26 gennaio 2012

Giovane, matura arte italiana

 
Sta crescendo una generazione di artisti che non ha nulla da invidiare ai suoi coetanei stranieri. E’ densa e attenta. Non si chiude in se stessa, ma guarda ad altri mondi: la musica, l’architettura, la vita organica e quella duramente sociale, la storia. E lo fa con uno sguardo poetico, ma deciso. Solo una cosa reclama: un più convinto sostegno da chi è preposto a darlo. Intanto c’è il MAXXI, con il suo Premio Italia [di Ludovico Pratesi]

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Complessità e memoria. Queste potrebbero essere le parole chiave che collegano come un fil rouge concettuale le opere dei quattro finalisti della seconda edizione del Premio Italia, presentate al MAXXI dal 26 gennaio al 20 maggio. Dopo Rossella Biscotti, i fratelli De Serio, Piero Golia e Rosa Barba, protagonisti nel 2011, quest’anno spetta a Giorgio Andreotta Calò, Patrizio Di Massimo, Adrian Paci e Luca Trevisani sottolineare lo stato dell’arte tricolore delle ultime generazioni di fronte ad una giuria internazionale di altissimo profilo, che il 26 marzo decreterà il vincitore. Scelta non facile, visto il livello decisamente alto delle quattro installazioni, frutto di una consapevolezza coraggiosa e attenta. Che questa volta non ha nulla da invidiare alle ricerche portate avanti da tanti artisti stranieri, sostenuti dai loro Paesi con ben altra forza rispetto ad una nazione che ha avuto la sfrontatezza di presentarsi all’ultima Biennale con un padiglione degno dell’era berlusconiana.

  Oggi, all’alba dell’era montiana, le luci misurate della ragione impongono strade nuove, ben delineate da un percorso che comincia sulle scale che conducono alla sala più alta del MAXXI, punteggiato da una serie di schermi sospesi al soffitto del museo, sui quali vengono proiettati frammenti di riti albanesi, dai matrimoni alle feste popolari, dove la camera si sofferma principalmente su volti, gesti, espressioni. Una memoria in via di estinzione registrata da Adrian Paci e riunita nell’opera The Visitors, collage di immagini di video amatoriali che l’artista ha voluto mantenere in uno stato grezzo e imperfetto, opposto alla pulizia quasi ossessiva dei video d’arte.

La seconda opera, Turandeide Buzziana, realizzata da Patrizio di Massimo, viene annunciata da una serie di immagini fotografiche che circondano una sorta di teatrino per spettacoli di burattini a forma di tempietto, in bilico tra kitsch e postmoderno. All’interno viene proiettato un video di 44 minuti girato nella Scarzuola, sorta di città ideale costruita dall’architetto Tommaso Buzzi (1900-1981) tra gli anni Cinquanta e gli anni Ottanta. Lasciata incompiuta dopo la sua morte, è stata terminata dal nipote Marco Solari, attore-guida del tour immaginato dall’artista all’interno di un’architettura simbolica, ricca di riferimenti all’esoterismo. «Ho incontrato l’opera di Tommaso Buzzi quando ho lavorato all’interno di villa Necchi Campiglio», racconta Patrizio. «E ho scoperto che negli anni Venti era molto conosciuto, oltre ad essere amico intimo di Giò Ponti. Ma dagli anni Trenta comincia a staccarsi per motivi politici da Ponti, e nel dopoguerra viene dimenticato per poi ritirarsi a vivere nel 1956 in Umbria, dove costruisce la Scarzuola».

  Affascinato da questo luogo, Di Massimo lo ha trasformato nell’ambientazione ideale della Turandot, alternando le spiegazioni di Marco Solari con romanze dell’opera, riprese da un’interpretazione di Giuseppe Di Stefano del 1961, cantate da marionette orientali ricostruite in 3d. «Per Buzzi la Scarzuola era un luogo come spazio di un sogno, e per me è lo scenario perfetto per la Turandot, una delle creazioni più originali di Puccini», conclude l’artista. Un’opera complessa, che unisce visione e simbolo, utopia e musica, architettura e animazione, in una costruzione concettuale che va seguita tappa per tappa.

