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Eugenio Montale in cento immagini, a Palazzo Ducale di Genova
Progetti e iniziative
di redazione
A cento anni dalla prima pubblicazione di Ossi di seppia, raccolta che ha rivoluzionato la poesia del Novecento, Palazzo Ducale di Genova rende omaggio a Eugenio Montale con la mostra fotografica Meriggiare pallido e assorto. Eugenio Montale: 100 immagini per i 100 anni di Ossi di Seppia. Il progetto ha coinvolto tre giovani fotografi italiani, Iole Carollo, Anna Positano e Delfino Sisto Legnani, invitati a tradurre in immagine l’intraducibile: il linguaggio poetico montaliano, denso di silenzi accennati, visioni fugaci ed epifanie del quotidiano. Sostenuta da Strategia Fotografia 2024, l’iniziativa intende rilanciare l’attualità bruciante di un poeta di fratture e misteri.

La mostra di Genova, visitabile fino al 29 giugno nelle sale del Sottoporticato, curata da Ilaria Bonacossa e Paolo Verri con Michela Murialdo, si articola in un corpus di 99 scatti originali, cui si aggiunge come centesima immagine il celebre ritratto di Montale con l’upupa, firmato da Ugo Mulas. In questo itinerario visivo, la fotografia si fa strumento ermeneutico: al di là dell’illustrazione del verso, condivide lo sguardo del poeta, quel taglio obliquo sul reale, disincantato e al contempo profondamente percettivo, che fa dell’esperienza tangibile – delle «Inutili macerie», in particolare – un enigma diafano da attraversare.
Montale, nato a Genova nel 1896, pubblicò Ossi di seppia – che era stata provvisoriamente titolata Rottami – nel 1925 presso la casa editrice Piero Gobetti, nella collana La Biblioteca di cultura moderna. L’opera, composta da 23 liriche e segnata da una lingua asciutta e spigolosa pur se di inclinazione espressionista, frutto di una scelta radicale di disillusione, oppose alla retorica dannunziana e al decadentismo la consapevolezza di un mondo moderno e frantumato, dove anche la natura, pur presente in ogni pagina, non assolve un ruolo consolatorio ma sottolinea una distanza tra l’io e il mondo. Il paesaggio ligure, vividamente tratteggiato, tra scogli, arbusti arsi dal sole, sentieri polverosi, diventa così emblema di una condizione esistenziale, specchio del presentimento di una crisi che è storica, metafisica e linguistica.

È a partire da questa tensione tra realtà e percezione, tra storia e individuo, che si muovono le opere fotografiche in mostra. Le immagini di Carollo, Positano e Legnani, sviluppate a partire da una rilettura diretta dei testi, restituiscono l’ossatura visuale dei luoghi montaliani — il mare, i muri scrostati, le ombre che “si disfanno come cenci” — senza mai cadere nell’aneddotico. Le fotografie alternano dettagli ravvicinati a vedute ampie, costruendo un atlante immaginario dove l’elemento naturale, pur concreto, si carica di stratificazioni simboliche, di vibrazioni temporali, di residui poetici. Come nei versi, la materia sembra scomporsi per poi ricomporsi in forme nuove, dove il senso non è mai univoco, ma continuamente in bilico tra luce e ombra.

In dialogo con l’esposizione, un ciclo di conferenze offre ulteriori letture critiche di Ossi di seppia. Tra i protagonisti: Walter Siti (6 maggio), Antonio Franchini e Antonio Riccardi (13 maggio), ed Enrico Testa, che chiuderà il programma. La mostra, organizzata dalla Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori con Palazzo Ducale e Electa, espone anche rare edizioni originali della raccolta e materiali d’epoca che tracciano il percorso del poeta fino al Premio Nobel, assegnatogli nel 1975.