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Dall’opera d’arte alla realtà virtuale, la nuova vita dei dipinti di Marta Czok
Progetti e iniziative
di redazione
La Fondazione Marta Czok presenta, nella sua sede di Venezia, la prima mostra dopo la recente scomparsa di Marta Czok, avvenuta nel febbraio di quest’anno. Frutto di una collaborazione con la Anise Gallery di Londra e con il collettivo AVR London, il progetto prenderà vita anche attraverso tecnologie di realtà virtuale. Ce ne parlano il curatore Jacek Ludwig Scarso, la direttrice di Anise Gallery, Jacquelyn Jubert, e il direttore di AVR London, Joseph Robson.
Jacek, che cosa rappresenta questa mostra in un momento come questo per la Fondazione?
«La morte di Marta Czok non ha solo portato un lutto nel mondo dell’arte, ma, inevitabilmente, un enorme dolore per la Fondazione, che è partita proprio dalla sua famiglia. Come figlio, alla curatela della programmazione dal 2021 lavorando da Londra, la complessità del momento si trova nell’affrontare il trauma personale ma anche la necessità di portare avanti la sua missione artistica e il suo messaggio sociale. Già dall’anno scorso incominciammo un nuovo lavoro con i miei cari collaboratori Jacquelyn (Anise Gallery) e Joseph (AVR London) per esplorare in realtà virtuale come un’opera di Marta Czok, il trittico L’Altra Metà / The Other Half del 1989, un’opera con cui sono cresciuto e che racchiude il modo unico di mia Madre di effettuare una critica sociale alla guerra in una narrativa dettagliata e tipicamente ironica, possa essere reinterpretato in un’esperienza immersiva. Dar nuova vita ai dipinti storici di Marta Czok, è, in questo momento, particolarmente significativo e simbolico».
Jacquelyn, come è nata la collaborazione tra Anise Gallery, AVR London e, attraverso Jacek, la Fondazione Marta Czok?
«Questa è la sesta volta che collaboriamo con Jacek, e successivamente con la Fondazione Marta Czok, per mostre ed eventi. A partire dalla nostra galleria nel sud-est di Londra, abbiamo continuato a presentare “interazioni” immersive ispirate alla realtà virtuale alla Tate Modern, alla London Art Fair e ora a Venezia. Ogni esperienza ha superato ogni aspettativa. La visione di Jacek è sempre stata determinante per garantire che il lavoro che svolgiamo insieme spinga i confini, apra le menti e istighi la conversazione. Aver potuto partecipare in poco tempo a questa meravigliosa mostra di Marta Czok è un onore. I suoi dipinti ci hanno ispirato a creare un bellissimo viaggio in VR che, speriamo, possa offrire agli spettatori una reinterpretazione giocosa ma perspicace del suo lavoro».
Joseph, secondo la prospettiva di AVR London, che da anni sviluppa collaborazioni in realtà virtuale con artisti contemporanei, quali sono le opportunità che questo tipo di progettistica consente?
«L’opportunità della realtà virtuale di assumere il controllo dei sensi visivi e uditivi consente allo spettatore di essere completamente trasportato in un mondo immersivo. Questo mondo può rappresentare direttamente l’opera d’arte o offrire una nuova interpretazione all’interno di un’esperienza narrativa o spaziale unica. L’accessibilità delle opere d’arte e dell’esperienza è ampliata per consentire l’apprezzamento e l’interazione al di fuori dei confini del luogo o del tempo: ovunque ci sia un auricolare e una connessione Internet, l’opera d’arte può esistere e ispirare. Per gli artisti che utilizzano la realtà virtuale, i limiti dello spazio fisico, degli oggetti, dei materiali e della luce vengono eliminati, consentendo una nuova libertà creativa».
Jacek, insieme all’esperienza virtuale, cosa racchiuderà questa mostra e da dove nasce il titolo ARCHĪVUM – VR Edition?
«ARCHĪVUM – VR Edition è un progetto grande che stiamo sviluppando in parallelo con il processo di archiviazione dell’operato di Marta Czok. Piuttosto di vedere il concetto di archivio come semplice catalogazione del lavoro di questa artista, ci interessa sperimentare con questo processo in linea con le innovazioni nell’ambito dell’archiviazione contemporanea, che enfatizzano la tangibilità e l’interattività del concetto di archivio: un concetto che sto sviluppando anche nella mia ricerca accademica alla London Metropolitan University, dove dirigo il Research Centre CREATURE (Creatve Arts, Cultures and Engagement). Questa mostra è quindi un nuovo passo in questa missione: riflettendo sulla programmazione della Biennale Architettura 2025, abbiamo selezionato una serie di opere di Marta Czok che si concentrano sul paesaggio urbano, da sempre una metafora ricorrente per comunicare una denuncia delle ingiustizie sociali e della fragilità di un ambiente sempre più vulnerabile alle azioni degli esseri umani. Non manca però l’umorismo, tipico di mia Madre, che bilanciava la sua critica pungente».
Che cosa pensi direbbe Marta Czok su questa mostra e in particolare sulla collaborazione in realtà virtuale?
«Mentre sviluppavamo da Londra il concetto per l’esperienza virtuale con Joseph e Jacquelyn, aggiornavo continuamente mia madre sul processo, condividendo nuovi dettagli e scegliendo insieme il tipo di sottofondo che si sarebbe abbinato meglio al suo lavoro. Marta Czok era affascinata dal poter immergersi in un’opera a 360 gradi: il carattere teatrale che abbiamo scelto di dare, con Joseph e Jacquelyn, a questa interpretazione in VR, dove il quadro diventa una sorta di set scenico, ha anche ispirato alcune delle sue ultime opere. Credo, e sento, che sarebbe molto fiera del risultato di questa collaborazione, tanto quanto lo siamo noi».