24 gennaio 2018

La Natura Contemporanea di Andreas Gursky

 
Nella prima personale italiana del grande fotografo, a Roma da Gagosian, sono in scena anche i moniti per una presa di coscienza sul futuro del nostro pianeta

di

Andreas Gursky (Lipsia, 15 gennaio 1955) è considerato uno dei maggiori artisti al mondo ed è famoso per le sue fotografie di grande formato, e insieme ad Axel Hütte, Jörg Sasse, Thomas Struth, Candida Höfer e Thomas Ruff fa parte della famosa Becher-Schüler di Dusseldorf. 
Bernd e Hilla Becher furono infatti suoi professori fra il 1981 e il 1987 e, sicuramente, il loro specialissimo modo, asciutto e assertivo, di realizzare una fotografia ha influenzato il giovane Gursky che anni dopo nelle sue foto in grande scala mostrerà un simile approccio metodico ed estetico. 
I Becher, fra i più influenti fotografi del nostro tempo, hanno fatto scuola con le loro inconfondibili immagini in bianco e nero di edifici di archeologia industriale, fornaci, fabbriche e altre architetture legate alla produzione artigianale e industriale sempre catalogate in maniera tipologica come in una sorta di almanacco visivo dell’era industriale. Andreas Gursky, dopo un inizio piuttosto in sordina nel 1988 con una mostra in una galleria privata di Colonia dove espone una serie di paesaggi di piccolo formato, trova la sua cifra stilistica con l’avvento del digitale che gli permette di dare libero sfogo alla sua fantasia creativa. Il grande formato e la magnificazione dei suoi scatti attraverso accurate e sorprendenti elaborazioni stilistiche creano quel suo preciso ed inconfondibile stile con cui, ormai da anni, è acclamato e riconosciuto in tutto il mondo. 
null

ANDREAS GURSKY: BANGKOK 14 DICEMBRE 2017 – 3 MARZO 2018 / DECEMBER 14, 2017 – MARCH 3, 2018 Gagosian Rome/a Foto/Photo: Matteo D’Eletto, M3 Studio © Andreas Gursky. Courtesy Gagosian

Le sue fotografie, enormi e affascinanti, si distinguono per la prospettiva distorta che con un sapiente gioco ottico crea quell’inconfondibile senso di immensità dei particolari che attraggono lo spettatore all’interno dell’opera come in un vortice come in 99 cent del 2201, che è una delle immagini migliori del nostro tempo per raccontare la civiltà consumistica in cui viviamo o, ancor meglio, la folla di tifosi spersonalizzata, compatta e monocroma di Dortmund del 2009. Gursky crea universi paralleli e iperrealistici con tale precisione da sembrare veri, i suoi mondi alienati sono specchianti, simmetrici ed infiniti. 
I soggetti delle sue foto sono gli spazi anonimi e ingranditi di uffici, aereo-porti, ipermercati o le agorafobiche facciate di case alveare che sembrano non avere né un inizio né una fine. La natura nelle sue fotografie è rappresentata non nel suo insieme ma attraverso particolari ingranditi che rendono l’immagine sensualmente astratta. In James Bond Islands (2009) il verde delle isole della Scozia sembrano galleggiare in un cielo denso di vapori bianchi con un effetto percettivo del reale completamente straniante. A questo proposito non posso non citare l’universalmente famosa Rhine II, una veduta del Reno, geometrica e spiazzante nella sua non-naturalistica linearità, scattata nel 1999 che con grande clamore mediatico fu venduta ad un’asta di Christie’s nel 2011 per la cifra record di 4,2 milioni di dollari divenendo l’immagine fotografica più cara del mondo. 
null

ANDREAS GURSKY: BANGKOK 14 DICEMBRE 2017 – 3 MARZO 2018 / DECEMBER 14, 2017 – MARCH 3, 2018 Gagosian Rome/a Foto/Photo: Matteo D’Eletto, M3 Studio © Andreas Gursky. Courtesy Gagosian

La natura è ancora la protagonista assoluta della sua prima personale italiana nella suggestiva sala ovale della Galleria Gagosian di Via Francesco Crispi a Roma che a dicembre ha festeggiato il suo decimo anniversario. Per la prima volta in Italia sono stati esposti alcuni famosissimi scatti realizzati nel 2011 della serie Bangkok e del 2010 della serie Ocean VI. Le opere, tutte esteticamente ineccepibili e di eccezionale qualità pittorica, sono ingrandimenti di particolari del fiume Chao Praya che attraversa la metropoli thailandese.
Nelle fotografie di questa serie la superficie tremolante del fiume con le sue luminose increspature è catturata con dei close-up così ravvicinati da stravolgere la percezione del corso d’acqua che diventa vibrante superficie pittorica. Le immagini, perfette nella loro gigantesca verticalità, rivelano però una realtà tossica molto meno romantica di quella suggerita dalla bellezza formale della fotografia. Ad un’occhiata più attenta infatti, il Chao Phraya, come d’altronde tutti i fiumi delle grandi città del mondo, rivela anche la sua natura meno nobile: discarica per ogni tipo di rifiuto (preservativi usati, materassi, copertoni d’auto) e incubatore di squilibri naturali (pesci morti e la bella ma devastante alga conosciuta come giacinto d’acqua) che sono il triste riflesso delle nostre moderne metropoli strozzate dall’inquinamento. 
Per la prima volta in Italia anche Ocean VI, un’immagine satellitare nella quale l’acqua diventa un sublime e imperscrutabile vuoto. 
Un vuoto affascinante e allo stesso tempo agghiacciante perché potrebbe essere la tragica raffigurazione di un futuro senza più terre emerse inesorabilmente inghiottite dagli oceani il cui livello, per colpa del global warming, sta salendo di anno in anno. Fotografie di grande impatto visivo quindi per sottolineare gli squilibri ecologici che potrebbero, se inascoltati, portare il nostro mondo alla fine. 
Paola Ugolini

1 commento

  1. Molto interessante il lavoro di Andreas Gursky. Sarebbe altrettanto interessante se potesse dedicare la sua attenzione, se già non lo ha fatto, alla laguna di Venezia, per molti versi attinente alle opere proposte in questa mostra.

    Tanti auguri per la mostra

    Daniele Frison

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui