15 marzo 2009

LA VIA EMILIANA ALL’EDUTAINMENT

 
Un collezionista, un imprenditore, un uomo di cultura. E la sua lunga avventura condotta a cavallo di arte e scienza. I sogni, i progetti, le molte mete raggiunte. Poi, un nuovo obiettivo. Le prime anticipazioni sul futuro Art+Science Centre, pensato per l'hinterland bolognese. Marino Golinelli si racconta a Exibart...

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In principio fu Hans Hartung. Era il ‘68 e in una piccola galleria di Bologna, di cui oggi non ricorda più nemmeno il nome, Marino Golinelli acquistò quel primo oggetto del desiderio: la tela del celebre pittore tedesco, un’esplosione di fasci luminosi che affidava alla potenza del gesto l’indagine intorno al tema della creazione e dell’origine del segno, non era che l’incipit di una lunga storia d’amore, il debutto sulla scena di quello che sarebbe diventato uno tra i più grandi e raffinati collezionisti italiani d’arte contemporanea.
Dopo Hartung vennero altri nomi, altre opere – Magnelli, Picabia, Matta, Sutherland, Clerici, Gilbert & George… – ed erano ancora e spesso argomenti legati al mistero della genesi creativa ad affascinare Golinelli: “Nel ‘73 chiesi all’artista Mario Ferreri di realizzare una serie di quadri di dieci metri circa, che esprimevano il concetto del passaggio dalla serialità del fordismo alla creatività”, racconta a Exibart. “Nello stesso anno commissionai a Pietro Cascella un’imponente scultura che simboleggiava la nascita di un nuovo mondo. Il ’73 rappresenta un periodo particolarmente creativo per il nostro Paese: gli artisti ricercavano ed esprimevano le ragioni profonde del vivere… E proprio l’arte, a mio avviso, ci aiuta a decodificare il mondo che ci circonda, un mondo in continua mutazione”.

Studiare e comprare l’arte del Novecento per capire meglio il nostro tempo: Golinelli, uomo di scienza a capo di un importante gruppo farmaceutico, aveva trovato una nuova, emozionante via per continuare a investigare la realtà, coltivando i principi della ragione e del bello. Sull’onda di un rapido flash-back affettivo, è una scultura lignea a saltar fuori dalla scatola delle memorie: “Ricordo con particolare emozione un’opera di Rivadossi, un Sole che ancora oggi si trova davanti alla mia scrivania: per me rappresenta un punto di riferimento razionale nel percorso dell’uomo incontro al presente e al futuro. Un Sole che è dentro di noi e che ci guida quando affrontiamo le problematiche dell’esistenza”. Marino Golinelli davanti a un'opera storica della sua collezione, un Sole di Giuseppe Rivadossi - photo Francesco BegonjaLa piccola icona apollinea, simbolo del logos, traduce bene quella liaison tra arte e scienza che avrebbe caratterizzato il percorso intellettuale e professionale del collezionista.


