24 marzo 2008

LA QUADRIENNALE DEI BAMBOCCIONI

 
Un centinaio di artisti, cinque curatori e un budget da un milione e mezzo di euro: questi i primi numeri di un evento che, da giugno a settembre, torna nel romano Palazzo delle Esposizioni. Sperando di sfornare ancora qualcuno di quei “bamboccioni” che oggi portano la bandiera italiana in giro per il mondo. Ne parliamo col presidente della Fondazione, Gino Agnese...

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Si definisce un presidente sui generis, Gino Agnese, sia perché si diverte molto facendo il suo lavoro, sia perché -pur non essendo un critico d’arte- tratta la materia con disinvoltura. “Se la scrittura è la mia compagna professionale, l’arte è invece un’amitié amoureuse”, spiega. “Sono il biografo di Marinetti e Boccioni e sono stato molto amico di Mastroianni, Burri…”. L’incontro è a Villa Carpegna, oasi di cultura con uno sguardo al futuro, con il suo tecnologico Archivio Storico-Biblioteca della Fondazione (ArBiQ), per parlare della XV rassegna che da giugno a settembre tornerà nella sede storica di Palazzo delle Esposizioni. Un centinaio di artisti chiamati da cinque curatori (Chiara Bertola, Lorenzo Canova, Bruno Corà, Daniela Lancioni, Claudio Spadoni) a rappresentare le nuove tendenze dell’arte italiana. Ad aprile la presentazione ufficiale. Nell’attesa, si potrà sfogliare il nuovo volume dei “Quaderni”, Burri. Una vita di Piero Palombo, fresco di stampa.

La Quadriennale si propone di presentare gli artisti italiani che avranno l’opportunità di essere lanciati sulla scena internazionale. Quest’anno si ritorna a questo ruolo puntando sui giovani?
Si ritorna, per l’appunto, nel senso che nella passata edizione abbiamo avuto diversi giovani artisti che dopo la Quadriennale hanno fatto il salto, alcuni sul piano nazionale, altri all’estero: Manfredi Beninati, Alessandra Giovannoni, Giuseppe Stampone, Alberto Di Fabio, ma ce ne sono molti altri…

In che fascia di età rientrano gli artisti selezionati per la XV edizione?
Non sono né giovani, né vecchi. Come direbbe Padoa Schioppa, sono della generazione dei “bamboccioni”. Ma altro che “bamboccioni”… sono dei piccoli maestri, avendo già una certa carriera alle spalle!

Gino Agnese nell'ARBIQ - photo Manuela De LeonardisQual è il contesto istituzionale con cui la Quadriennale interagisce?
La Quadriennale lavora nel proprio contesto, essendo un’istituzione autonoma, come le “sorelle espositrici” italiane, la Biennale di Venezia e la Triennale di Milano. La Quadriennale mette in mostra l’arte che si fa in Italia nel momento in cui si organizza la mostra. Questa è la nostra mission. I nostri punti di riferimento istituzionali sono due: i nostri azionisti, ovvero il Ministero per i beni e le attività culturali, nella misura del novanta per cento, e il Comune di Roma, per il dieci. Non abbiamo collegamenti organici con altre istituzioni, benché manteniamo rapporti frequenti con la Cineteca Nazionale, la Direzione generale degli archivi, alcuni uffici della Regione Lazio, Rai Teche. Abbiamo relazioni anche con il Ministero per gli affari esteri e gli Istituti italiani di cultura all’estero perché, svolgendo attività editoriale, inviamo i nostri volumi anche nelle biblioteche dei maggiori musei e delle più importanti università straniere. Tra i nostri compiti c’è anche quello di portare fuori dall’Italia la cultura artistica del nostro Paese.

Quale sarà il budget di questa XV edizione?
Il budget è nell’ordine di circa un milione e mezzo di euro. Le mostre costano molto, benché si faccia il possibile per fare grandi economie.

Non esiste l’idea della figura di un direttore artistico?
No, perché non ce n’è bisogno. Per ogni edizione il consiglio d’amministrazione, di cui fanno parte Elena Pontiggia, Luigi Paolo Finizio, Carlo Fabrizio Carli, Danilo Eccher e Ludovico Pratesi, nomina una commissione di cinque esperti che organizzano la mostra senza un tema specifico, selezionando un centinaio di artisti. Abbiamo chiamato Fuori tema l’ultima edizione, proprio con la convinzione che il tema sia una specie di prigione per l’arte. La nostra rassegna non è una proposta organica, ma una riflessione sull’arte contemporanea in Italia, che è molto varia. Non abbiamo la presunzione di prendere solo alcune peculiarità delle sue esperienze, culture e approcci. Pensiamo di essere addirittura più moderni, perché abbiamo la convinzione di mettere su un ipertesto e non un testo. Dove l’ipertesto si forma per aggregazione, per accumulo ed é un prodotto della cultura informatica, quindi estremamente avanzato rispetto al testo che è, invece, un prodotto della cultura tipografica pre-internet.

