, Daniele Puglisi, Ellen Michiels, Veerle Smets e Luk Huybrecht, muniti di zaini, macchine
fotografiche e telecamere.
Entusiasmo, molte idee, energia inesauribile e belle
connessioni, ma tutto sempre in un’ottica low budget. “L’associazione si
autofinanzia e talvolta usufruisce dell’appoggio di supporter e sponsor,
imprenditori e professionisti che hanno manifestato interesse per le attività.
Si è provato con difficoltà a dialogare con le istituzioni pubbliche, purtroppo
ottenendo scarsi risultati
”. La musica non cambia quasi mai, dal Nord al Sud: istituzioni poco
recettive, privati appena più sensibili e attenti. Nel caso della Sicilia si
tratta, manco a dirlo, di micro-realtà imprenditoriali, piccoli collezionisti e
sostenitori generosi. Le mega-imprese qui non ci sono e le aziende di media
statura non colgono ancora a sufficienza il valore culturale di simili
investimenti, la cui visibilità è magari limitata, ma il cui peso risulta
determinante per la crescita e l’ossigenazione dei contesti locali e per la
loro connessione con il sistema culturale internazionale.
Stefania Galegati Shines - Humans - 2006-08 - still da video - courtesy Francesco Pantaleone Arte Contemporanea, Palermo & Pinksummer, Genova
Ecco allora come rispondono i ragazzi del Bocs alla
classica domanda sulla crisi: “Non ci sfiora nemmeno! Viviamo in una realtà
che, per motivi economico-politici, è in perenne crisi. Allora usiamo le idee,
che sono la nostra risorsa primaria, e attiviamo collaborazioni in Sicilia e
non solo. Pensiamo così di poter dire la nostra. Abbiamo voluto la bici e ora
stiamo pedalando!
”.
Diversi i link stabiliti, da quelli con spazi esteri
(l’associazione Uqbar di Berlino e la galleria Meno Parkas di Kaunas, in
Lituania), a quelli con altri spazi indipendenti italiani (tra cui Cripta747 di
Torino), fino al coordinamento con la vicina Fondazione Brodbeck e la galleria
Gianluca Collica per l’organizzazione di inaugurazioni simultanee.
Ma non è tutto. Collaborare con un territorio significa
anche stabilire relazioni locali. Come sono stati accolti i ragazzi di Bocs
dalla gente di via Grimaldi? “Come alieni scesi da Marte!”, rispondono ironicamente Claudio e
Giuseppe, ricordando però che “al primo evento, un gruppetto di vicini si
presentò timido ed educato, pronto a farsi contagiare. Il tutto in un clima
sereno e rilassato. È così che, grazie al Bocs, molti abitanti del quartiere
vengono giornalmente a contatto con l’arte
”. Alcuni di loro sono addirittura diventati
protagonisti di un progetto ideato da Lana in occasione di un evento presso la
Coin di via Etnea: “Gli artisti, i bambini e alcuni adulti del posto hanno
dato vita al ‘Progetto_Grimaldi [meno 1]’, presentando delle ‘opere’ frutto
della loro quotidianità. Lavori creati negli anni, con cui evidenziare il
legame fra arte e vita
”. Un’opera corale come un diario di quartiere, scatola dei ricordi
che nelle storie e negli oggetti della gente rintraccia la possibilità di
un’effettiva partecipazione alla pratica artistica e di un suo concreto
radicamento territoriale.

Un’opera pubblica di Luna Maurer & Roel Wouters per il progetto Place It a cura di Lungomare, Bolzano 2008
LUNGOMARE -bolzano

