04 marzo 2025

Declinazioni contemporanee del libro d’artista, alla Nami Gallery di Napoli

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Scansìa d'arte: alla Nami Gallery di Napoli, nove autori rileggono il concetto e il formato del libro d’artista, come oggetto poetico e sperimentale, dal quaderno alla scultura

Scansìa d'arte, veduta della mostra, Nami Gallery, Napoli, 2025
Scansìa d'arte, veduta della mostra, Nami Gallery, Napoli, 2025

Il libro d’artista viene celebrato dalla Nami Gallery di Napoli con la mostra Scansìa d’arte: in esposizione fino al 18 marzo le opere di nove artisti: Aniello Barone, Ludovica Bastianini, Paolo Covino, Eleonora Cumer, Jessica Ferro, Ilaria Feoli, Pietro Finelli, Dino Izzo e Antonello Scotti. Il titolo della mostra trae spunto dalla “scansia”, un termine, forse di origine veneta, che si riferisce a un mobile a più ripiani destinato a contenere libri o altri oggetti, come ricorda anche Leopardi, quando scrive: «I giornali come sono stati letti nella mia famiglia, vanno a dormire nelle scansie». Per questa occasione, la galleria di via Poerio, solitamente dedita a mostre di arte contemporanea e design, si è trasformata in un luogo dove «Vanno a dormire opere, libri, segni della passione e del pensiero dell’arte».

Sono trascorsi 50 anni da Artists Books, la prima mostra dedicata al libro d’artista, curata da Diane Perry Vanderlip e arricchita da 250 esemplari. Considerata l’inventrice del termine, Vanderlip ha aperto la strada a una pratica che oggi continua a evolversi: alla Nami Gallery, gli artisti hanno declinato il concetto di libro in forme che spaziano dal volume tradizionale al quaderno, dalla cartella alla scultura, fino al catalogo indipendente.

Scansìa d'arte, veduta della mostra, Nami Gallery, Napoli, 2025
Scansìa d’arte, veduta della mostra, Nami Gallery, Napoli, 2025

Nel testo di accompagnamento Stefania Trotta scrive che «Il libro d’arte diventa un oggetto magico – fantastico, direbbe Munari – dalle potenzialità illimitate, non solo perché permette e racchiude la creazione di nuovi mondi immaginari, ma perché spesso li mette in contatto, facendoli incontrare. L’incontro è la poesia che lega questo oggetto alla sfera del reale; È come una tela su cui sperimentare varie tecniche di stampa, collage, fotografia, pittura, scrittura creando un rapporto tête-à-tête tra l’artista e il libro, e di riflesso con chi lo ha tra le mani, sintomo di un amore esclusivo».

Scansìa d'arte, veduta della mostra, Nami Gallery, Napoli, 2025
Scansìa d’arte, veduta della mostra, Nami Gallery, Napoli, 2025

Tra i lavori esposti, quello di Ludovica Bastianini esplora il ruolo della donna nel tempo, quasi una rivisitazione di album di famiglia con foto incastonate con dei grandi aghi nelle pagine di centrini, ricamati e vissuti, del corredo dell’artista. Ilaria Feoli fissa ricordi nei suoi Appunti d’ inverno e primavera, nella forma di delicati diari cuciti a mano intrisi di poesia e fiori raccolti. Jessica Ferro invece esplora il mondo naturale andando a giocare sulle grandezze e i colori, come per le ali di una sfinge testa di morto, che vengono ingigantite fino a perdere la loro riconoscibilità.

Scansìa d'arte, veduta della mostra, Nami Gallery, Napoli, 2025
Scansìa d’arte, veduta della mostra, Nami Gallery, Napoli, 2025

Se Dino Izzo porta le sue opere, giocosamente poetiche, come una parte del catalogo delle ipotetiche cime da scalare e Il Libro dei titoli, Pietro Finelli ci trasporta, con la cartella L’azzurro del cielo, nelle sue tavole dall’ambientazione di un cinema noir. Antonello Scotti presenta un lavoro, prodotto da Nami edizioni e dedicato all’amata Calabria, dal titolo Barcalabria, dove realizza, attraverso uno smartphone, dei fermo immagine dell’arido paesaggio, persi nel tempo di un’ombra.

Scansìa d'arte, veduta della mostra, Nami Gallery, Napoli, 2025
Scansìa d’arte, veduta della mostra, Nami Gallery, Napoli, 2025

Se Aniello Barone mette a nudo i suoi pensieri nelle sue stanze vuote, Paolo Covino ci porta nelle camere da letto di persone che, forse, non ci sono più, andando a creare un archivio fotografico che introduce la necessità di una ricerca antropologica nei piccoli borghi, prima che diventino luoghi fantasma. Chiudono la mostra le due opere di Eleonora Cumer, quasi delle sculture modulari, che incarnano e ci ricordano le potenzialità strutturali e concettuali del libro d’artista, come incubatore di idee e pensieri liberi.

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