Esattamente all’opposto troviamo l’installazione di Luca Trevisani, Il dentro del fuori del dentro, un ambiente dedicato al processo di trasformazione di un materiale come il calcio, che compone il guscio delle uova ma anche il marmo bianco. Uno spazio dominato dalla proiezione di un video girato con eccezionale maestria tecnica all’interno di una grotta dove si estrae il marmo in Piemonte, che Trevisani ha utilizzato per spaccare centinaia di uova, in una sorta di catena di montaggio meccanica che dialoga idealmente con alcune sculture di corde e uova appese al soffitto della stanza. «Mi interessava riflettere sulla trasformazione della materia organica, un processo che mi ossessiona», suggerisce l’artista, che ha messo in scena un dispositivo che unisce suggestioni visive a dati scientifici, in una dimensione ambigua che apre la strada a diverse chiavi interpretative.

Conclude il percorso Prima che sia notte, l’ambiziosa installazione di Giorgio Andreotta Calò: una sorta di camera ottica simile ad una grotta con uno schermo posizionato davanti ad una pozza d’acqua, dove si riflette capovolto il paesaggio urbano inquadrato dal finestrone del museo. Nella totale oscurità della sala l’immagine si definisce con la messa a fuoco del nostro occhio, che in alcuni minuti riesce a farci percepire i passaggi delle automobili o del tram, prima di scomparire del tutto con l’arrivo della notte. Un lavoro che riprende la cultura della camera obscura, un apparecchio utilizzato dagli artisti fin dal Rinascimento per dipingere (sembra che l’abbia utilizzato Caravaggio per i suoi drammatici chiaroscuri) per riflettere sui meccanismi della percezione  in maniera insolita e stupefacente.  

  Difficile fare pronostici sul vincitore: in realtà ha già vinto un’intera generazione di artisti che si interroga sulla nostra memoria storica come serbatoio di materiali analizzati da punti di vista complessi e inaspettati. Perché non affidare a loro l’arduo compito di rappresentare il nostro paese alla prossima Biennale?

7 Commenti

  1. l’opera del giovane artista patrizio di masimo,ricca di elementi cromatici protesi verso l’azzurro del cielo, denota maturità artistica di grande livello.. e diffonde una musica tanto piacevole quanto indispensabile in questo particolare momento storico..
    sono certo che la composizione dell’artista entrerà a far parte della collezione permanente del MAXXI..
    COMPLIMENTI!!!!!!

  2. Giovani Artisti? Adrian Paci ha 43 anni nel 2012….in italia non si capirà mai dove finisce il giovane artista…

    E Paci forse è l’unico che merita il premio vista chiaramente una carriera ben più intensa e incisiva. Ma ripeto, rappresenta un ‘altra categoria non paragonabile agli altri più giovani.

    Ma poi ecco i “raccomandati”, i soliti noti: Andreotta Calò che integra didatticamente Richard Long e Matta Clark per creare un immaginario inevitabilmente CURIOSO…ma che io pongo sullo stesso piano di qualsiasi immaginario….uguale a Harry Potter, se vogliamo.

    Poi Trevisani assolutamente rassicurante quando lascia le banane appese (ricordo a berlino) e si abbandona ad un certo feticismo dell’oggetto. Certo, semmai ottenuto infarcendolo di abbinamente curiosi: l’uovo e il marmo, il video nella cava piemontese….c’è la sensazione che sia possibile definire certe lavori a tavolino, e le istituzioni sembrano forzare la definizioni di NUOVE STAR solo per giustificare se stesse…

    Di Massimo con tanti santi in paradiso. Di Massimo non ha fatto niente se non conoscere le persone giuste nel posto giusto. Anche se le sue immagini in mostra non sono male. Molto più pretenzioso il teatrino dentro al quale convergono diverse citazioni….troppe…ancora un lavoro fattibile a tavolino. La città di Buzzi, la turandot, l’esotersimo, il 3D…chi più ne ha più ne metta……basta un giro su wikipedia…per fondere ed unire le citazioni più impensabili e ostinatamente COLTE…