DALLA SCIENZA ALL’ARTE, E RITORNO

L’amore per la scienza risale ai tempi del liceo, quando, appena diciottenne, il giovane Marino si appassionò alle scoperte sull’atomo condotte dal premio nobel Niels Bohr; fu allora che decise di iscriversi alla facoltà di chimica, preparando il terreno per una folgorante carriera. Nel gennaio del 1948 diede vita all’Alfa Farmaceutici, azienda attiva nel settore produttivo, distributivo e della ricerca, tramutatasi col tempo in un colosso industriale di rilievo internazionale: oggi l’Alfa Wassermann SpA, società vertice del gruppo con una presenza significativa sul mercato europeo e americano, è una holding a cui fanno capo diverse aziende consociate e collegate. E l’arte, tra i labirintici spazi dei tre headquarter di Bologna, Milano e Alanno, è il dettaglio che fa la differenza: ”Ho un rapporto molto forte con l’arte contemporanea, amo vivere con le opere che acquisto, sia a casa che negli uffici e negli stabilimenti del gruppo Alfa Wassermann”, ci racconta Golinelli. “Mi piace condividere coi miei collaboratori la bellezza dell’arte che ho scelto e che amo. Voglio che anche i dipendenti possano vivere in un contesto artistico. Questo fa parte della mia responsabilità come imprenditore, non solo come collezionista, ed è anche lo specchio della mia visione della vita, il cui scopo principale dovrebbe essere l’integrazione tra differenti aspetti della cultura”. E quello della contaminazione, non c’è che dire, è per lui un vero e proprio credo, una via maestra: “Negli ultimi quindici anni mi sono appassionato al rapporto inscindibile tra le arti – pittura, scultura, design, musica, letteratura, danza – e la vita contemporanea. Arte e scienza, nello specifico, sono due settori legati da connessioni profonde, entrambi strumenti con cui cercare di comprendere il presente”.
Oggi Golinelli possiede circa trecentocinquanta opere, per una gamma amplissima di temi, linguaggi e autori. Ricorrenti, manco a dirlo, gli argomenti in qualche modo connessi al pensiero scientifico. Tra i nomi, vecchi e nuovi: Anish Kapoor, Tony Oursler, Amy Myers, Jacob Nepras, Flavio Favelli, Sissi, Michael Bevilacqua, Paolo Bottarelli, Fabrizio Plessi, Richard Long, Thomas Hirschhorn, Alighiero Boetti, Jason McLean, Shane Hope… Un accordo stipulato nel 2007 con la Phillips de Pury & Company prevede che ben duecentosessantasei opere della collezione siano vendute all’asta, a scaglioni: un’operazione coraggiosa, il cui unico obbiettivo – ci spiega Golinelli – è quello di rinnovare il proprio patrimonio, acquistando nuovi pezzi. Nessun timore del distacco, nessuna paura di riscrivere daccapo pagine intere della propria avventura con l’arte: “Le opere che ho avuto per anni sono ancora nei miei occhi. Me le sono godute, le ho vissute appieno e in qualche modo resteranno con me. A un certo punto ho sentito il bisogno di lasciare il posto ad altre opere, a nuovi incontri…”.
Jason McLean - Kick the tires - 2008 - tecnica mista su carta - cm 125,7x170,2 - coll. Marino Golinelli
Durante la sua lunga storia di imprenditore, di collezionista e di intellettuale, Marino Golinelli ha messo in fila una serie di partecipazioni istituzionali: membro del comitato della Collezione Peggy Guggenheim di Venezia, vicepresidente della Fondazione Museo della Scienza e della Tecnologia “Leonardo da Vinci” di Milano, è stato tra gli ideatori della Fondazione “Cesare Gnudi” per il restauro delle sculture all’aperto e ha ricevuto nel 2001 la Laurea honoris causa in Conservazionedei Beni Culturali presso l’Università degli Studi di Bologna. Nel 1988 aveva intanto istituito una Fondazione battezzata col suo stesso nome: “Si tratta di una realtà a carattere filantropico di stampo anglosassone, privata e con un proprio patrimonio, nata con scopi ben precisi a sostegno di iniziative concrete per la diffusione della cultura scientifica. Importante l’impegno per la ricerca nel campo della didattica, finalizzato a offrire strumenti e metodologie di didattica informale all’avanguardia a supporto della formazione dei giovani”.

