12 gennaio 2019

La “Piazza” di Mimmo Rotella

 
Alla Galleria Nazionale i “manifesti” dell’artista tornano idealmente alla loro dimensione “pubblica”: un display per raccontare anche la bulimia contemporanea per le immagini

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Su invito di Cristiana Collu, direttrice de La Galleria Nazionale di Roma, in occasione del centenario della nascita dell’artista Mimmo Rotella (nato il 7 ottobre 1918 a Catanzaro), è stata inaugurata a Roma la mostra “Mimmo Rotella Manifesto”, realizzata grazie alla Fondazione Mimmo Rotella e al Mimmo Rotella Institute di Milano.
Per l’allestimento della mostra, nel Salone Centrale de La Galleria Nazionale, il curatore Germano Celant e la co-curatrice Antonella Soldaini hanno pensato di interpretare lo spazio espositivo come se fosse una grande piazza interna. Le opere di Rotella sono distribuite nei sei settori parietali dell’ampio salone e in sei cartelloni/manifesti del formato di circa 3×10 metri, che narrano sei momenti distinti cronologicamente della carriera artistica di Mimmo Rotella. Un totale di circa centosessanta opere, dagli anni Cinquanta all’ultimissima produzione, proseguita fino all’ultimo giorno della sua vita (a Milano, l’8 gennaio del 2006). Opere piccole, grandi, grandissime, famose o poco conosciute, riunite “democraticamente” in quadrerie o meglio, insiemi che diventano, tautologicamente, coincidenza dello stesso con lo stesso, opera delle opere, manifesto di manifesti e sono idealmente collocate sulle pareti degli edifici che circondano la piazza immaginata. “Spina dorsale” della mostra sono sei bacheche, organizzate anch’esse in ordine cronologico, ricche di testimonianze, piccole opere su tela e su carta e poi fotografie, lettere, cataloghi, diari, documenti. 
Ma la piazza moderna è una componente urbana quanto mai ambigua. Spazio pieno come luogo di partecipazione democratica e, contemporaneamente, intervallo del costruito, spazio architettonico vuoto, come vuoti sono gli spazi tra le parole e vuoti sono gli spazi tra le opere-manifesto esposte. Un vuoto spaziale e un profondo silenzio d’immagini, questo rischierebbe di essere la scelta espositiva della mostra: esaustiva ma essenziale, volutamente senza impianto didascalico o esplicativo e solo con una (piacevole) scheda cartacea per l’informazione tecnica sulle opere esposte. 
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Mimmo Rotella, Manifesto, Foto di Giorgio Benni
E se l’impianto espositivo può apparire edulcorato ci pensa Rotella a stravolgerlo. Sì, perché basta uscire dalla piazza, entrare in una delle due “piazzette” complementari e sedersi nella postazione dedicata ai video, per capire la vera forza di questa mostra, per riempire il silenzio con i giusti suoni, con i giusti rumori e per incontrare lui, Mimmo il deus ex machina, artista geniale, uomo ricco d’ironia e simpatia. 
Protagonista fuori dagli schemi, di tutti i più importanti movimenti artistici del Novecento, Rotella è l’anello di congiunzione tra Futurismo, Cubismo, Dadaismo, Astrattismo, Informale, Nouveau Réalisme, Pop Art e Arte Povera. Attivo nell’ambiente della neo-avanguardia romana, il suo esordio in pittura è con composizioni astratte e geometriche che lo fanno subito apprezzare. 
La partecipazione alla mostra firmata Bucarelli-Argan “Arte astratta e concreta”, sugella questo momento ma, dopo il viaggio – borsa di studio all’Università di Kansas City e le esperienze espositive e performative negli Stati Uniti, avviene il suo distacco dalla pittura tradizionale. 
Nel 1953 Rotella ha la sua “illuminazione” e scopre il manifesto pubblicitario come espressione artistica: ne strappa porzioni, le rielabora e le incolla su tela. Nascono così i Décollage: un po’ collage, un po’ ready made, molta materia astratta e informale. Poi, negli anni, il ritorno alla figurazione, che emerge dagli strappi e si rimpadronisce della sua forza espressiva e del suo significato, al contrario ma non in antitesi con ciò che accadeva nelle contemporanee ricerche di Warhol e della Pop Art americana. Il lavoro degli anni successivi gira tutto intorno a questa invenzione ma sempre con nuove e ardite sperimentazioni ed il materiale video in mostra è la chiave per comprendere tutti i passaggi della sua arte che va ben oltre la pittura, oltre il visuale, arricchendosi dell’elemento sonoro. 
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Mimmo Rotella, Manifesto, Foto di Giorgio Benni
Particolarmente istruttive e rivelatrici in proposito sono quattro testimonianze cinematografiche: nei primi due video, del 1954 e 1955, si vede e si sente Rotella in due performances (esilaranti) di poesia Epistaltica. Epistaltico è un suo neologismo, inventato nel 1949, per definire questi esperimenti di poesia fonetica (e poesia visiva), culminati nello stesso anno con la redazione del programmatico: Manifesto dell’Epistalismo. La declamazione di queste poesie sonore e metasemantiche si accompagna con la musica epistaltica, suonata con macchine da scrivere, forchette e grattugie, campanacci e tamburi. Tra i musicisti si riconoscono Lucio Fulci ai tamburi e Ursula Andress alla macchina da scrivere a testimonianza delle sue frequentazioni e del suo amore con, e per, il mondo del cinema.
È ancora il suono ad essere protagonista insieme alle immagini del video Novorealismo del 1962: l’informazione è negata dalla sovrapposizione delle voci, dal nonsenso dadaista dei rumori che celano le parole, come le immagini sovrapposte delle opere coeve di Rotella celano parzialmente i loro significati per lasciare spazio alla forma. Poi in Scomunicazione del 1979, il rapporto delle sue opere visive con il suono da esse evocato si fa ancora più palese: quegli strappi sulla tela non nascondono ma svelano immagini che parlano e che si fanno rumorosamente sentire con i loro suoni pop. Ed è così, grazie a ciò, che finalmente la piazza della mostra si anima e mentre lo sguardo scorre le immagini raggruppate sulle pareti, queste si accendono come dei pixel su uno schermo e parlano, raccontano, cantano, suonano, si sovrappongono l’una con l’altra, vivono e ci accompagnano nella seconda “piazzetta” laterale, speculare a quella dei video, dove i 10 Replicanti, le 10 teste di porcellana colorata scolpite nel 1990, ci aspettano per l’ultima sferzante ed ironica critica di Rotella alla società contemporanea, una società appiattita di replicanti appunto.
Oltre alla piacevolezza che trasmette questa mostra, ciò che mi rimarrà impresso nella memoria, mai più disgiunto dalla comprensione dell’arte di Rotella, è la sua comica e intelligente espressività mentre recita il “Canto notturno del pesce”. 
Possiamo dire, insieme a Cristiana Collu nella sua presentazione: Mimmo Rotella, “peccato non averti conosciuto”!
Lucia Collarile
(Rotella, appena tornato dall’avventura americana a Kansas City, carico di “americanità” ed ironia post-dada, è stato lo spunto per Nando Moriconi, il personaggio di Alberto Sordi in Un giorno in Pretura e poi Un Americano a Roma). 

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