11 gennaio 2014

Dalla Sardegna con determinazione/2

 
Vi proponiamo oggi la seconda e ultima parte del diario di Eleonora Di Marino, giovane artista sarda che, come ricorderete, con la collaborazione di Wilson Project Space di Sassari qualche tempo fa ha portato in città una vera e propria esperienza di Public Art. I protagonisti? Ovviamente la città e la cittadinanza, alle prese con uno spazio lasciato completamente libero da vincoli. Ecco com'è andata a finire

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…Il mio diario, con Dario Lino (Costa) 
– Cinque dicembre.  Oggetto: arte-terapia-ruben. Da: Ruben Mureddu. “Ciao Eleonora e Dario! Vi invio un paio di foto delle due giornate che abbiamo trascorso in galleria per partecipare all’intervento di Eleonora. Al piu presto vi faccio avere qualche ora di video. Ho inserito anche la lettera di presentazione che ho inviato alla direzione delle comunità psichiatriche di Rizzeddu per avere il permesso di far partecipare i ragazzi a “APERTO!”. Potete usarlo come meglio credete. Grazie a entrambi per aver offerto questo momento di interazione e condivisione. Appresto, ruben.” 
Lo spazio aperto diviene comunità, uscendo dalla necessità di essere un contenitore di espressioni estetiche, che invece diventano esperienze visive e sociali.
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– Sei dicembre. Sulle  pareti  le parole iniziano a lottare. Una frase di Pasolini viene cancellata perché scambiata con un’oscenità gratuita: l’autore sottolinea, con un’altra scritta, la gaffe moralizzatrice. In uno spazio aperto il writing è una necessità fisiologica, mentre è l’ammoniaca  rilasciata dai colori acrilici a trasformare l’aria  di questo passaggio in un sottopassaggio.
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– Sette dicembre. L’azione devasta e la necessità umana  di non  lasciare un solo spazio bianco a portata di umano si fa panico visivo. Difficile uscire dagli stereotipi della traccia di sé e dalla condizione di essere, stato, spazio espositivo. Gli interventi realizzati più alla regola dell’arte soccombono e rinascono negli altri, che incombono arrivando da tutte le parti, ma a nessuno è venuta l’idea di utilizzarlo come garage (eppure in certe ore della giornata è praticamente impossibile trovare parcheggio). I fogli di Alberto Garutti, sparsi sul pavimento, portano le impronte di chi ci è passato sopra per segnare la sua visita.
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– Otto dicembre. “Ciao è stato bello – LEAVE ME HERE”. Un contenitore di segni e passaggi dove il disagio sociale è in una posizione di assoluta precarietà estetica e la paura di non lasciare traccia cede il passo alla testimonianza,  al ringraziamento per aver restituito uno spazio ad una condizione di libertà assoluta. Una scritta sulla soglia della porta rimossa da voce ad una riflessione anonima: “OGNUNO E’ RESPONSABILE DI TUTTO DAVANTI A TUTTI”.
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– Ultimo giorno (nove dicembre). Spitfire Beatz + DJEF. I musicisti sembrano essere quelli più attenti al concetto di spazio libero e di spazio aperto (e coperto), trovandosi a loro agio tra i segni che disegnano un’aria metropolitana, underground, ormai sempre più distante da quella dell’ottimizzazione minimale dell’intervento artistico contemporaneo. Intervento artistico contemporaneo che si chiude puntualmente alle ore 21,00: le porte rimosse vengono rimesse e la serranda si chiude. Ora tocca al pittore imbiancare tutto, rimuovere la pittura…far rinascere uno spazio che d’ora in poi sarà sempre anche un luogo sociale, politico, almeno nella sua e nella mia storia. Che ora è anche vostra.
La prima puntata del diario la trovate qui: 

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