L’ART + SCIENCE CENTER
Golinelli compirà quest’anno ottantanove anni. E non ha alcuna intenzione di rallentare la sua corsa. La prossima sfida? Complessa, ardimentosa, forse la più ambiziosa di tutte.Lo scorso ottobre è stato presentato il piano di fattibilità per la realizzazione di un Art+Science Centre: il primo esempio nazionale ed europeo di un sistema museale di ultima generazione in cui cultura umanistica, scienza e arte si fondono insieme. “Non solo un Science Centre, e non solo un museo”, precisa Golinelli. Un sogno coltivato da anni, ma definitosi via via in una forma originale: “Inizialmente pensavo a un mero museo scientifico, ma oggi i tempi sono cambiati, è cambiata la domanda del pubblico. Non servono musei ma luoghi per l’integrazione tra scienza e società”. L’aspetto profondamente innovativo del futuro Science Centre emiliano? L’arte contemporanea, ça va sans dire. Shane Hope - Untitled Molecular Self-Assemblage No. Bah (year 2020 and then some) - 2007 - c-print su plexiglas - cm 70x50 - ed. di 1+1 p.d.a. - coll. Marino GolinelliO meglio, il dialogo – serrato e costante – tra arte e scienza. Una struttura articolata, dunque, concepita per ospitare mostre interattive, laboratori, spazi di discussione, book-shop, programmi residenziali per artisti, performance e incursioni d’arte, installazioni da toccare ed esplorare, una palestra della scienza dedicata a fisica, matematica e chimica, mostre sui temi di arte e scienza e, ciliegina sulla torta, nientepopodimeno che il più grande planetario d’Italia.
Quello del rapporto col pubblico è un tasto a cui l’imprenditore tiene particolarmente: “Le arti, in tutte le loro possibili applicazioni, sono uno degli elementi fondamentali per il coinvolgimento dei visitatori. Il Centro si rivolge, da un lato, a docenti e studenti di ogni ordine e grado e a professionisti dei settori cultura e comunicazione; dall’altro, cercherà di proporre alle famiglie e a un pubblico più generico tutta una serie di offerte qualificanti per l’intrattenimento culturale”. Edutainment, didattica, informazione scientifica e arte contemporanea di livello internazionale: una formula che già seduce.
L’Art+Science Centre sorgerà su un’area di circa sei/ottomila metri quadri al coperto, con ampi spazi all’aperto. Due le location, ubicate lungo l’asse viario della strada provinciale Porrettana: l’ex Villa Volpe, a Casalecchio di Reno, e l’ex insediamento industriale dell’Alfa Wassermann, a Sasso Marconi: per quest’ultimo polo è in programma il recupero dell’area dismessa, un’operazione di archeologia industriale che riqualificherà la zona con soluzioni tecnologicamente innovative. “L’aspetto ambientale riveste un ruolo chiave nell’intera operazione architettonica e culturale”, ci tiene a precisare Golinelli: previste dunque delle piste ciclabili per collegare i due poli – anch’esse destinate a ospitare interventi artistici – e una valorizzazione dell’attiguo parco fluviale.
Ma perché proprio la Provincia di Bologna? “È una scelta strategica, non solo per la sua centralità geografica – a cento chilometri si trovano città importanti come Venezia, Firenze, Piacenza, Rimini, e poi c’è la Tav -, ma anche per non sovrapporsi alle realtà museali e culturali di grandissima eccellenza già presenti nella città di Bologna”.
Un’installazione di Fabrizio Plessi all'interno di uno degli ambienti della Città della Scienza di Napoli
Se l’unica struttura italiana accostabile al futuro Science Centre bolognese è La Città della Scienza di Napoli – con cui peraltro la Fondazione Golinelli collabora da anni e che ha anche seguito lo studio di fattibilità del Centro -, sul piano internazionale sono diverse le istituzioni che hanno funzionato da modelli ispiratori: dall’At-Bristol in Inghilterra all’Eureka di Vantaa, in Finlandia, da Technopolis a Mechelen, nelle Fiandre, al Cosmo Caixa di Barcellona. Rispetto alla cugina partenopea, la struttura emiliana presenta però sostanziali differenze e peculiarità. Una su tutte, la forte vocazione artistica: non mancherà una vasta collezione d’arte contemporanea, che includerà opere realizzate su commissione come pure postazioni interattive concepite dagli artisti stessi. Una “collezione in movimento”, come ama definirla Golinelli. La produzione, insomma, affiancherà conservazione, comunicazione e didattica, con un occhio particolarmente attento a innovazione e sperimentazione: ottimo modello per i musei italici, affetti da irriducibili deficit su molti di questi versanti.
Ma quanto costerà il grande museo-laboratorio? E chi coprirà le spese? “Si prevede un investimento di circa trenta milioni di euro”, ci informa lui. Puntualizzando subito che “il Centro sarà in grado di coprire il 50/70% dei costi di gestione: è un dato di estrema importanza se confrontato con quello della maggior parte degli science centre europei, che in fatto di sostenibilità si attestano attorno a un 20-30%”. Sostanziosa sarà la partecipazione della Fondazione Marino Golinelli, sia in termini di know-how, che in termini economici, così come si rivelerà necessaria “la cooperazione con le Istituzioni locali, regionali, nazionali, e la collaborazione con riconosciute realtà territoriali attive da tempo nella diffusione della cultura scientifica e artistica, prima fra tutte l’Università di Bologna”. Il planetario della Città della Scienza di NapoliA un’apposita istituzione, costituita ad hoc e dotata di una veste giuridica adeguata, sarà infine affidata la governance di tutta la macchina.
Siamo ancora ai primi step e il percorso per la realizzazione del museo non sarà breve. Golinelli è sereno, entusiasta e assolutamente pragmatico: “Ci vuole il tempo necessario, non è un progetto semplice”. Lo sguardo e il pensiero, mentre parla e pensa, sono proiettati in avanti. Il futuro si disegna sul volto di un uomo che nei suoi primi novant’anni ha messo a segno una valanga di successi. E che ne sta già prefigurando molti altri: “Il mio massimo sogno è quello di poter dimostrare, attraverso la realizzazione dell’Art+Science Centre, che l’Arte e la Scienza, in quanto universali, rappresentano un unico linguaggio culturale per l’uomo contemporaneo. In entrambi i casi si può comunicare con persone di tutto il mondo senza bisogno di imparare una lingua nuova”. Un programma impegnativo, concepito ancora sotto il segno di Apollo: un piccolo Sole davanti alla scrivania, un altro viaggio all’orizzonte tra bellezza e ratio. Ricordando, con Lord Shaftesbury, che “for all beauty is truth”.

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*articolo pubblicato su Exibart.onpaper n. 55. Te l’eri perso? Abbonati!

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