Due giovani designer, conosciutisi anni fa tra i banchi
dell’Accademia di Design di Bolzano. Angelika Burtscher, austriaca, e Daniele Lupo, italo-tedesco, scelgono di
restare nel capoluogo altoatesino e di iniziare lì un percorso comune: “Operare
da questo luogo di confine significa porsi all’interno di flussi culturali,
sociali e politici che mettono in rilievo i concetti di diversità e di identità
”, ci spiegano.
Nasce così, nel 2003, Lungomare, spazio non profit in cui
accogliere progetti interdisciplinari, occasioni per ragionare intorno alla
realtà sviscerandone ogni possibile sfaccettatura. La formazione nel campo del
design resta un fattore determinante, intendendo il design stesso “non come
formalizzazione estetica di contenuti, ma come strumento per attivare processi
critici rispetto a ciò che viviamo tutti i giorni. In questi primi sette anni
ci siamo occupati di città, oggetti, democrazia, comunicazione, spazio
pubblico, migranti, tradizioni, calcio, moda…
”.
La vocazione di Lungomare non è prevalentemente quella di
organizzare mostre in sede, ma di puntare su iniziative site specific in luoghi
esterni, interventi in aree pubbliche, workshop, conferenze, progetti di studio
collettivi, discussioni, residenze… Si è così sviluppato un programma
importante, dal taglio fortemente progettuale e dall’anima indagatrice. Storie
di cose
(2007),
per esempio, in sinergia con la Libera Università di Bolzano, si occupava –
attraverso un convegno e una mostra – dell’identità degli oggetti: 27 designer
di appartenenza culturale, provenienza geografica ed età differenti inviarono
un oggetto a loro scelta, completo della sua “biografia”. L’esperienza
confluì in un volume edito da Bruno Mondadori nel 2009. Poi ci fu Place it, incentrato sulla comunicazione
visiva nello spazio pubblico: individuate alcune possibili superfici di
comunicazione a Bolzano, vennero modificate grazie agli interventi di graphic
designer invitati a ragionare sui luoghi stessi e sulla loro storia. Parole,
lettere, frasi diventavano visioni plastiche per la trasmissione o
l’intercettazione di idee e suggestioni. Sempre in quest’ambito di ricerca
nacque, nel 2005, OU – Osservatorio Urbano, laboratorio e network temporaneo di strategie
urbane. Origine del progetto fu l’utilizzo improprio di una rotonda da parte
della ditta Thun a Bolzano; da qui partirono una serie di riflessioni e azioni
critiche, inizialmente circoscritte al contesto bolzanino e poi allargatesi ad
alcune città europee. Anche stavolta una pubblicazione – Sogno Città Noi – suggellò il lavoro,
raccogliendo gli scritti dei curatori e di otto prestigiosi autori.
Tania Bruguera - Drawing - 2009 - scatola in policarbonato, sangue - dimensioni variabili - courtesy Galleria Franco Soffiantino, Torino
L’osservatorio Ou è sempre attivo e aperto, proprio come Atti
Democratici
,
altra importante operazione di ricerca sul rapporto tra arte e democrazia, sviluppata
da una rete di artisti, curatori e teorici, già presentata a Bolzano e in
programma per l’autunno 2010 alla Nomas Foundation di Roma. Ancora una volta un
progetto multilivello, che ha sfruttato canali eterogenei e formule disparate,
prevalentemente orientati alla comunicazione e all’azione pubblica:
performance, proiezioni di docu-film sul ruolo delle produzioni indipendenti,
una campagna di manifesti in collaborazione con quattro designer
internazionali, un numero della rivista freepress Volare O O dedicato ai principi fondamentali
della Costituzione italiana e, attualmente, il progetto collettivo di Tania
Bruguera
, Autoconsumo, che coinvolge un gruppo di
imprenditori e “pensatori” locali nella produzione di una nuova campagna
pubblicitaria a tema etico dedicata alla città di Bolzano.
Lo si capisce chiaramente, Lungomare ha meno difficoltà di
sostentamento rispetto ai molti spazi gemelli che operano al centro-sud.
Daniele e Angelika ammettono che “l’Alto Adige, dal punto di vista dei
finanziamenti pubblici, si trova in una condizione privilegiata. I fondi
arrivano in gran parte dalle istituzioni pubbliche locali e da fondazioni
bancarie
”. Il
rischio può essere quello di una “strumentalizzazione politica, com’è
avvenuto per il caso Museion
”, aggiungono. “Siamo sempre riusciti però a mantenere
libero il nostro spazio d’azione, forse anche per la difficoltà di chiudere
Lungomare in una definizione univoca
”. Enti pubblici sì, ma non solo: “I nostri main
sponsor sono le persone che, grazie a collaborazioni volontarie e gratuite,
garantiscono la qualità delle attività
”. La logica del sostegno spontaneo,
dell’autofinanziamento, della solidarietà sociale e del coinvolgimento di
soggetti privati accomuna gli spazi non profit, da un capo all’altro d’Italia.
Immagine simbolo scelta per il sito di Peep-Hole - courtesy Ian Tweedy Archive
Parimenti, sono il carattere innovativo e l’identità
singolare di questi spazi a costituire un elemento di coesione: “Lungomare
si pone ai margini del sistema dell’arte. Nonostante ciò, i sentori di crisi li
percepiamo anche noi. Occorre intensificare il network in Italia e oltre
confine, sapersi reinventare e muoversi al di fuori di logiche settoriali e
sistemiche. Se da un lato la crisi comporta un disagio, dall’altro favorisce
una riconsiderazione critica delle proprie pratiche. La natura dell’associazionismo
non profit è dinamica… Quale presupposto migliore per creare uno spazio
d’azione?!
”.