    Il punto sta anche su i selezionatori che guardano sempre le solite persone. Detto questo ce ne fossero di opportunità come questo premio, ma bisogna rendere il processo di selezione chiaro e criticamente argomentato. La qualità non è certo bassa, ma è uno standard…..un facile standard….non si capisce perchè loro e non altri …non si capisce perchè sempre loro…nessuno argomenta criticamente questa selezione….queste selezioni sono aride e anonime come il “mi piace” su facebook.Questi format derivano dalla cultura TURNER prize anni 90…ma quegli anni sono finiti.

  3. Caro Patrizio,
    essere fra i primi quattro giovani artisti d’Italia per l’attribuzione di un prestigioso riconoscimento, è già una immensa soddisfazione e crea le premese di un grande futuro.
    Alla qualificata giuria internazionale non sfuggiranno i gradevoli accostamenti cromatici e, soprattutto, “il movimento” e “l’armonia” dell’opera realizzata.
    Bravissimo!!!

  4. Io credo che la vera MATERIA di queste opere siano i luoghi e le relazioni che le sostengono (place+rays=…plays…). Questo perchè non esiste in italia un confronto critico che possa evidenziare le luci e le ombre di un’opera. Il marmo di Trevisani è solo un guscio che ricopre luoghi e relazioni.

    In questi lavori (non parlo di paci perchè lo considero fuori quota) c’è sempre una retorica ormai tipica di giovani che devono vivere in un paese per vecchi. Un retorica intelligente che deve farsi accettare ad ogni costo: e le citazioni colte, e l’antico stratagemma della camera oscura, e il parallelo tra la fragilità dell’uovo e il marmo, l’organico…i miracoli della natura. Soluzioni intelligenti che trovano subito gli anticorpi nel presente.

    Questo atteggiamento arrendevole è significativo ed importante perchè si riflette OGGi anche fuori dal ristrettissimo mondo dell’arte, in un problema generazionale sotto gli occhi di tutti…

    Se le relazioni sono raggi che determinano il progetto quando incontrano il luogo, vi invito a questo:

    http://whlr.blogspot.com/2011/11/retrospettiva-aprile-2012.html

  5. I lavori proposti dai giovani artisti finalisti del Premio Italia 2012 non dovrebbero essere sbrigativamente liquidati con commenti sterili, con gratuite allusioni, certamente privi di buon gusto e tendendi ad affievolire l’impegno di chi ha il coraggio di mettersi in competizione: i “raccomandati” i “tanti santi in paradiso” un “facile standard” ecc.
    L’autore dell’articolato intervento ha fatto cenno ad un solo aspetto positivo, allorchè, descrivendo il lavoro del più giovane dei finalisti, Patrizio di Massimo,sembra non abbia potuto non sottolineare che “le sue immagini in mostra non sono male”..si è obiettato che i selezionatori debbano rendere il processo di selezione “chiaro e argomentato”. Risulta forse che non l’abbiano fatto??? .. al “non si capisce perchè loro e non altri” si potrebbe ribadire:perchè altri e non loro???
    Un sincero bravo a tutti i giovani finalisti per la loro bravura, per la determinazione ed il coraggio che hanno avuto nell’affrontare una competizione che li sottopone a giudizi e commenti, talvolta molto affrettati, che possono determinare una caduta di entusiasmo.

  6. Trattasi di una competizione riservata a giovani e, come tale, nella fattispecie, ad avere le carte più che mai in regola è Patrizio Di Massimo. La sua opera,inoltre,rivela una ricerca costante ed una particolare sensibilità che gli consentono di ottenere cromatismo e proprietà di linguaggio artistico che vanno ben oltre la sua giovanissima età.
    E’destinato ad un sicuro e brillante futuro nell’arte contemporanea.
    IN BOCCA AL LUPO!!!!!!!!!!!

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