Quali saranno gli eventi e gli appuntamenti proposti nel quadriennio 2008-2012?
Sia io che i consiglieri d’amministrazione saremo in scadenza di mandato nella seconda metà del 2009. Dunque non abbiamo questa preoccupazione di una gittata così a lungo termine. Però dato che nel 2009 cade il centenario del Futurismo (tra l’altro la Quadriennale è stata il passaggio di molti futuristi della deuxième vague) dedicheremo uno dei nostri “Quaderni” a questo argomento.
L'allestimento del Giardino di Eugenio Montuori alla II Quadriennale - Roma, 1935 - photo Giacomelli-Carboni, Venezia-Roma
Ritiene che l’intervallo di quattro anni sia valido per documentare le novità più significative del panorama artistico nazionale?

È chiaro che i tempi sono molto accelerati nella nostra condizione storica e le novità si producono con frequenze più strette rispetto al passato. Però tutti i sociologi sono d’accordo su un punto: viviamo una difficoltà di ricapitolazione. Siamo sotto un bombardamento informativo che si riferisce anche all’arte contemporanea, vista la produzione continua di fiere, mostre, giornali, riviste… Come negli altri comparti culturali c’è un’assoluta necessità di ricapitolazione. Senza ricapitolazione non c’è comprensione, ma solo assunzione di frammenti che non aprono varco alla conoscenza. Dunque fare il punto ogni quattro anni sull’arte italiana è un momento di ricapitolazione. In questo senso la Quadriennale è anche più importante di prima.

Dal 2003, del resto, la Fondazione non ha mai smesso di lavorare…
È stata fondamentale la consonanza tra il consiglio d’amministrazione e il presidente, grazie alla quale abbiamo messo il turbo. Prima del 2003 la Quadriennale era avvilita da consigli d’amministrazione litigiosi o da dirigenze pigre alla Oblomov, vere caricature, gente che, come diceva Marinetti di suo padre avvocato civilista, spaccava il capello in quattro. Siamo partiti dalla location, avendo capito che non stavamo più bene a Palazzo delle Esposizioni. Gino Agnese davanti alla scultura di Mastroianni - photo Manuela De LeonardisNon era più il palazzo della Quadriennale, ma quello dell’azienda speciale Palexpo, dove la Quadriennale era ospite neanche troppo gradita. Così, approfittando di una legge del 1937 che obbliga il Comune a costruire la sede per la Quadriennale, abbiamo aperto una trattativa fino a quando non ci è stato assegnato questo edificio. Villa Carpegna è una costruzione di fine Seicento che il Comune aveva acquistato una quindicina di anni fa e restaurato. Siamo entrati qui per primi, dopo il restauro, arredando l’edificio e realizzando nel fabbricato adiacente il più moderno archivio biblioteca di arte contemporanea, che è stato aperto al pubblico nell’ottobre 2006. Dal 2004 a oggi sono uscite anche numerose pubblicazioni, a partire da Astrattismo Italiano, e c’è stato anche l’importante convegno internazionale Arte e cultura negli anni Novanta. Dalla fine del Muro all’11 settembre, di cui abbiamo pubblicato gli atti, corredando il volume del più completo repertorio delle mostre fatte in quel decennio.

Quale taglio darete all’omaggio che la Quadriennale dedicherà a Luciano Fabro?

Esporremo per la prima volta in Italia un’unica opera di Fabro. prestata dalla famiglia dell’artista: una scultura molto suggestiva, che ha un qualcosa di sepolcrale. Avrà un grande impatto sui visitatori, non appena entreranno a Palazzo delle Esposizioni. Nel catalogo, poi, non ci saranno testi critici su Fabro, ma pubblicheremo una pagina in cui è l’artista a spiegare le sue ragioni d’arte.

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a cura di manuela de leonardis


*articolo pubblicato su Exibart.onpaper n. 48. Te l’eri perso? Abbonati!

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