10 luglio 2009

FITNESS ART

 
Body Art o Body Building? In una palestra romana, l’arte contemporanea è di casa. E diviene protagonista di una serie d’incontri di approfondimento, incentrati su corpo e performance. Tra un esercizio fisico e l’altro. Quando il mens sana in corpore sano diviene un obiettivo da perseguire...

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A due passi dallo Stadio dei Marmi, dallo Stadio Olimpico e dal Foro Italico, nella Riserva naturale di Monte Mario, una palestra occupa il secondo piano di un edificio progettato da Enrico Del Debbio, inserendosi perfettamente nell’anima “sportiva” del quartiere. Fin qui, niente di nuovo. Se non fosse che, fra un attrezzo ginnico e l’altro, c’è chi trova il tempo di “tonificare” anche le proprie conoscenze nel campo dell’arte contemporanea. Di combinare, in modo insolito, utile e dilettevole (e ciascuno scelga per sé cosa è l’uno e cosa l’altro).
È questo il senso dell’iniziativa promossa da DAS, acronimo che sta per Dimensione Arte Sport, ma che strizza l’occhio anche alla plastilina malleabile inventata da Dario Sala. DAS è infatti uno spazio aperto che, come l’omonimo pongo, si presta ad assumere forme differenti, fondendo ambiti lontani con estrema coerenza.
Un progetto che nasce da una sinergia d’intenti e ruoli, uniti da passioni comuni: alla direzione tecnica di Donatella Viola si affianca quella artistica di Stefano Canto, con Maria Zamponi responsabile tecnico per l’area teatro e spettacolo ed Emanuela Nobile Mino curatrice degli incontri settimanali. Questi ultimi sono partiti nella primavera del 2008 e prevedono di volta in volta l’approfondimento di tematiche legate al rapporto fra corpo e arte contemporanea. Il tutto negli stessi spazi in cui si cerca di mantenere la propria forma fisica, alla ricerca non tanto della bellezza – come sottolineano i responsabili – quanto del benessere.
Il logo di Das inciso nel das
La palestra è stata aperta nell’ottobre del 2007”, racconta Stefano Canto, “ma il termine palestra non ci è mai piaciuto molto. Preferiamo definire il DAS un laboratorio, uno spazio trasversale e in controtendenza rispetto ai luoghi deputati al fitness”. E, a proposito di laboratorio, va sottolineato come DAS condivida l’edificio con le Officine Farneto, ex Magazzini di Casermaggio oggi trasformati in un complesso polifunzionale che conserva un’aria “industriale” grazie alla felice combinazione di cemento, ferro e vetro.
Ma torniamo a DAS: “Il concept si basa essenzialmente sull’unione di discipline del fitness all’arte, cosa che avviene tramite strumenti di diverso genere, come video, proiezioni, corsi, testi ecc.: iniziative innovative e del tutto sperimentali”. Una di queste vede appunto la scelta di video d’arte al posto dei più diffusi videoclip musicali come accompagnamento per il training nell’area cardio-fitness.
Una soluzione già sperimentata da Francesco Vezzoli per l’installazione Le Gymnasium, presentata a Le Consortium di Digione nel 2006, a cura di Eric Troncy. Lo spazio francese veniva in quel caso trasformato in un centro di fitness, con tanto di attrezzi e cyclette, di fronte ai quali gli schermi trasmettevano alcuni dei video più celebri dell’artista italiano. Se Vezzoli ha trasformato lo spazio dell’arte in palestra, con DAS succede il contrario: è la palestra, in questo caso, a diventare uno dei tanti campi dove si gioca la partita dell’arte contemporanea.
Il desk di DAS
Dalle cornici elettroniche all’ingresso (che ripropongono lavori di artisti famosi) alla mini-biblioteca con libri e cataloghi consultabili dagli utenti del centro, è evidente come la scelta delle tematiche trattate sia studiata per rispettare un’identità contenitore-contenuto: gli stessi corsi di yoga e pilates vengono presentati come “arte del corpo”, strategie per stimolare nuove corrispondenze tra esercizio fisico e attività mentale.
Va da sé che argomento di discussione privilegiato siano le pratiche artistiche che vedono il corpo protagonista, con una storicizzazione del fenomeno che parte dalle avanguardie storiche per concentrarsi sulle sperimentazioni degli ultimi anni. Uno screening di video e altri materiali che prevede anche la parola agli artisti: Myriam Laplante, Francesco Impellizzeri, Paolo Angelosanto, Ivan Civic, Nico Vascellari.
D’altronde, il percorso body – con le sue contaminazioni fra arte e danza – può imboccare infinite strade di ricerca: dalle sperimentazioni del Black Mountain College e del Judson Dance Theater a singole personalità come Merce Cunningham, Yvonne Rainer e Meredith Monk, cui sono legati anche i primi video di Bruce Nauman, divisi tra un estenuante e ripetitivo sforzo fisico e un’assoluta concentrazione mentale.
La mini-biblioteca di DAS
Proprio ‘sperimentazione’ assume così il ruolo di parola-chiave. Scrive Emanuela Nobile Mino: “Il corpo è territorio di sperimentazione dell’arte”; un concetto che, rapportato all’ambito più propriamente “sportivo”, non manca di esempi recentissimi. Basti pensare ad alcune soluzioni in ambito New Media o ai runner di Martin Creed.
Tornando ancora a DAS, c’è da dire che, mentre il connubio palestra/spazio espositivo annovera già qualche esempio (tra questi lo spazio Man in the Holocene, nell’East London, che ha visto la realizzazione di mostre di Charles Harvey, Roger Hiron, Doug Fishbones ed Erik Van Lieshout), d’incontri “a tema” così strutturati non sembrano esserci precedenti: “Esistono palestre che fanno mostre d’arte, ma a noi interessa indagare altri aspetti legati più alla conoscenza e alla consapevolezza del nostro corpo”, dice ancora Canto.
Una formula, insomma, studiata per stimolare il fisico e la mente. Che faccia entrare con l’obiettivo di mantenersi in forma e uscire con una rinnovata curiosità nei confronti del già “movimentato” mondo dell’arte contemporanea.

alessandra troncone

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DAS – Dimensione Arte Sport
Via dei Monti della Farnesina, 77 – 00194 Roma
Info: tel. +39 0683396746; info@dimensioneartesport.com; www.dimensioneartesport.com

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2 Commenti

  1. Allora il nostro Angelo Bellobono è stato profetico… già dal ’97 aveva anticipato quanto leggo, con una mostra in una famosa palestra romana, le sue tematiche, la performance con la fantastica culturista e non ultima la bici con alimentatore. Mi fa molto piacere constatare che alcuni artisti sanno ancora precorrere i tempi anche se questo, lo dice la storia, viene spesso riconosciuto solo molto dopo.
    In bocca al lupo!

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