PEEP-HOLE – milano
Tra il 1987 e il 1992 fu la prima sede di Massimo De
Carlo, re delle gallerie milanesi. Successivamente, e fino a un paio di anni
fa, nello spazio di via Panfilo
Castaldi 33 si trasferì l’artista Patrick Tuttofuoco, che ne fece la sua casa-studio.
Oggi sorge qui Peep-Hole, project space inaugurato a novembre 2009 con Thanksgiving,
un benefit show realizzato grazie alle
donazioni di 30 artisti italiani delle ultime generazioni e
finalizzato alla raccolta di fondi per le attività dello spazio stesso. Un
primo evento, dunque, che è già da subito dichiarazione d’intenti, strategia di
sopravvivenza e tratto distintivo di una realtà nata in ambito non profit e
pensata in termini di collaborazione orizzontale, di generosità, di
intraprendenza e di mutuo soccorso tra artisti, curatori, collezionisti e
pubblico.
Peep-Hole, che significa buco della serratura, prova a
esercitare uno sguardo attento, curioso e non scontato sulle pratiche
artistiche contemporanee, attraverso un programma agile di mostre, lecture,
conversazioni ed eventi. A fondarlo è un team di curatori: Vincenzo de Bellis,
Bruna Roccasalva, Anna Daneri. “Peep-Hole è nato come una piccola
kunsthalle, una sorta di project room di un museo, ma senza museo, con una
programmazione di 4-5 mostre l’anno”
, spiegano.
I primi due numeri di Peep-Hole Sheet
Il primo progetto, partito diversi mesi prima dell’opening
ufficiale, è Peep-Hole Sheet, un trimestrale di scritti d’artista, volutamente privo
d’immagini, distribuito in 1.000 copie numerate. “Ogni numero è dedicato a
un singolo artista, invitato a contribuire con un testo inedito i cui contenuti
e il cui formato sono completamente liberi
”, raccontano i curatori, che hanno immaginato
questo “foglio” come una superficie neutra su cui far circolare idee e parole
partorite direttamente dagli artisti, prescindendo da contesti espositivi,
opere, filtri critici.
Nomi di punta, scelti nel panorama delle star
internazionali, per questo raffinato prodotto: il quarto numero, uscito a marzo
2010, vede protagonista Jonathan Horowitz, mentre i primi tre erano dedicati a Liam
Gillick
, John
Miller
e Dora
García
.
Sul fronte mostre ed eventi, invece, dopo Mind The Gap, la personale inaugurale di Ahmet
Ogut
, il primo
marzo è stata la volta di Mad Marginal: antipsychiatry tradition and marginality as artistic
position
, un
seminario di Dora García con Stefano Graziani, Cesare Pietroiusti, Nicola Valentino. Il progetto, iniziato con
l’omonimo testo pubblicato in Peep-Hole Sheet #03 lo scorso novembre, si compone di
diverse fasi, destinate a concludersi alla Fondazione Galleria Civica di
Trento, con una pubblicazione e un film sperimentale.
Interessante il programma pluriennale Six Ways to
Sunday
, anche
questo lanciato a marzo: “Ogni anno, per sei anni, Peep-Hole dedicherà uno
dei suoi appuntamenti espositivi alla collaborazione con un’istituzione museale
internazionale
”,
spiegano i curatori dello staff, “trasformandosi nella temporanea project
room satellite del museo coinvolto. Il primo museo partner è Museion di
Bolzano, con il quale abbiamo realizzato un nuovo progetto di Alicja Kwade”
.
Nomi importanti, iniziative di forte spessore culturale,
idee intriganti. Il tutto con pochi soldi e con minime certezze, economiche
soprattutto. “Al momento siamo una realtà ultra low budget”, precisano, “e, se non
possiamo puntare su grosse produzioni, di sicuro vogliamo puntare sulla
qualità. Che per fortuna non sempre è direttamente proporzionale alla
disponibilità economica
”.
Ahmet Ögüt - Mission Calls (particolare) - 2008-09 - trittico, matita su carta - cm 68x100 ognuno - courtesy l’artista
Un assunto fondamentale, questo: non servono troppi soldi,
non servono macchine troppo complesse per poter volare alto. Gli spazi non
profit stanno insegnando innanzitutto che si può fare molto bene, anche con
poco. Le idee che funzionano camminano, nonostante i denari esigui, mentre la
scarsezza di risorse funziona come pungolo per attivare strategie originali di
produzione. La produzione, appunto: “Per noi è tutto”, ci dicono, “e non concepiamo
questo termine solo in senso economico. Non abbiamo la possibilità di produrre
opere, ma troviamo ogni volta modalità diverse per permettere agli artisti di
fare un passo avanti, ricercando formati e tipologie di mostre sempre diversi
”.
In quest’ottica gli eventi live, i format editoriali e i
progetti speciali hanno un ruolo centrale nella mission dello spazio, laddove
un testo, un talk o un seminario diventano step del processo produttivo, “modi
di produrre opere d’arte, senza che necessariamente ci siano in ballo un
oggetto e un investimento economico
”. L’approccio è intellettuale, ma al contempo leggero,
agile, e oltretutto etico. Cosa che in tempi di crisi equivale a un prezioso
valore aggiunto: navigare a vista sì, ma con quella marcia in più che conferisce,
a ogni giro, la giusta chance.

helga marsala

*articolo pubblicato su Exibart.onpaper n. 64. Te l’eri perso? Abbonati!


Info: www.bebocs.it
www.lungomare.org

www.peep-hole.org

[exibart]


1 commento

  1. capisco che no profit suoni bene, ma nei contenuti non si capisce quali siano le differenze con profit. Il no profit rischia di essere un purgatorio del profit; una sua propaggine. Non c’è alcun lavoro sul ruolo e sul format.

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