15 novembre 2013

Fino al 24.XI.2013 Anish Kapoor, Kapoor in Berlin Martin-Gropius-Bau, Berlino

 
Una antologica di Anish Kapoor a Berlino. Opere divenute ormai grandi classici, fatte di cera, specchi e pvc, ripercorrendo la storia dell’artista indiano/britannico -

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La mostra personale di Anish Kapoor al Martin-Gropius-Bau di Berlino, visitabile sino al 24 novembre, è imponente. Nulla di rivoluzionario, pezzi per lo più già visti, ammassati nelle eleganti sale del palazzo, colori dominanti il solito rosso e il bianco. Cera, specchi, acciaio.
Tra le opere in mostra, la principale è l’allestimento Symphony for a Beloved Sun, del 2013, realizzata appositamente per il Martin-Gropius-Bau, ma che ricorda molto la storia dell’artista indiano naturalizzato britannico: un enorme sole rosso (il tipico sole senza luce di Kapoor) domina la sala grande del museo. Attorno, si arrampicano quattro rampe nere, dotate di tapis roulant in lento, lentissimo, movimento. A caso, una per volta, trasportano lentamente blocchi di cera rosso sangue che, giunti all’apice, crollano al suolo con tonfi inquietanti in mucchi informi, che si sciolgono,liberando rivoli rosso scuro. 
Anish Kapoor, The Death of Leviathan 2011-2013. Installation view: Martin-Gropius-Bau, 2013 Photo: Jens Ziehe © Anish Kapoor / VG Bildkunst, Bonn, 2013
L’opera è dichiaratamente ispirata a El Lissitzky, che – insieme a Kazimir Malevich – ha creato nel 1913 lo spettacolo Vittoria sul sole, e che con i suoi Proun (“progetti per l’affermazione del nuovo”) ha immaginato un universo inedito, definito come “una stazione di passaggio sulla strada che va dalla pittura all’architettura”.
Ai visitatori però ha appassionato Shooting into the corner (2008-9), in cui una scultura si concretizza per effetto di un cannone che spara ogni venti minuti proiettili di cera vermiglia nell’angolo di una sala bianca. Tutti con le mani sulle orecchie o le cuffie in attesa del colpo. Poi, cera rossa dappertutto. 
The Death of Leviathan (2011-2013) consiste in una enorme struttura in pvc – già vista al Grand Palais parigino per Monumenta 2011 – ma in questo caso destrutturata, gonfiata tra una stanza e l’altra, rendendo impossibile vederla nella sua interezza ed è semplice immaginarla come un mostro marino agonizzante, accasciato sul pavimento di tre saloni.
Uno dei punti salienti di Documenta IX fu proprio la stanza di Kapoor, Descent into Limbo (1992) con, nel mezzo di un cubo, una specie di buco nero apparentemente senza fondo che si apriva nel pavimento. Al Martin-Gropius-Bau è presente una nuova versione di questo lavoro: Up Down Shadow, 2005 è un finto buco nel terreno, un’idea già proposta da molti, Maurizio Cattelan in primis. E poi, altre opere con la cera, che richiama all’India da dove l’artista arriva, con il suo odore denso, la sua lucentezza e la malleabilità, l’aspetto morbido ma resistente, e gli specchi, concavi o convessi: lo spettatore ha una visione distorta di se stesso e della stanza in cui si trova. Di fronte agli specchi scintillanti, in acciaio, i visitatori osservano la loro immagine distorta. In particolare, in Vertigo (2008), diverse prospettive appaiono simultaneamente: il visitatore si vede in primo piano, come attraverso una lente e, al tempo stesso, da una grande distanza. 
Silvia Tozzi
mostra visitata il 20 ottobre 2013
dal 18 maggio 2013 al 24 novembre 2013
Anish Kapoor, Kapoor in Berlin
Martin-Gropius-Bau
Niederkirchnerstrasse 7, Berlin
Orari: dal mercoledì al lunedì dalle 10 alle 19

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